[Gli ambasciatori cesarei propongono
capi di riforma]
Il dí seguente gl'ambasciatori imperiali,
poiché viddero d'aver ottenuto, come desideravano, la proposta del calice, per
quale sin allora avevano proceduto con risguardo, si presentarono a' legati e,
seguendo l'instruzzione del suo prencipe, gli presentarono 20 capi di riforma:
1 Che il sommo pontefice si contentasse
d'una giusta riforma di se stesso e della corte romana.
2 Che il numero de' cardinali, se non si
può ridur a 12, almeno si reduca al duplicato con doi sopranumerarii, sí che
non eccedino 26.
3 Che all'avvenire non si concedino piú
dispense scandalose.
4 Che siano rivocate le essecuzioni contra
le leggi communi e sottoposti tutti i monasterii a' vescovi.
5 Che sia levata la pluralità de beneficii
et erette le scole nelle chiese catedrali e collegiate, e gli ufficii
ecclesiastici non si possino affittare.
6 Che i vescovi siano costretti alla
residenza, non essercitino l'ufficio per vicarii e, se non sono sufficienti,
non si commetti il carico ad un vicario, ma a molte persone, facendosi le
visite e le sinodi diocesane ogni anno.
7 Che ogni ministerio ecclesiastico sia
gratuitamente essercitato, et alla cura di tenue entrata siano incorporati
beneficii non curati ricchi.
8 Che siano ritornati in uso i canoni
contra la simonia.
9 Che le constituzioni ecclesiastiche
siano ristrette, risecate le superfluità, e non ugualiate alle obligazioni
della legge divina.
10 Che non si usi la scommunica se non per
peccato mortale e notoria irregolarità.
11 Che i divini ufficii siano in maniera
celebrati che siano intesi da chi gli dice e da chi l'ascolta.
12 Che i breviarii e messali siano
corretti, risecate le cose che nella Sacra Scrittura non si trovano, e levata
la prolissità.
13 Che tra i divini ufficii celebrati in
latino s'intromettessero preghiere in volgare.
14 Che il clero e l'ordine monastico siano
riformati secondo l'antica instituzione, e le ricchezze cosí grandi non siano
cosí mal amministrate.
15 Che sia considerato se sia ispediente
relassar tante obligazioni di legge positiva, rimettendo alquanto di rigore
nella differenza de' cibi e digiuni, e concedendo il matrimonio de' preti ad
alcune nazioni.
16 Che per levar i dispareri siano levate
le diverse postille sopra gl'Evangelii, et una ne sia fatta con publica
autorità, e similmente una nuova agenda o rituale, che sia seguito da tutti.
17 Che sia trovato un modo non di scacciar
i cattivi parochi, che questo non sarebbe difficile, ma di sustituirne de
megliori.
18 Che nelle gran provincie siano eretti
piú vescovati, convertendo a questo uso i monasterii ricchi.
19 Quanto a' beni ecclesiastici già
occupati, esser forse meglio passarlo con dissimulazione in questo tempo.
In fine, per dire anco cosa grata al papa,
acciò, se vedendo le proposte et alterato l'animo, lo pacificasse, aggionse:
20 Che i legati dovessero operare che non
fossero proposte questioni inutili, da partorir scandalo, come quella se la
residenza è de iure divino o no, e simili, et almeno non permettino che
i padri trattino con colera e si facciano favola agl'avversarii.
Sopra il 17 diedero anco alcuni
particolari raccordi di ridur i meno ostinati tra i settarii con mandargli in
alcuna academia per insegnargli brevemente, con ordinar a' vescovi che non
hanno academia di far un collegio nella piú vicina per li giovani della sua
diocesi, di ordinar un catalogo de' dottori che s'abbiano da leggere nelle
scole, senza poterne legger altri.
Lette le proposizioni, restarono i legati,
e ritirati per consultar insieme, ritornati fecero risposta che per la seguente
sessione non era possibile altro proporre, avendo a loro instanza per mani la
materia del calice, di tanta importanza e difficoltà, che le cose proposte sono
molte e di materie diverse, che tutt'insieme non possono esser digerite; però
che averebbono secondo le occasioni communicato a' prelati quelle che fossero a
proposito delle altre riforme. Conobbero gl'ambasciatori che questo era detto
per non publicar il loro scritto in congregazione, e portando di tempo in
tempo, deludere l'aspettazione dell'imperatore; ma per allora altro non
dissero. Ridotti poi tra loro e consultato, giudicarono necessario informar ben
l'imperatore, cosí di questo particolare, come generalmente del modo come in
concilio si procedeva; e per far questo, il vescovo di Praga montò il giorno
seguente sulle poste, per dover esser di ritorno al tempo della sessione. I
legati, vedendo le cose del concilio in mali termini, per molti rispetti, ma
sopra tutto per il disgusto e sospezzione del pontefice, ebbero per necessario
informarlo a pieno delle cose passate e delle imminenti. Fu eletto per questo
fra Leonardo Marino, arcivescovo di Lanciano, per esser di spirito e grato al
pontefice, da lui promosso e favorito molto, amico anco di Seripando, al quale
diedero instruzzione d'informar pienamente il pontefice d'iscusar i legati, di
pacificar la Santità Sua. Portò lettere communi de' legati per sua credenza:
alle quali Simoneta fece molta e longa difficoltà a sottoscrivere, né
l'averrebbe fatto, se non essendo convenuto che ricevesse anco lettere
particolari di ciascuno. Simoneta scrisse che pensava di mandar l'arcivescovo
di Rossano in sua specialità per piú compita informazione; ma poi, avendo
pensato e consegliato meglio, deliberò di non farne altro, sin che non avesse
veduto che effetto facesse l'opera di Lanciano.
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