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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Decreto della riforma]
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[Decreto della riforma]

Il decreto della riforma comprendeva 11 capi:

[1] Che tutti li decreti de' pontefici e concilii spettanti alla vita et onestà de' chierici per l'avvenire siano osservati sotto le medesime et ancora maggiori pene, ad arbitrio dell'ordinario, e siano restituiti in uso quelli che in disuetudine sono andati.

2 Che non sia provisto a' vescovati se non persona che, oltre le qualità requisite da' sacri canoni, sia sei mesi inanzi in ordine sacro, e se di tutte le qualità debite non vi sarà notizia in corte, si pigli informazione da' noncii, dall'ordinario overo da' ordinarii vicini. Che sia maestro, dottore o licenziato in teologia o in legge canonica, overo decchiarato idoneo ad insegnar, per publico testimonio d'una academia; e li regolari abbiano simil fede da' superiori della religion sua, e li processi o testificazioni siano gratuitamente prestate.

3 Che li vescovi possino convertir la terza parte delle entrate nelle chiese catedrali e collegiate in distribuzioni quotidiane, le quali però non siano perdute da quella degnità; che non avendo giurisdizzione o altro ufficio, faranno residenza in chiesa parochiale unita, essistente fuori della città.

4 Che nissun abbia voto in capitolo se non sia ordinato subdiacono, e per l'avvenire chi otteneria beneficio al qual sia annesso qualche carico, fra un anno sia ubligato ricever l'ordine per poterlo essercitare.

5 Che le commissioni delle dispense fuori della corte romana siano indrizzate agl'ordinarii e le graziose non abbiano effetto sinché da' vescovi, come delegati, sia conosciuto che sono ben impetrate.

6 Che le commutazioni de' testamenti non siano esseguite sin che i vescovi, come delegati, non averanno conosciuto che siano impetrare con espressione della verità.

7 Che i giudici superiori, nell'ammetter le appellazioni e conceder inibizioni, osservino la constituzione d'Innocenzo IV nel capo Romana.

8 Che i vescovi, come delegati, siano essecutori delle disposizioni pie, cosí testamentarie, come de' viventi; possino visitar gl'ospitali e collegii e confraternita de' laici, eziandio quelle che sono chiamate scole o con qual si voglia altro nome, eccettuate quelle che sono sotto immediata protezzione de' re; possino visitar l'elemosine de' monti di pietà e tutti li luoghi pii, se ben sotto la cura de' laici, et abbiano la cognizione et essecuzione di tutto quello che partiene al culto di Dio, alla salute delle anime et alla sostentazion de' poveri.

9 Che gl'amministratori della fabrica di qual si voglia chiesa, ospital, confraternita, limosina di monte di pietà e d'ogni altro luogo pio siano tenuti render conto al vescovo ogni anno, e se hanno obligo di dar conto ad altri, vi sia aggionto anco a quelli il vescovo, altrimenti non satisfacciano.

10 Che li vescovi possino essaminar i notarii e proibirgli l'uso dell'ufficio in negozii e cause spirituali.

11 Che qualonque usurperà beni, raggioni o emolumenti delle chiese, beneficii, monti di pietà e luoghi pii, o chierico o laico che sia, quantonque re o imperatore, sia scommunicato sino all'integra restituzione del tutto et assoluzione dal papa, e se sarà patrono, sia anco privato del ius patronatus, et il chierico consenziente sia soggetto alla medesima pena, privato d'ogni beneficio et inabile ad ottenerne.

 

 




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