[Decreto della riforma]
Il decreto della riforma comprendeva 11
capi:
[1] Che tutti li decreti de' pontefici e
concilii spettanti alla vita et onestà de' chierici per l'avvenire siano
osservati sotto le medesime et ancora maggiori pene, ad arbitrio
dell'ordinario, e siano restituiti in uso quelli che in disuetudine sono
andati.
2 Che non sia provisto a' vescovati se non
persona che, oltre le qualità requisite da' sacri canoni, sia sei mesi inanzi
in ordine sacro, e se di tutte le qualità debite non vi sarà notizia in corte,
si pigli informazione da' noncii, dall'ordinario overo da' ordinarii vicini.
Che sia maestro, dottore o licenziato in teologia o in legge canonica, overo
decchiarato idoneo ad insegnar, per publico testimonio d'una academia; e li
regolari abbiano simil fede da' superiori della religion sua, e li processi o
testificazioni siano gratuitamente prestate.
3 Che li vescovi possino convertir la
terza parte delle entrate nelle chiese catedrali e collegiate in distribuzioni
quotidiane, le quali però non siano perdute da quella degnità; che non avendo
giurisdizzione o altro ufficio, faranno residenza in chiesa parochiale unita,
essistente fuori della città.
4 Che nissun abbia voto in capitolo se non
sia ordinato subdiacono, e per l'avvenire chi otteneria beneficio al qual sia
annesso qualche carico, fra un anno sia ubligato ricever l'ordine per poterlo
essercitare.
5 Che le commissioni delle dispense fuori
della corte romana siano indrizzate agl'ordinarii e le graziose non abbiano
effetto sinché da' vescovi, come delegati, sia conosciuto che sono ben
impetrate.
6 Che le commutazioni de' testamenti non
siano esseguite sin che i vescovi, come delegati, non averanno conosciuto che
siano impetrare con espressione della verità.
7 Che i giudici superiori, nell'ammetter
le appellazioni e conceder inibizioni, osservino la constituzione d'Innocenzo
IV nel capo Romana.
8 Che i vescovi, come delegati, siano
essecutori delle disposizioni pie, cosí testamentarie, come de' viventi;
possino visitar gl'ospitali e collegii e confraternita de' laici, eziandio
quelle che sono chiamate scole o con qual si voglia altro nome, eccettuate
quelle che sono sotto immediata protezzione de' re; possino visitar l'elemosine
de' monti di pietà e tutti li luoghi pii, se ben sotto la cura de' laici, et
abbiano la cognizione et essecuzione di tutto quello che partiene al culto di
Dio, alla salute delle anime et alla sostentazion de' poveri.
9 Che gl'amministratori della fabrica di
qual si voglia chiesa, ospital, confraternita, limosina di monte di pietà e
d'ogni altro luogo pio siano tenuti render conto al vescovo ogni anno, e se
hanno obligo di dar conto ad altri, vi sia aggionto anco a quelli il vescovo,
altrimenti non satisfacciano.
10 Che li vescovi possino essaminar i
notarii e proibirgli l'uso dell'ufficio in negozii e cause spirituali.
11 Che qualonque usurperà beni, raggioni o
emolumenti delle chiese, beneficii, monti di pietà e luoghi pii, o chierico o
laico che sia, quantonque re o imperatore, sia scommunicato sino all'integra
restituzione del tutto et assoluzione dal papa, e se sarà patrono, sia anco
privato del ius patronatus, et il chierico consenziente sia soggetto
alla medesima pena, privato d'ogni beneficio et inabile ad ottenerne.
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