[Quinta sessione: decreto della
communione del calice, e de' fanciulli]
Venne il dí 16, e con le solite ceremonie andarono
li legati, ambasciatori e prelati alla chiesa: nella messa non è da tacere che
fu fatto il sermone dal vescovo di Tiniana, il quale non ebbe risguardo, con
tutto che si fosse risoluto di non parlare per allora di conceder il calice, a
prender per soggetto quella materia sola e discorrere che l'uso del calice fu
commune mentre durò l'ardor di carità, ma quello diminuito, succedendo
inconvenienti per la negligenza d'alcuni, non fu l'uso di quello interdetto, ma
solo fu insegnato esser minor male l'astenersene a quelli che difficilmente
potevano schifare l'irreverenza, con l'essempio de' quali altri in progresso,
per non obligarsi alla diligenza, se ne astennero; lodò ne' primi l'essempio
memorabile di pietà, biasmò l'impietà de' moderni novatori che, per averlo,
hanno cosí grand'incendio eccitato; essortò li padri alla pietà et ad estinguer
l'incendio e non comportar che per loro colpa tutto 'l mondo abbruggi,
condescendino alla imbecillità de' figli, che non dimandano altro che il sangue
di Cristo; gli ammoní a non aver la perdita di tante provincie e regni per
iattura leggiera, e poiché ora con tanto desiderio è ricchiesto quel benedetto
sangue, non temino che s'abbia da usare l'antica negligenza per quale fu
tralasciato, ma lo concedino, imperoché Cristo non gli vuol cosí tenaci nella
propria openione che mantengano tra li cristiani una discordia tanto perniziosa
per quel sangue che egli ha sparso per unire tutti in strettissima carità.
Passò destramente ad una essortazione alla residenza e finí con poco gusto de'
legati et altri, che desideravano metter in silenzio quelle materie.
Dopo finite le ceremonie, fu dal
celebrante letta la dottrina in quattro capi, continenti in sostanza: che la
sinodo, andando attorno molti errori circa il sacramento dell'eucaristia, ha
deliberato espor quello che tocca alla communione sub utraque e de'
fanciulli, proibendo a tutti li fedeli di creder, o insegnar o predicar
altrimenti. Per tanto, seguendo il giudicio e consuetudine della Chiesa,
dicchiara che i laici e chierici non celebranti non sono ubligati per alcun
divino precetto a communicare sub utraque, e non potersi dubitar, salva
la fede, che la communione d'una sola specie non basti; che se ben Cristo ha
instituito e dato il sacramento sotto due specie, da questo non s'ha da
inferire che tutti siano ubligati a riceverlo, né meno questo si può inferire
dal sermone di nostro Signore narrato nel sesto capo di san Gioanni, dove, se
ben sono parole che nominano ambe le specie, ve ne sono anco che nominano
quella sola del pane. Decchiara, oltre ciò, esser stata sempre nella Chiesa
potestà di far mutazione nella dispensazione de' sacramenti, salva la sostanza;
il che può cavare in generale dalle parole di san Paolo che i ministri di
Cristo sono dispensatori de' misterii di Dio, et in speciale nell'eucaristia,
sopra la quale si riservò dar ordini a bocca. Che la Chiesa conoscendo questa
sua autorità, se ben dal principio era frequente l'uso d'ambe le specie,
nondimeno, mutata quella consuetudine per giuste cause, ha approvato
quest'altra di communicar con una, la qual nissun può mutare senza l'autorità
della medesima Chiesa. Decchiara inoltre che sotto ciascuna delle specie si
ricevi tutto Cristo et il vero sacramento, e chi ne riceve una sola non è
defraudato d'alcuna grazia necessaria alla salute per quello che al frutto
s'aspetta. Finalmente insegna che i fanciulli, inanzi l'uso della raggione, non
sono ubligati alla communione sacramentale, non potendo in quella età perder la
grazia, non condannando però l'antichità del contrario costume in qualche
luoghi servato, dovendosi senza dubio credere che non abbiano fatto ciò per
necessità di salute, ma per altra causa probabile.
In conformità di questa dottrina furono
letti 4 anatematismi:
1 Contra chi dirà che tutti i fedeli sono
tenuti per precetto divino o per necessità di salute a ricever tutte due le
specie dell'eucaristia.
2 Che la Chiesa catolica non abbia avuto
giuste cause di communicar li laici e non celebranti con la sola specie del
pane, overo in ciò abbia errato.
3 Contra chi negherà che sotto la sola
specie del pane tutto Cristo, fonte et autore di tutte le grazie, sia ricevuto.
4 Contra chi dirà la communione della
eucaristia esser necessaria a' fanciulli inanzi l'uso della raggione.
Dopo questo fu anco letto un altro
decreto, dicendo che la sinodo si riserva con la prima occasione d'essaminar e
deffinir doi altri articoli non ancora discussi, cioè: se le raggioni per quali
la Chiesa ha communicato sotto una specie debbono esser ancora ritenute e non
concesso il calice ad alcuno; e se parendo che si possi conceder per oneste
raggioni, con qual condizione ciò si debbia fare.
Mentre la messa si cantò, Alfonso
Salmerone e Francesco della Torre giesuiti fecero discorso, uno col varmiense e
l'altro col Madruccio, standogli dietro le sedie, che nel primo capo della
dottrina s'era parlato con oscurità in materia dell'instituzione del sacramento
nell'ultima cena sotto 2 specie e che bisognava parlar all'aperta, dicendo che
Cristo l'aveva instituito per gl'apostoli e per i sacrificanti solamente, non
per tutti i fedeli; che questa clausula era necessaria rimetterla dentro per
levar a' catolici ogni dubio et agl'eretici ogni ansa d'opporsi e calunniare;
che essi, come teologi mandati dal pontefice, non potevano restare d'avisare in
cosa di tanta importanza, e fecero cosí grand'instanza, massime Salmeron che
con varmiense trattava, che finita la lezzione del decreto, questo prima e
Madruccio seguendolo, fecero la proposizione; la quale a molti piacque, ma
dalla maggior parte fu ripudiata, non per lei in sé, ma per il modo di proporla
alla sprovista, senza dar tempo di pensare. Per la stessa causa non piacque
agl'altri legati, ma per decoro del luogo, senza maggior moto dissero che
s'averebbe riservato alla seguente sessione, nella trattazione de' doi articoli
imminenti.
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