[Giudicii di questa sessione]
Non furono le azzioni di questo concilio
in tanta espettazione ne' passati tempi, quanta al presente, essendo convenuti tutti
i prencipi in ricchiederlo, mandate ambasciarie d'ogni regione, congregato
numero de prelati grande e quadruplo di quello che fu per inanzi; e quello che
piú era stimato, essendo stato dato principio già 6 mesi, e quelli cunsummati
in quotidiane e continue trattazioni con ispedizione di molti corrieri e
prelati da Roma a Trento e [da] Trento a Roma. Ma quando uscí in stampa la
sessione, con una lingua da tutti era memorato il proverbio latino del parto
delle montagne: particolarmente la dilazione de' 2 articoli era notata, parendo
maraviglia che, avendo con 4 anatematismi fatto quattro articoli di fede, non
avesse potuto dicchiarare quello di conceder l'uso del calice de iure
ecclesiastico. A molti pareva anco che quello dovesse esser trattato prima,
poiché quando fosse stato concesso, cessavano tutte le dispute. Il terzo capo
della dottrina fu assai considerato nella conclusione, che ricevendo il solo
corpo di Cristo non è fraudato il fedele di grazia necessaria, parendo una
confessione che si perdi grazia non necessaria; e qui si dubitava se vi sia
autorità umana che possi impedire la grazia di Dio soprabondante e non
necessaria; e quando ben potesse, se la carità concede questi impedimenti al
bene. Due cose sopra le altre diedero a parlar assai: l'una, l'obligazione
imposta di credere che l'antichità non tenesse per necessaria la communione de'
putti, perché dove si tratta di verità d'istoria è cosa di fatto e de passato,
dove non vale d'aver autorità, che non può alterare le cose già fatte, ma è cosí
noto a chi legge sant'Agostino, che in 9 luoghi, non con una parola, ma con
discorso asserisce la necessità dell'eucaristia per li fanciulli, e doi d'essi
la uguaglino alla necessità del battesmo, anzi piú d'una volta dice che la
medesima Chiesa romana l'ha tenuta e definita per necessaria alla salute de'
fanciulli, et allega per questo Innocenzo pontefice, la cui epistola resta
ancora, dove chiaramente parla. E si maravigliavano come il concilio senza
necessità si fosse impedito in questo senza essito e con pericolo che altri
dicesse o Innocenzo o il concilio aver errato. L'altro era il secondo
anatematismo con la dicchiarazione che sia eretico chi dice la Chiesa non
essersi mossa da giuste cause a communicare senza il calice, che è fondar un
articolo di fede sopra un fatto umano; et avevano per cosa molto mirabile
confessar che l'uomo non è tenuto ad osservar il decreto, se non de iure
humano, ma a creder che sia giusto è ubligato de iure divino, e
poner per articoli di fede cose che si mutano alla giornata. Altri ancora
aggiungevano che se vi erano quelle tanto giuste cause conveniva dirle e non
costringer gl'uomini con terrore a credere, ma con persuasione; che veramente
quello era un signoreggiare la fede, che san Paolo tanto detesta. Sopra i capi
della riforma generalmente si diceva che non potevano esser toccati particolari
piú leggieri, né piú leggiermente, e che era immitato quel medico, il qual in
corpo tesico attende a curare il prurito; e quel metter mano per forza nella
borsa del popolo per spesare il curato o per restaurar chiese pareva cosa molto
strana, e quanto alla sostanza e quanto al modo: quanto alla sostanza, per
esser superfluamente ricco il clero e piú tosto debitore a' laici per diversi
et evidenti rispetti; quanto al modo, perché né Cristo, né gl'apostoli mai
pretesero costringere a contribuzioni, ma ben facoltà di ricever le volontarie;
e leggendo san Paolo A' Corinzii e Galati vederà il trattamento
del patrone al bue che trebbia e l'ufficio del catecumeno verso il
catechizante, senza però che quei operatori abbiano alcuna azzione o dritto
d'essazione, né vi sia nel mondo autorità pretoria che possi servirgli.
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