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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Per le medesime ragioni nascono turbamenti in svizzeri. Giudicii del mondo sopra questi accidenti]
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[Per le medesime ragioni nascono turbamenti in svizzeri. Giudicii del mondo sopra questi accidenti]

Ma in Roma, avendo come dato animo alla corte non altrimenti che se il fuoco fosse estinto, fu mandato fra Sanson da Milano, dell'ordine di san Francesco, a predicare le medesime indulgenze ne svizzeri; il quale, doppo averle pubblicate in molti luoghi e raccolto sino a 120 mila scudi, finalmente capitò in Zurich, dove insegnava Ulrico Zuinglio, canonico in quella chiesa; il quale opponendosi alla dottrina del frate questore, furono tra loro gravi dispute, passando anco d'una materia nell'altra non altrimenti di quello che era accaduto in Germania. Onde avvenne che Zuinglio fosse da molti ascoltato et acquistasse credito e potesse parlare non tanto contra gli abusi dell'indulgenze, ma contra l'indulgenze stesse et anco contra l'autorità del pontefice che le concedeva.

Martino Lutero, vedendo la sua dottrina esser ascoltata et anco passar ad altre regioni, fatto piú animoso, si pose ad essaminar altri articoli, et in materia della confessione e della communione si partí dall'intelligenza delli scolastici e della romana Chiesa, approvando piú la communione del calice usata in Boemia e ponendo per parte principale della penitenza non la diligente confessione al sacerdote, ma piú tosto il proposito di emendar la vita per l'avvenire. Passò anco a parlare delli voti e toccare gli abusi dell'ordine monastico, e caminando i suoi scritti arrivarono in Lovanio et in Colonia, dove veduti dalle università di quei teologi et essaminati, furono da loro condannati. Né questo turbò punto Martino, anzi gli diede causa di passar inanzi e dichiarare e fortificare la sua dottrina quanto piú era oppugnata

Con queste piú tosto contenzioni che risolute discussioni passò l'anno 1519, quando, moltiplicando gli avisi a Roma delli moti germanici et elvetici, aumentati con molte amplificazioni et aggionte, come è costume della fama, massime quando si raccontano cose lontane, Leone era notato di negligenza, che in tanti pericoli non desse mano a gagliardi rimedii. I frati particolarmente biasimavano che, attento alle pompe, alle caccie, alle delizie et alla musica, de quali sopra modo si dilettava, tralasciasse cose di somma importanza. Dicevano che nelle cose della fede non conviene trascurare cosa minima, né differire un punto la provisione, la quale, come è facilissima prima che il male prenda radice, cosí quando è invecchiato riesce tarda; che Arrio fu una minima scintilla che con facilità sarebbe stata estinta, e pure abbruciò tutto il mondo; che averebbero a quell'ora fatto altretanto Giovanni Hus e Gieronimo da Praga, se dal concilio di Costanza non fussero stati oppressi nel principio. In contrario Leone era pentito di tutte le azzioni fatte da lui in queste occorrenze e piú di tutto del breve delle indulgenze mandato in Germania, parendogli che sarebbe stato meglio lasciar disputare i frati tra di loro e conservarsi neutrale e riverito da tutte le parti, che, col dichiararsi per una, costringer l'altra ad alienarsi da lui; che quella contenzione non era tanto gran cosa, che non bisognava metterla in riputazione, e che mentre sarà tenuta per leggiera pochi ci pensaranno, e se il nome pontificio non fosse entrato sino allora dentro, averebbe fatto il suo corso e sarebbe dileguata.

 

 




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