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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Quinta sessione: decreto della communione del calice, e de' fanciulli]
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[Quinta sessione: decreto della communione del calice, e de' fanciulli]

Venne il 16, e con le solite ceremonie andarono li legati, ambasciatori e prelati alla chiesa: nella messa non è da tacere che fu fatto il sermone dal vescovo di Tiniana, il quale non ebbe risguardo, con tutto che si fosse risoluto di non parlare per allora di conceder il calice, a prender per soggetto quella materia sola e discorrere che l'uso del calice fu commune mentre durò l'ardor di carità, ma quello diminuito, succedendo inconvenienti per la negligenza d'alcuni, non fu l'uso di quello interdetto, ma solo fu insegnato esser minor male l'astenersene a quelli che difficilmente potevano schifare l'irreverenza, con l'essempio de' quali altri in progresso, per non obligarsi alla diligenza, se ne astennero; lodò ne' primi l'essempio memorabile di pietà, biasmò l'impietà de' moderni novatori che, per averlo, hanno cosí grand'incendio eccitato; essortò li padri alla pietà et ad estinguer l'incendio e non comportar che per loro colpa tutto 'l mondo abbruggi, condescendino alla imbecillità de' figli, che non dimandano altro che il sangue di Cristo; gli ammoní a non aver la perdita di tante provincie e regni per iattura leggiera, e poiché ora con tanto desiderio è ricchiesto quel benedetto sangue, non temino che s'abbia da usare l'antica negligenza per quale fu tralasciato, ma lo concedino, imperoché Cristo non gli vuol cosí tenaci nella propria openione che mantengano tra li cristiani una discordia tanto perniziosa per quel sangue che egli ha sparso per unire tutti in strettissima carità. Passò destramente ad una essortazione alla residenza e finí con poco gusto de' legati et altri, che desideravano metter in silenzio quelle materie.

Dopo finite le ceremonie, fu dal celebrante letta la dottrina in quattro capi, continenti in sostanza: che la sinodo, andando attorno molti errori circa il sacramento dell'eucaristia, ha deliberato espor quello che tocca alla communione sub utraque e de' fanciulli, proibendo a tutti li fedeli di creder, o insegnar o predicar altrimenti. Per tanto, seguendo il giudicio e consuetudine della Chiesa, dicchiara che i laici e chierici non celebranti non sono ubligati per alcun divino precetto a communicare sub utraque, e non potersi dubitar, salva la fede, che la communione d'una sola specie non basti; che se ben Cristo ha instituito e dato il sacramento sotto due specie, da questo non s'ha da inferire che tutti siano ubligati a riceverlo, né meno questo si può inferire dal sermone di nostro Signore narrato nel sesto capo di san Gioanni, dove, se ben sono parole che nominano ambe le specie, ve ne sono anco che nominano quella sola del pane. Decchiara, oltre ciò, esser stata sempre nella Chiesa potestà di far mutazione nella dispensazione de' sacramenti, salva la sostanza; il che può cavare in generale dalle parole di san Paolo che i ministri di Cristo sono dispensatori de' misterii di Dio, et in speciale nell'eucaristia, sopra la quale si riservò dar ordini a bocca. Che la Chiesa conoscendo questa sua autorità, se ben dal principio era frequente l'uso d'ambe le specie, nondimeno, mutata quella consuetudine per giuste cause, ha approvato quest'altra di communicar con una, la qual nissun può mutare senza l'autorità della medesima Chiesa. Decchiara inoltre che sotto ciascuna delle specie si ricevi tutto Cristo et il vero sacramento, e chi ne riceve una sola non è defraudato d'alcuna grazia necessaria alla salute per quello che al frutto s'aspetta. Finalmente insegna che i fanciulli, inanzi l'uso della raggione, non sono ubligati alla communione sacramentale, non potendo in quella età perder la grazia, non condannando però l'antichità del contrario costume in qualche luoghi servato, dovendosi senza dubio credere che non abbiano fatto ciò per necessità di salute, ma per altra causa probabile.

In conformità di questa dottrina furono letti 4 anatematismi:

1 Contra chi dirà che tutti i fedeli sono tenuti per precetto divino o per necessità di salute a ricever tutte due le specie dell'eucaristia.

2 Che la Chiesa catolica non abbia avuto giuste cause di communicar li laici e non celebranti con la sola specie del pane, overo in ciò abbia errato.

3 Contra chi negherà che sotto la sola specie del pane tutto Cristo, fonte et autore di tutte le grazie, sia ricevuto.

4 Contra chi dirà la communione della eucaristia esser necessaria a' fanciulli inanzi l'uso della raggione.

Dopo questo fu anco letto un altro decreto, dicendo che la sinodo si riserva con la prima occasione d'essaminar e deffinir doi altri articoli non ancora discussi, cioè: se le raggioni per quali la Chiesa ha communicato sotto una specie debbono esser ancora ritenute e non concesso il calice ad alcuno; e se parendo che si possi conceder per oneste raggioni, con qual condizione ciò si debbia fare.

Mentre la messa si cantò, Alfonso Salmerone e Francesco della Torre giesuiti fecero discorso, uno col varmiense e l'altro col Madruccio, standogli dietro le sedie, che nel primo capo della dottrina s'era parlato con oscurità in materia dell'instituzione del sacramento nell'ultima cena sotto 2 specie e che bisognava parlar all'aperta, dicendo che Cristo l'aveva instituito per gl'apostoli e per i sacrificanti solamente, non per tutti i fedeli; che questa clausula era necessaria rimetterla dentro per levar a' catolici ogni dubio et agl'eretici ogni ansa d'opporsi e calunniare; che essi, come teologi mandati dal pontefice, non potevano restare d'avisare in cosa di tanta importanza, e fecero cosí grand'instanza, massime Salmeron che con varmiense trattava, che finita la lezzione del decreto, questo prima e Madruccio seguendolo, fecero la proposizione; la quale a molti piacque, ma dalla maggior parte fu ripudiata, non per lei in sé, ma per il modo di proporla alla sprovista, senza dar tempo di pensare. Per la stessa causa non piacque agl'altri legati, ma per decoro del luogo, senza maggior moto dissero che s'averebbe riservato alla seguente sessione, nella trattazione de' doi articoli imminenti.

 

 




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