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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Il papa in sospetto per le cose di Trento]
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[Il papa in sospetto per le cose di Trento]

Il pontefice, quando ebbe aviso de' voti nelle congregazioni dati sopra la residenza et avvertí i spagnuoli esser tutti conformi, fece cattivo pronostico, penetrando che tal unione non poteva esser senza participazione del re; diceva esser già molto tempo per grandi isperienze certificato che i prelati oltramontani sono inimici della grandezza d'Italia e della Sede apostolica, e per la sospizzione che del re aveva, restava mal sodisfatto, come che gli mancasse della promessa fattagli di conservar la sua autorità; in fine di tutti i raggionamenti concludeva che, se i prencipi l'abbandoneranno, ricorrerà al cielo; che aveva un million d'oro e sapeva dove metter la mano sopra un altro, e poi Dio provederebbe alla sua Chiesa. Tutta la corte ancora sentiva con gran passione il pericolo di tutto lo stato suo, vedendosi ben che quelle novità miravano a far tanti papi, o nissun papa, et interromper tutti gl'emolumenti agl'officii della cancellaria. Venne anco dal noncio di Spagna aviso che il re sentiva male il «proponentibus legatis», statuito nella prima sessione: e tanto piú al pontefice piaceva che fosse stato decretato, poi che dal dispiacimento che altri ne ricevevano, apparivano li dissegni di propor cosa di suo pregiudicio. Fece con tutto ciò far scuse col re, dicendo esser fatto senza sua saputa, ma vedersi necessario per reprimere la petulanza degl'inquieti; che il concilio sarebbe una torre di Babel, quando senza freno ogni persona ambiziosa avesse facoltà di mover umori; che i legati erano discreti e riverenti a Sua Maestà et averebbono sempre proposto tutto quello che gli fosse stato in piacere, e dato sodisfazzione ad ogni persona pia e savia. Ma con l'ambasciator del re appresso se residente che gliene trattò, procedette con alquanta durezza, prima querelandosi che egli avesse fatto sopra ciò cattivi ufficii, e poi, commemorando il modo di proceder de' prelati spagnuoli in concilio quasi come sedizioso, mostrò che il decreto era santo e necessario, e che non si faceva pregiudicio ad alcuno per dire che i legati proponeranno; a che replicando Vargas che quando fosse solamente detto: i legati proponeranno, nissun si dolerebbe, ma quell'ablativo «proponentibus legatis» privava i vescovi di proporre, però conveniva mutarlo in altra locuzione. A che il papa non senza sdegno rispose aver altro da fare che pensar «cuius generis et cuius casus». Non mancava di fondamento il sospetto del pontefice, avendo scoperto che quell'ambasciator aveva ispedito molte poste in Spagna et a Trento, confortando i prelati spagnuoli a mantener la libertà e mostrando al re che il concilio fosse tenuto in soggezzione.

 

 




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