[Scritto degl'imperiali per la
concessione del calice]
Gl'ambasciatori imperiali, considerato che
nelle congregazioni de' teologi i giorni inanzi dagli spagnuoli e maggior parte
degl'italiani era stato parlato contra la concessione del calice e da molti
detto esser eretici quelli che la dimandano, per risponder a questa et altre
loro obiezzioni e per coadiuvare la proposizione del bavaro et a fine di
prevenire i prelati che non dassero nelle impertinenzie da' teologi usate,
formarono in quella materia una scrittura, che nella medesima congregazione,
finito il raggionamento di quell'ambasciatore, presentarono; la sostanza della
quale fu: che per il carico suo hanno giudicato d'avvertir li padri d'alcune
cose, inanzi che dicessero il loro parere; che i teologi ne' prossimi giorni
avevano ben parlato quanto alle reggioni e paesi loro proprii, ma non molto a
proposito per le altre provincie e regni. Pregavano i padri d'accommodar le
sentenze loro, sí che portino medicina non alle parti sane, che non ne hanno
bisogno, ma a membri mal affetti: il che faranno appositamente, se conosceranno
quali siano le parti inferme e che aiuto ricchiedino. Et incomminciando dal
regno di Boemia, non esser bisogno andar tropp'alto, né far menzione delle cose
trattate in Costanza, ma soggionger solamente che in quel regno, dopo quel
concilio, nissuna prattica, nissuna forza o guerra ha potuto levar il calice.
Che la Chiesa benignamente, sotto certe condizioni, glielo concesse, dopo le quali,
non essendo servate, Pio II le revocò; ma Paolo e Giulio III, per racquistar
quel regno, mandarono noncii a permetterglielo, se ben il negozio per
impedimenti non si condusse a perfezzione. Ora in questi tempi, avendo
l'imperatore a sue spese instituito l'arcivescovato di Praga et ottenuto ne'
commizii di Boemia che i preti calistini non si ordinassero se non da quello, e
lo riconoscessero per legitimo prelato, ricercò la Maestà Sua dal sommo
pontefice che non si lasciasse perder quest'occasione di racquistargli; avendo
la Santità Sua rimesso il tutto al giudicio del concilio, in potestà di quello
resterà conservar il regno, concedendogli il calice. Quei popoli esser
differenti in poche cose dalla Chiesa romana: non aver voluto mai sacerdoti
maritati, né ordinati da vescovo fuori della communione della Sede apostolica;
nelle preghiere fanno menzione del pontefice, de' cardinali e vescovi; se hanno
qualche differenza picciola nella dottrina, facilmente potersi emmendare,
purché se gli conceda il calice; non esser maraviglia che una moltitudine roza
abbia concepito una tal opinione, poiché uomini dotti, pii e catolici defendono
che maggior grazia s'ottenga nella communione d'ambe le specie che d'una sola.
Ammonivano i padri d'avvertire che la loro troppo severità non gli induca a
desperazione e gli faccia gettar in braccia de' protestanti. Aggiunsero esser
catolici in Ongaria, Austria, Moravia, Silesia, Carinzia, Carniola, Stiria,
Baviera, Svevia et altre parti di Germania, che con gran zelo desiderano il calice;
il che conosciuto da Paolo III concesse a' vescovi di communicargli con quello,
ma per molti impedimenti non si mandò ad effetto. Di questi vi è pericolo, se
il calice gli è levato, che non si voltino a' luterani. Li teologi nelle loro
publiche dispute aver mosso dubio che questi che ricchiedono il calice siano
eretici; ma dalla Maestà imperiale non è procurato se non per catolici: ben vi
è speranza con questa concessione di ridur anco molti protestanti, come già
alcuni d'essi protestano che si ridurrebbono; sono sazii delle novità e si
convertirebbono; altrimenti il contrario doversi temere; e per risponder a chi
ricchiese questi giorni passati chi è quello che ciò dimanda, se gli dica che
la Maestà cesarea ricchiede che l'arcivescovo di Praga possi ordinar sacerdoti
calistini, e gl'ambasciatori del clero di Boemia ricchiedono l'istesso per quel
regno; e se non fosse stata la speranza d'ottenerlo, non vi sarebbe piú
reliquie de catolici. In Ongaria costringono li sacerdoti, con levar i beni e
minacciargli su la vita, a dar loro il calice, et avendo l'arcivescovo di
Strigonia castigato perciò alcuni sacerdoti, il popolo è restato senza preti
catolici, onde si sta senza battesmo et in una profonda ignoranza della
dottrina cristiana, per dar facilmente nel paganismo. In fine pregorno i padri
ad aver compassione e trovar modo di conservar quei popoli nella fede e
racquistar gli sviati.
In fine della congregazione li legati
diedero le minute formate sopra i 3 primi articoli, per non incontrar
nell'opposizione della congregazione precedente. E ne' giorni seguenti li padri
trattarono sopra di quelli e sopra il terzo s'allargarono molto, entrando a
parlare della grazia sacramentale, se piú se ne riceva communicando le due
specie: e chi difendeva l'una e chi l'altra parte. Il cardinale Seripando
diceva che, essendo stata discussa la medesima difficoltà nel concilio in tempo
di Giulio, fu deliberato che non se ne parlasse; con tutto ciò fecero alcuni
prelati instanza che si dicchiarasse, ma non fu ricevuto per le contrarietà
delle opinioni e perché la maggior parte teneva che l'una e l'altra opinione
fosse probabile: ma per evitar ogni difficoltà fu concluso di dire che si
riceve tutto Cristo, fonte di tutte le grazie. Si preparavano alquanti vescovi
per partir da Trento, di quelli che, per aver parlato, con molto affetto et
ardore della residenza, si vedevano essosi e dubitavano, perseverando, di
qualche grave incontro; tra questi era Modena, altre volte nominato, soggetto
di buone lettere e sincera conscienza, quello di Viviers, e Giulio Pavesi,
arcivescovo di Surrento, e Pietro Paolo Costazzaro, vescovo di Aqui, et altri
che avevano da' legati ottenuto licenza: da Mantova, per vedergli (come amici
che gl'erano) liberati, e dagl'altri per rimover le occasioni di disgusti. Ma
l'ambasciator di Portogallo dimostrò a' legati che questo sarebbe stato con
detrimento della fama del concilio, sapendosi da tutti la causa perché
partivano e sarebbe stato detto che non vi fosse libertà, che sarebbe riuscito
anco con poco onore del pontefice, onde risolvettero di fargli fermare, massime
intendendo che, quando quelli fossero partiti, altri si preparavano per chieder
licenza.
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