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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Giudicii di questa sessione]
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[Giudicii di questa sessione]

Non furono le azzioni di questo concilio in tanta espettazione ne' passati tempi, quanta al presente, essendo convenuti tutti i prencipi in ricchiederlo, mandate ambasciarie d'ogni regione, congregato numero de prelati grande e quadruplo di quello che fu per inanzi; e quello che piú era stimato, essendo stato dato principio già 6 mesi, e quelli cunsummati in quotidiane e continue trattazioni con ispedizione di molti corrieri e prelati da Roma a Trento e [da] Trento a Roma. Ma quando uscí in stampa la sessione, con una lingua da tutti era memorato il proverbio latino del parto delle montagne: particolarmente la dilazione de' 2 articoli era notata, parendo maraviglia che, avendo con 4 anatematismi fatto quattro articoli di fede, non avesse potuto dicchiarare quello di conceder l'uso del calice de iure ecclesiastico. A molti pareva anco che quello dovesse esser trattato prima, poiché quando fosse stato concesso, cessavano tutte le dispute. Il terzo capo della dottrina fu assai considerato nella conclusione, che ricevendo il solo corpo di Cristo non è fraudato il fedele di grazia necessaria, parendo una confessione che si perdi grazia non necessaria; e qui si dubitava se vi sia autorità umana che possi impedire la grazia di Dio soprabondante e non necessaria; e quando ben potesse, se la carità concede questi impedimenti al bene. Due cose sopra le altre diedero a parlar assai: l'una, l'obligazione imposta di credere che l'antichità non tenesse per necessaria la communione de' putti, perché dove si tratta di verità d'istoria è cosa di fatto e de passato, dove non vale d'aver autorità, che non può alterare le cose già fatte, ma è cosí noto a chi legge sant'Agostino, che in 9 luoghi, non con una parola, ma con discorso asserisce la necessità dell'eucaristia per li fanciulli, e doi d'essi la uguaglino alla necessità del battesmo, anzi piú d'una volta dice che la medesima Chiesa romana l'ha tenuta e definita per necessaria alla salute de' fanciulli, et allega per questo Innocenzo pontefice, la cui epistola resta ancora, dove chiaramente parla. E si maravigliavano come il concilio senza necessità si fosse impedito in questo senza essito e con pericolo che altri dicesse o Innocenzo o il concilio aver errato. L'altro era il secondo anatematismo con la dicchiarazione che sia eretico chi dice la Chiesa non essersi mossa da giuste cause a communicare senza il calice, che è fondar un articolo di fede sopra un fatto umano; et avevano per cosa molto mirabile confessar che l'uomo non è tenuto ad osservar il decreto, se non de iure humano, ma a creder che sia giusto è ubligato de iure divino, e poner per articoli di fede cose che si mutano alla giornata. Altri ancora aggiungevano che se vi erano quelle tanto giuste cause conveniva dirle e non costringer gl'uomini con terrore a credere, ma con persuasione; che veramente quello era un signoreggiare la fede, che san Paolo tanto detesta. Sopra i capi della riforma generalmente si diceva che non potevano esser toccati particolari piú leggieri, né piú leggiermente, e che era immitato quel medico, il qual in corpo tesico attende a curare il prurito; e quel metter mano per forza nella borsa del popolo per spesare il curato o per restaurar chiese pareva cosa molto strana, e quanto alla sostanza e quanto al modo: quanto alla sostanza, per esser superfluamente ricco il clero e piú tosto debitore a' laici per diversi et evidenti rispetti; quanto al modo, perché né Cristo, né gl'apostoli mai pretesero costringere a contribuzioni, ma ben facoltà di ricever le volontarie; e leggendo san Paolo A' Corinzii e Galati vederà il trattamento del patrone al bue che trebbia e l'ufficio del catecumeno verso il catechizante, senza però che quei operatori abbiano alcuna azzione o dritto d'essazione, né vi sia nel mondo autorità pretoria che possi servirgli.

 

 




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