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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Divisione delle parocchie]
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[Divisione delle parocchie]

In quei pochi giorni, i piú prudenti tra i prelati, considerato quanto si diminuirebbe la riputazione del concilio e di ciascuno d'essi quando non si fermassero i moti eccitati, cercavano d'acquietare gl'animi commossi con mostrar loro che, quando non proseguissero le azzioni conciliari senza tumulto, oltra lo scandalo che si darebbe, la vergogna che s'incorrerebbe, per necessità anco seguiria la dissoluzione del concilio senza frutto; li qual ufficii ebbero luogo, che nelle congregazioni si trattò quietamente gl'altri 6 articoli, sopra quali non fu molto che dire. Per il quinto la provisione fu giudicata necessaria: sopra il modo qualche difficoltà nacque, imperoché la divisione delle parochie già da' principio da' popoli fu constituita, quando un numero de abitanti, ricevuta la vera fede, per aver l'essercizio della religione, fabricato un tempio e condotto un sacerdote, constituivano una chiesa, che dall'adunazione de' circonabitanti chiamavasi parochia, e crescendo il numero, per la lontananza delle abitazioni, se la chiesa et il paroco non bastava, ritiratisi i lontani e fabricatone un'altra, s'accommodavano meglio. Alle qual cose per buon ordine e concordia s'introdusse in progresso di aggionger anco il consenso episcopale. Ma poiché la corte romana, con le reservazioni s'assonse il conferir de' beneficii, quelli che da Roma erano provisti delle parochiali, trattandosi sminuirgli il numero delle anime soggette, et in consequenza il guadagno, s'opponevano col favore del pontefice, onde s'introdusse che senza Roma non si poteva, con divisione d'una gran parochia, erigerne una nuova, e quando occorreva farlo, massime de da monti, per gl'impedimenti d'appellazioni et altri litigii, era cosa di spesa immensa. Per proveder a questi inconvenienti in concilio, fu opinione de' prelati che, quando una chiesa basta ad un popolo, ma un solo rettor non è sufficiente, non moltiplicassero i titoli, allegando che dove sono piú curati in una chiesa, sono anco dispareri; ma potesse il vescovo costringere il paroco a pigliar altri sacerdoti in aiuto, quanti facessero bisogno; ma dove l'ampieza delle abitazioni ricercava, avesse potestà d'erigere una nuova parochiale, partendo il popolo e partendo le entrate, overo costringendo il popolo a contribuire per far una rendita sufficiente. Solo a quest'ultima parte considerò Eustachio Bellai, vescovo di Parigi, pochi inanzi arrivato, che quel decreto non sarebbe stato ricevuto in Francia, dove non consentono che con autorità ecclesiastica possi esser commandato a' laici in materia temporale, e che alla riputazione del concilio generale non conveniva far decreti che fossero in qualche provincia reietti. A questo replicò fra Tomaso Casello, vescovo della Cava, che i francesi non sanno questa potestà esser data al concilio da Cristo e da san Paolo, quali hanno commandato che il vitto sia dal popolo somministrato a chi lo serve nelle cose spirituali, e che i francesi, volendo esser cristiani, conveniva ubedissero. Replicò il Bellai che sin allora aveva inteso quello che Cristo e san Paolo concedono a' ministri dell'Evangelio esser un ius di ricever il vitto da chi spontaneamente lo dava e non di costringer a darlo, che Francia vorrà sempre esser cristiana, però di questo non voleva passar piú inanzi.

 

 




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