[Medesime difficoltà fra i prelati]
La differenza che fu tra li teologi fu anco
tra i prelati deputati a comporre la dottrina e gl'anatematismi per propor in
congregazione; imperoché nella dottrina, dovendosi metter le prove et
esplicazioni perché la messa sia sacrificio, secondo la propria affezzione, chi
una, chi l'altra voleva o reprobava. Martino Peresio, vescovo di Sigovia, che
era intervenuto alle trattazioni che in questa materia si ebbero in concilio
nel fine 1551, era di parere che si pigliasse quella stessa dottrina e canoni
che erano formati per publicarsi il genaro 1552, e quelli fossero riveduti. Ma
il cardinale Seripando non approvava, dicendo che in quello appariva una pietà
e zelo cristiano incomparabile, ma soggetto molto alle calumnie
degl'avversarii; che non bisognava aver per fine d'instruir li catolici, come pareva
che quei padri avessero avuto, ma di confonder gl'eretici. Perilché conveniva
parlar in tutte le parti piú riservato e non esser giusta cosa metter mano,
come correttori, nelle allora ordinate: meglio esser far di nuovo e non dar
occasione di dire che s'abbia raccolto il seminato d'altri. Granata era
discorde da tutti, non voleva che si dicesse che Cristo offerí nella cena, né
meno che instituisse il sacrificio con quelle parole: fate questo in mia
memoria. Seripando, quanto al primo diceva non averlo per necessario e potersi
tralasciare, bastando che Cristo abbia instituito l'oblazione, ma esser ben
necessario dire con qual parole, né esserne altre che le sudette. Ma Giovanni
Antonio Pantusa, vescovo di Lettere, con molta passione voleva nel decreto le
raggioni e di Melchisedech e di Malachia, e l'adorazione della samaritana, e le
mense di san Paolo, e l'oblazione di Cristo nella cena, e ogni altra raggione
allegata. In fine, dopo disputa di piú giorni, convennero di metter ogni cosa,
perché li prelati nelle congregazioni averebbono detto il parere e si sarebbe
levato quello che alla maggior parte non fosse piacciuto. Fecero anco una
raccolta d'abusi ch'occorrono giornalmente nella celebrazione delle messe, in
poco numero rispetto a quelli che del 1551 furono notati.
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