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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [I francesi favoriscono la dimanda del calice]
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[I francesi favoriscono la dimanda del calice]

Differendo i legati di propor gl'altri articoli per le difficoltà che prevedevano, il terzo luglio gl'ambasciatori imperiali e bavaro fecero instanza che sopra quelli fossero detti i voti; a questo effetto, fatta il seguente congregazione, gl'ambasciatori francesi presentarono una scrittura, essortando li padri a conceder la communione del calice, fondando la sua ricchiesta con dire che nelle cose de iure positivo, come questa, conveniva condescendere e non ostinarsi tanto, ma considerar la necessità del tempo e non dar al mondo scandalo con mostrarsi tanto tenaci in conservar li precetti umani, e negligenti nell'osservanza de' divini non volendo riforme; et in fine ricchiesero che qualonque determinazione facessero, fosse accommodata che non pregiudicasse all'uso de' re di Francia, che nella sua consecrazione ricevono il calice, né al costume d'alcuni monasterii del regno che in certi tempi lo ministrano. Nella congregazione però altro di piú non si fece, se non che furono dati fuori tutti i 6 capi della dottrina per trattarne nelle seguenti.

Restarono li legati attoniti, considerata l'esposizione de' francesi, comprendendo che fossero uniti con gli imperiali e che tanto maggiormente convenisse loro caminar con cauzione; e ben ponderando li motivi de' francesi d'allargar i precetti positivi, avvertirono che la concessione del calice, oltra le difficoltà proposte, tirava seco molte altre in diverse materie. Raccordavansi la petizione del matrimonio de' preti fatta dal bavaro, e che 2 giorni inanzi in convito, alla presenza di molti prelati invitati, Lansac, essortandogli a compiacer l'imperatore nella petizione del calice, si lasciò intender che la Francia desiderava le orazioni, officii divini e messe in lingua volgare, e che fossero levate le figure de santi e concesso a' preti il potersi maritare, e conoscendo che piú facilmente si fa ostacolo a' principii che a' progressi, e con minor fatica si proibisce l'ingresso che si scaccia uno di casa, risolsero che non era tempo di trattar del calice. Operarono col Pagnano, agente del marchese di Pescara, che facesse instanza acciò non si venisse alla determinazione prima che il suo re ne fosse avisato; intermisero le congregazioni del 6 e 7 per trattar quei giorni con gl'imperiali che si contentassero di differir quella materia, allegando diverse raggioni, la piú concludente de' quali era la brevità del tempo per far i padri capaci che la concessione fosse necessaria. Finalmente, dopo lunga trattazione, condescesero gl'ambasciatori a contentarsi che si differisse tutta la parte spettante a' dogmi; né questo piacendo a' legati, in fine gl'ambasciatori consentirono che si differisse quel solo punto, facendo però menzione della dilazione nel decreto, con promissione di determinarne una altra volta. Restava trattar co' francesi, dove trovarono piú facilità che non credettero, dicendo essi che quella non era cosa da loro proposta, né ricercata, ma solo in quella avevano fatto assistenza agl'imperiali. Superata questa difficoltà, si diedero a formar i decreti, il che acciò si potesse con maggior prestezza esseguire, fecero intender che, volendo alcuno raccordare qualche cosa, la ponesse in scritto, acciò non si tardasse la composizione.

 

 




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