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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Scritto degl'imperiali per la concessione del calice]
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[Scritto degl'imperiali per la concessione del calice]

Gl'ambasciatori imperiali, considerato che nelle congregazioni de' teologi i giorni inanzi dagli spagnuoli e maggior parte degl'italiani era stato parlato contra la concessione del calice e da molti detto esser eretici quelli che la dimandano, per risponder a questa et altre loro obiezzioni e per coadiuvare la proposizione del bavaro et a fine di prevenire i prelati che non dassero nelle impertinenzie da' teologi usate, formarono in quella materia una scrittura, che nella medesima congregazione, finito il raggionamento di quell'ambasciatore, presentarono; la sostanza della quale fu: che per il carico suo hanno giudicato d'avvertir li padri d'alcune cose, inanzi che dicessero il loro parere; che i teologi ne' prossimi giorni avevano ben parlato quanto alle reggioni e paesi loro proprii, ma non molto a proposito per le altre provincie e regni. Pregavano i padri d'accommodar le sentenze loro, che portino medicina non alle parti sane, che non ne hanno bisogno, ma a membri mal affetti: il che faranno appositamente, se conosceranno quali siano le parti inferme e che aiuto ricchiedino. Et incomminciando dal regno di Boemia, non esser bisogno andar tropp'alto, né far menzione delle cose trattate in Costanza, ma soggionger solamente che in quel regno, dopo quel concilio, nissuna prattica, nissuna forza o guerra ha potuto levar il calice. Che la Chiesa benignamente, sotto certe condizioni, glielo concesse, dopo le quali, non essendo servate, Pio II le revocò; ma Paolo e Giulio III, per racquistar quel regno, mandarono noncii a permetterglielo, se ben il negozio per impedimenti non si condusse a perfezzione. Ora in questi tempi, avendo l'imperatore a sue spese instituito l'arcivescovato di Praga et ottenuto ne' commizii di Boemia che i preti calistini non si ordinassero se non da quello, e lo riconoscessero per legitimo prelato, ricercò la Maestà Sua dal sommo pontefice che non si lasciasse perder quest'occasione di racquistargli; avendo la Santità Sua rimesso il tutto al giudicio del concilio, in potestà di quello resterà conservar il regno, concedendogli il calice. Quei popoli esser differenti in poche cose dalla Chiesa romana: non aver voluto mai sacerdoti maritati, né ordinati da vescovo fuori della communione della Sede apostolica; nelle preghiere fanno menzione del pontefice, de' cardinali e vescovi; se hanno qualche differenza picciola nella dottrina, facilmente potersi emmendare, purché se gli conceda il calice; non esser maraviglia che una moltitudine roza abbia concepito una tal opinione, poiché uomini dotti, pii e catolici defendono che maggior grazia s'ottenga nella communione d'ambe le specie che d'una sola. Ammonivano i padri d'avvertire che la loro troppo severità non gli induca a desperazione e gli faccia gettar in braccia de' protestanti. Aggiunsero esser catolici in Ongaria, Austria, Moravia, Silesia, Carinzia, Carniola, Stiria, Baviera, Svevia et altre parti di Germania, che con gran zelo desiderano il calice; il che conosciuto da Paolo III concesse a' vescovi di communicargli con quello, ma per molti impedimenti non si mandò ad effetto. Di questi vi è pericolo, se il calice gli è levato, che non si voltino a' luterani. Li teologi nelle loro publiche dispute aver mosso dubio che questi che ricchiedono il calice siano eretici; ma dalla Maestà imperiale non è procurato se non per catolici: ben vi è speranza con questa concessione di ridur anco molti protestanti, come già alcuni d'essi protestano che si ridurrebbono; sono sazii delle novità e si convertirebbono; altrimenti il contrario doversi temere; e per risponder a chi ricchiese questi giorni passati chi è quello che ciò dimanda, se gli dica che la Maestà cesarea ricchiede che l'arcivescovo di Praga possi ordinar sacerdoti calistini, e gl'ambasciatori del clero di Boemia ricchiedono l'istesso per quel regno; e se non fosse stata la speranza d'ottenerlo, non vi sarebbe piú reliquie de catolici. In Ongaria costringono li sacerdoti, con levar i beni e minacciargli su la vita, a dar loro il calice, et avendo l'arcivescovo di Strigonia castigato perciò alcuni sacerdoti, il popolo è restato senza preti catolici, onde si sta senza battesmo et in una profonda ignoranza della dottrina cristiana, per dar facilmente nel paganismo. In fine pregorno i padri ad aver compassione e trovar modo di conservar quei popoli nella fede e racquistar gli sviati.

In fine della congregazione li legati diedero le minute formate sopra i 3 primi articoli, per non incontrar nell'opposizione della congregazione precedente. E ne' giorni seguenti li padri trattarono sopra di quelli e sopra il terzo s'allargarono molto, entrando a parlare della grazia sacramentale, se piú se ne riceva communicando le due specie: e chi difendeva l'una e chi l'altra parte. Il cardinale Seripando diceva che, essendo stata discussa la medesima difficoltà nel concilio in tempo di Giulio, fu deliberato che non se ne parlasse; con tutto ciò fecero alcuni prelati instanza che si dicchiarasse, ma non fu ricevuto per le contrarietà delle opinioni e perché la maggior parte teneva che l'una e l'altra opinione fosse probabile: ma per evitar ogni difficoltà fu concluso di dire che si riceve tutto Cristo, fonte di tutte le grazie. Si preparavano alquanti vescovi per partir da Trento, di quelli che, per aver parlato, con molto affetto et ardore della residenza, si vedevano essosi e dubitavano, perseverando, di qualche grave incontro; tra questi era Modena, altre volte nominato, soggetto di buone lettere e sincera conscienza, quello di Viviers, e Giulio Pavesi, arcivescovo di Surrento, e Pietro Paolo Costazzaro, vescovo di Aqui, et altri che avevano da' legati ottenuto licenza: da Mantova, per vedergli (come amici che gl'erano) liberati, e dagl'altri per rimover le occasioni di disgusti. Ma l'ambasciator di Portogallo dimostrò a' legati che questo sarebbe stato con detrimento della fama del concilio, sapendosi da tutti la causa perché partivano e sarebbe stato detto che non vi fosse libertà, che sarebbe riuscito anco con poco onore del pontefice, onde risolvettero di fargli fermare, massime intendendo che, quando quelli fossero partiti, altri si preparavano per chieder licenza.

 

 




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