[In congregazione sono proposti
articoli della communione del calice]
Il dí 6 si tenne la congregazione generale
per dar ordine alla trattazione della seguente sessione, e furono proposti
gl'articoli spettanti alla communione: se tutti i fedeli per necessità e divino
precetto siano tenuti ricever ambedue le specie del sacramento; se la Chiesa,
per giusta raggione mossa, ha introdotto di communicar i laici con la sola
specie del pane, overo in ciò ha errato; se tutto Cristo e tutte le grazie si
ricevono sotto una specie, quanto sotto ambedue; se le raggioni che hanno mosso
la Chiesa a dar a' laici la sola communione della specie del pane debbono indur
adesso ancora a non conceder ad alcuno il calice; se, parendo che per qualche
raggioni oneste si possi ad alcuni concederlo, sotto qual condizioni si possi
farlo; se a' fanciulli inanzi l'uso della raggione la communione sia
necessaria. E ricchiesti li padri se gli pareva che di quella materia si
trattasse e se agli articoli restava altro d'aggiongere; e quantonque gli
ambasciatori francesi e gran numero de' prelati fossero di parere che de' dogmi
non si trattasse sinché non era chiaro se li protestanti dovessero intervenir
in concilio, essendo evidente cosa che, quando restassero contumaci, la
trattazione sarebbe stata vana, come non necessaria per i catolici e da quegli
altri non accettata, con tutto ciò nissun s'oppose, essendo ritenuti tutti, per
gl'efficaci ufficii fatti dagl'imperiali, entrati in speranza di poter ottener
la communione del calice e con quella dar principio di sodisfazzione alla
Germania. Fermato il ponto che de' 6 articoli si trattasse, e soggionto che
prima i teologi dicessero il loro parere e sussequentemente i prelati, fu
conosciuto che sarebbe occupato tutto 'l tempo sino alla sessione in questo
solo, dovendo udir 88 teologi e votare cosí gran numero de prelati: perilché fu
da alcuni detto che non faceva bisogno gran considerazione, che fu parlato pienamente
di tutta quella materia nella precedente adunanza sotto Giulio, che quella è
discussa e digesta, che si piglino le cose trattate e le risolute allora e con
un breve e sodo essamine si venga in determinazione in pochi giorni, e
negl'altri si attenda alla riforma; che vi è l'articolo della residenza già
proposto et in parte essaminato: giusta cosa esser metterci una volta fine.
Questa opinione fu seguita da 30 padri con aperta dicchiarazione, et appariva
che numero molto maggiore tacitamente l'approbava e si sarebbe venuto a
conclusione. Ma il cardinale Simoneta, avendo tentato di metter dilazione con
dire che non era degnità trattar di quella materia sin che non fossero composti
gl'animi commossi per le differenze passate, le quali non lasciano di discerner
il vero, aprí strada a Giovanni Battista Castagna, arcivescovo di Rosano, et a
Pompeio Zambeccaro, vescovo di Sulmona, li quali parlando ambidue con ardore e
mordacità contra i primi, fu eccitato tanto rumore, che fece dubio di qualche
inconvenienti: al che per rimediare, il cardinale di Mantova pregò quei della
residenza ad acquietarsi, promettendo che in un'altra sessione, o quando si
fosse trattato del sacramento dell'ordine, insieme si sarebbe trattato della
residenza. Con questo acquetato il moto e mostrato che il ripigliar le cose
trattate sotto Giulio era cosa di maggior prolissità e difficoltà che
l'essaminarle di nuovo, et avvenirebbe quello che occorre quando il giudice
forma la sentenza sopra il processo fatto da un altro, fu presa deliberazion
che prima fosse da' teologi parlato, tenendosi la congregazione due volte il
giorno, nelle quali intervenissero doi de' legati, divisi cosí li carichi per
metter piú tosto fine, e de' prelati quelli a che fosse piaciuto; che avessero
2 giorni di tempo da studiare et il terzo fosse dato principio. Con questa
conclusione la congregazione si terminò; ma per la promessa fatta da Mantova,
senza consultazione e participazione de' colleghi, restò Simoneta offeso et in
aperta discordia con lui, e fu Mantova da' prelati favorevoli alla corte
biasmato e calunniato di mala disposizione d'animo; ma da' sinceri era
commendato di prudenza, che in una pericolosa necessità prendesse partito
d'ovviare a protestazioni e divisioni che si preparavano, e biasmavano Simoneta
che restasse offeso, perché Mantova, tanto piú eminente di lui e confidato
sopra il consenso di Seripando e varmiense, della mente de' quali era conscio,
avesse stimato che la risoluzione per necessità presa dovesse esser da lui
ancora ratificata.
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