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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [I francesi dimandano di nuovo dilazione]
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[I francesi dimandano di nuovo dilazione]

Gl'ambasciatori francesi il terzo settembre fecero nuova instanza a' legati che, per dar maggior autorità al concilio et a fine di far ricever nel regno loro piú facilmente le determinazioni di quello, volessero prolongare la sessione un mese o cinque settimane, trattando in quel mentre altre materie, per publicare poi nella sussequente sessione cosí quello che già è stato discusso e determinato, come anco quello che si trattasse e determinasse tra tanto; che cosí non si perderebbe tempo, non si prolongherebbe il concilio, et il re e tutto 'l regno sentirebbe gran sodisfazzione; oltre che, aspettandosi anco in breve prelati di Polonia, sarebbe di molta edificazione all'universale del cristianesmo il mostrar di tener conto di 2 regni cosí considerabili: la qual instanza essendo fatta il inanzi che i legati avevano ricevuto lettere dal cardinale di Ferrara che Lorena et i prelati francesi dovevano in ogni modo venire, che sarebbono con loro 20 dottori di Parigi, si mostravano anco lettere scritte a diversi prelati da amici con l'istesso aviso, con aggionta anco che fosse l'animo loro di trattar il ponto della superiorità del papa e concilio, tanto piú giudicarono che se dovessero ispedire le cose discusse, acciò non fossero attraversate nuove difficoltà, et a' mali umori che erano in Trento aggregandosene de' nuovi peggiori e piú arditi, non fossero promosse tante difficoltà che portassero il concilio in infinito o non fosse risoluta qualche cosa pregiudiciale. Ma tenendo li legati queste raggioni in petto, risposero a' francesi con onorate parole nella forma altra volta con loro usata: che il concilio fu convocato principalmente per francesi, li prelati loro esser stati appellati tanto tempo, che il trattener cosí gran numero de padri piú longamente nell'istessa aspettativa sarebbe un'indegnità del concilio, e quando non si publicassero le cose discusse, il mondo crederebbe che fosse per qualche dissensione tra loro o perché le raggioni de' protestanti avessero qualche validità. Ma Lansach, non acquetandosi di risposta alcuna e premendo sempre maggiormente la dilazione, si doleva che il concilio fosse aperto per li francesi e che non s'aspettassero; che mai aveva potuto ottener da' legati cosa ricchiesta; che le sue rimostranze erano sprezzate; che in luogo di gratificar il suo re, si usava maggior precipitazione; che egli non attribuiva ciò a' legati, sapendo che non fanno cosa se non da Roma commandata; che prendevano grand'errore avendo in sospetto la venuta de' prelati francesi; che dopo fatte tante prove per ottener quello che era giusto e dovevagli esser concesso, ancorché non dimandato, conveniva pensare ad altri rimedii, e parlava in modo che faceva dubitare di dover fare qualche cosa straordinaria. Il che fece passar voce nel concilio che sarebbe disciolto, cosa che dalla maggior parte era sentita con piacere: alcuni per liberarsi dagl'incommodi che pativano, altri vedendo di starvi con nissun o leggierissimo servizio di Dio, li ponteficii per timore di qualche tentativo. Publicamente si discorreva che Lorena in ogni occasione aveva mostrato animo inclinato a diminuire l'autorità della Sede apostolica; che averebbe voluto dar qualche passo alla Francia in materia del pontificato, quale non gli piaceva in disposizione del collegio de' cardinali che era d'italiani; che la Francia ha sempre preteso di limitare la potestà pontificia, di sottoporla a' canoni e concilii; che questa opinione sarebbe aiutata da' spagnuoli, quali già, con tutto che molto riservati nel parlare, s'erano mostrati desiderosi del medesimo e sarrebbono anco seguiti da una buona parte d'italiani, che per non poter o saper prevalersi de' commodi della corte, hanno invidia a chi gli gode; oltre li desiderosi di novità, senza anco saper perché, il numero de' quali per molti indicii si vedeva esser considerabile.

 

 




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