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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro settimo
    • [Discorso dell'autore sull'ordine del suo dissegno]
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[Discorso dell'autore sull'ordine del suo dissegno]

È costume di chi scrive istoria nel principio proponer il modello della trattazione; nondimeno io ho stimato ben differirlo a questo passo, facendolo ritratto delle cose narrate [e] dissegno di quelle che sono per raccontare. Avendo deliberato alle memorie da me raccolte dar qualche forma che non superasse la facoltà mia e fosse piú accommodata alla materia, ebbi considerazione che, fra tutti i maneggi in questo secolo tra cristiani occorsi, e forse anco in quelli che negl'anni rimanenti occorreranno, questo tiene il primo luogo, e che, delle cose riputate il piú degl'uomini sentono beneficio e piacere d'intenderne le minuzie: perciò giudicai convenirgli la forma di diario. A questo mio parer s'attraversarono due opposizioni: l'una, che con quella forma non conveniva narrare li successi de 29 anni che scorsero per preparar il nascimento a questo concilio, né meno quelli de' altri 14 che in 2 volte passò dormendo, con incertezza se fosse vivo o morto; l'altra, che non aveva, né poteva aver tutta la materia che ricerca una effemeride continuata. Accommodando, come la natura fa, la forma alla materia, non, come le scole vorrebbono, la materia alla forma, non ebbi per assordo scriver a modo d'annali li tempi preparatorii et interconciliari, et in quei della celebrazione scriver per giorni quel solo di che ho avuto notizia, confidando che de' trapassati per non aver potuto venirne a cognizione, se alcuno leggerà questa fattura mi defenderà, poiché, se delle cose che gl'interessati fanno ogni opera per conservarne la intiera memoria, presto se ne perde parte notabile, quanto maggiormente di questa, dove con ogni diligenza da gran numero di persone perspicacissime è stata usata ogni fatica per asconder il tutto. Meritano certo le cose grandi esser tenute in misterio, mentre il cosí fare è di commune giovamento; ma quando il non sapersi l'intiero ad una parte sia di gran danno, ad altri d'utilità, non è maraviglia se a fini repugnanti per contrarie vie si camina. Ha ben luogo la commune e famosa sentenza che con maggior raggione si tratta d'evitar danno che d'acquistar guadagno. È soggetta questa mia composizione, per le cause dette, a qualche disugualità di narrazione, e se ne potrebbe trovar altretanta in qualche famoso scrittore; non sarà per ciò questa la mia difesa, ma che non è stata usata da chi non ha scritto istoria del concilio tridentino o altra non differente da quella.

 

 




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