[Si risveglia il punto della residenza]
Furono li giorni seguenti fatte prattiche
sopra questo, valendosi delle stesse et altre raggioni gli interessati a finire
et ad allungare il concilio. Ma proposta un'altra volta in congregazione, fu la
maggior parte in voto che si seguisse l'ordine incomminciato. Queste prattiche
fecero tornar in campo quelle della residenza, essendo li medesimi li desiderosi
che il concilio si finisse e della residenza non si trattasse. Questa apertura
diede occasione a Mantova e Seripando d'adoperarsi e mostrar al papa con
effetti che s'accommodavano al voler suo secondo l'instruzzione che Lanciano
gl'aveva a bocca portato: adoperarono per far gl'ufficii con buon modo
l'arcivescovo d'Otranto, li vescovi di Modena, Nola e Brescia, che non erano
ponteficii scoperti, ma guadagnati: questi superarono molti italiani,
inducendogli non a mutar opinione e contradirsi, ma a non promover piú quella
materia. Da molti ebbero promesso che, cessando i spagnuoli, essi sariano stati
quieti, e li quattro suddetti prelati fecero insieme una nota de' persuasi, sí
che si trovarono aver guadagnato molto; ma co' spagnuoli non fu possibile avanzare,
anzi questo fu causa che si restrinsero insieme. Scrissero una lettera in
commune al re per risposta di quella di Sua Maestà al marchese di Pescara,
dolendosi prima del pontefice, che non vogli lasciar risolver il punto della
residenza, nel quale s'ha da fondar tutta la riforma della Chiesa, e con
bellissima e riverente circuizione di parole conclusero che in concilio non vi
fosse libertà, che gl'italiani con la pluralità vincevano, e quelli chi per
pensioni, chi per promesse e li meno corrotti per timore aderivano alla volontà
di Sua Santità; si dolsero de' legati, che se avessero lasciato, come era
giusto, concludere la materia quando era il tempo, prima che da Roma potesse
esser scritto, tutto sarebbe con somma concordia concluso in servizio divino;
che le due parti de' prelati desideravano la definizione; che tutti
gl'ambasciatori facevano instanza, che essi furono a favore della verità,
procedendo però con carità e modestia, né mai ebbero animo di protestare;
supplicavano Sua Maestà che facesse consegliare da persone pie quell'articolo,
essendo certi che dopo matura considerazione ella favorirebbe la sentenza
catolica e pia e tanto necessaria per la buona riforma.
Questo accidente certificò li legati et
aderenti che non era possibile sopir la prattica, poiché, non essendosi
quietati i spagnuoli, né per la lettera del re, né per gl'ufficii fatti, anzi
avendo fatto nuova dicchiarazione col scrivere in Spagna, bisognava tener per
fermo che fossero insuperabili: si ridussero li ponteficii a consulto sopra di
questo e fu deliberato di mandar in Francia al cardinale di Ferrara copia della
lettera scritta dal re Catolico al Pescara, per procurar d'averne una simile da
quella Maestà agl'ambasciatori francesi, cosí per fermar quelli dal far
quotidiani ufficii in contrario co' prelati, come facevano, come anco acciò,
venendo li vescovi francesi, non s'unissero co' spagnuoli, come questi avevano
gran speranza e stavano in espettazione. E per levar il credito a' spagnuoli
appresso il suo re, deliberarono far saper in Spagna che Granata e Sigovia,
capi loro, che fanno li scrupulosi, avevano promesso li voti loro al
Cinquechiese nella materia della communione del calice, senza aver rispetto a
Sua Maestà, che tanto l'aborrisce.
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