[Difficoltà sopra la tenuta della
sessione]
Queste cose finite, erano angustiati li
legati, non restando piú che 3 giorni alla sessione et avendo ancora tante cose
irresolute, e massime quella che piú importava e dove ogni uno trattava con
veemente affetto, cioè la materia del calice, quando un accidente fece quasi
risolvere d'allongar il tempo della sessione. Questo fu che, avendo l'ambasciator
di Francia in Roma fatto instanza efficace a nome del re col pontefice che
facesse differir sino all'arrivo de' suoi prelati, il pontefice, quantonque non
udisse cosa piú dispiacevole che parlar di prolongazione del concilio, cosí per
propria inclinazione, come per commune de' cardinali e di tutta la corte che
era in speranza et intenso desiderio di vederlo finito e dissoluto per tutto
decembre, avendo nondimeno risposto, per non manifestar i suoi timori, che a
lui niente importava, ma tutto doveva depender dalla libertà de' padri, li
quali non era maraviglia se aborrivano la dilazione, risguardando la longa et
incommoda dimora, a' travagli de' quali era giusto portar rispetto, e che egli
non poteva, né doveva constringerli overo imporgli legge contra l'uso
accostumato; che averebbe scritto a' legati l'instanza fattagli e dicchiaratosi
quanto a sé di contentarsi della dilazione; che questo tanto si doveva da lui
ricchiedere e doveva sodisfar il re; in questa sostanza scrisse, aggiongendo
che usassero quella permissione come paresse piú raggionevole a' padri. La qual
lettera, aggionto l'esser li decreti mal in ordine e quel che fu scritto dal
Dolfino, noncio appresso l'imperator e l'instanza degl'imperiali, che non si
publicasse il decreto della messa, fece inclinar parte de' legati a diferire.
Ma Simoneta, che intese la mente del papa piú come era nel capo di quello, che
come nella lettera espresso, tenne tanto fermo che si risolvé il contrario; et
a Roma avisò quanto fosse pericoloso metter in dubio gl'ordini assoluti già
dati di venire all'espedizione, con li condizionati per dar sodisfazzione di
parole, prestando fomento a mal intenzionati d'attraversare le buone
risoluzioni e mettendo sopra di loro carica che gli rendeva odiosi, gli faceva
perder riputazione e rimaner inetti a far il servizio di Sua Santità. Fu anco
Simoneta favorito dal buon evento, perché non essendovi opposizione di momento,
fu stabilito il capitolo degl'abusi della messa con gli 11 della riforma, et il
decreto della communione ebbe minor difficoltà che non si credette.
Alla prima proposta non passò, perché
diceva che il papa, eziandio per voto et approbazione del concilio, facesse
quello che giudicarà utile, e questo fu impugnato insieme da quelli che
tenevano la negativa e da quelli della remissiva; cosa che indusse li legati a
risoluzione di tralasciar afatto quella materia, e cosí deliberati ne fecero
scusa con gli imperiali, poiché né dal pontefice, né da loro veniva il
mancamento. Ricercarono gl'ambasciatori, che si proponesse levata la clausula
del voto et approbazione; ma li legati, tenendo per fermo che questa proposta
averebbe potuto causare dilazione nella sessione, si rendevano difficili per
ciò. Gl'ambasciatori protestarono che, vedendo esser fatta cosí poca stima
dell'imperatore, non erano per intervenire piú, né in congregazione, né in
sessione, sin che Sua Maestà avisata avesse dato quegli ordini che convenivano
alla degnità imperiale; onde li legati non solo si contentarono di proporla di
novo, levata la clausula, ma promisero anco di far officio et adoperar altri
ancora. Et il dí dopo, che fu precedente immediate quello della sessione, la
proposta corretta passò per la maggior parte, se ben con contradizzione di
tutti quelli della negativa, con grand'allegrezza de' legati e ponteficii, cosí
perché la sessione non si prolongava, di che temevano grandemente, come anco
perché pareva loro esser maggior degnità del papa che la grazia a chi
desiderava il calice dependesse totalmente dalla autorità sua.
|