[Unione delle chiese]
Il sesto et ottavo articoli non averebbono
avuto bisogno di decreto, quando a' vescovi fosse rimasta la loro autorità,
anzi quando fosse rimasta a' parochi et al popolo, a' quali, come di sopra s'è
detto, già apparteneva e sarebbe giusto che sempre appartenessero simil
provisioni: ma la necessità di trattar queste materie nasceva dall'esser tutti
riservati a Roma. I prelati erano d'un istesso parere, che le provisioni
fossero necessarie; alcuni però non consentivano che si facessero, per non
metter mano nell'autorità ponteficia, trattando sopra le cose a quella Sede
riservate, massime in tanto numero. Leonardo, arcivescovo di Lanciano, trattò
come termine di giustizia che, essendo tutti gl'ufficii della cancellaria
apostolica venduti, non era cosa giusta sminuirgli le espedizioni solite a'
farsi in quella, che era un levar parte degli emolumenti senza consenso de
compratori; però si lasciasse queste provisioni da farsi a Roma, dove sarebbe
considerato l'interesse di tutti; et era questo vescovo per passar piú inanzi
per gl'interessi che egli et altri suoi amici avevano in quei ufficii, se
dall'arcivescovo di Messina, spagnuolo, che gli sedeva appresso, non fosse
stato ammonito che niente si sarebbe risoluto, se non consultato e consentito a
Roma. Fu raccordato quello che nel primo concilio s'introdusse nel dar autorità
a' vescovi sopra le cose riservate al pontefice, d'aggiongere che facessero
come delegati della Sede apostolica; qual conseglio fu abbracciato in tutti li
decreti che si formarono in tal materie.
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