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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro settimo
    • [Il papa adombrato per li dissegni di Lorena]
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[Il papa adombrato per li dissegni di Lorena]

In questo medesimo tempo il pontefice, d'altrove avisato de' pensieri di Lorena, et in particolar di voler riforma dell'elezzione del ponteficato, a fine che ne toccasse la sua parte anco agl'oltramontani, et essendone certificato, gli penetrò altamente nell'animo, e risoluto di non aspettar il colpo, ma prevenire, diede conto di questo a tutti li prencipi italiani, mostrando quanta diminuzione della nazione sarebbe, quando ciò succedesse; che per sé non parlava, poiché a lui non poteva toccare, ma per li rispetti publici e per amore della patria commune; e sapendo che al re di Spagna non averebbe mai potuto esser grato un papa spagnuolo, per li pensieri naturali che il clero di quella nazione ha di liberarsi dalle essazzioni regie, meno gli sarebbe piacciuto un francese, per la inimicizia tra le nazioni; ma nell'Italia aveva grandissima parte de confidenti. Scrisse al noncio suo che gli communicasse il dissegno de' francesi, inviato a voler un papa, per poter con quel mezo occupar Napoli e Milano da loro pretenduti. E per non mancar dal canto suo, accioché fosse levata parte de' fondamenti sopra quali quel cardinale poteva edificare, che erano gl'abusi per tempi passati di prossimo occorsi, fece una bolla in questa materia, la qual, se bene non conteneva di piú che le provisioni altre volte fatte da diversi pontefici, quali sono invecchiate senza effetto, s'averebbe nondimeno potuto dire non esservi bisogno d'altra riforma in quella parte, poiché la bolla rimediava a tutti gl'inconvenienti occorsi et almeno gli levava la forza, che non si poteva pretender che fossero in vigore; et a chi volesse pronosticargli che sarebbe poco osservata, come altre precedenti, s'averebbe risposto che chi mal fa, mal pensa, et esser officio della carità cristiana aspettar il bene da ciascuno. Fu data questa bolla il nono d'ottobre 1562.

Dopo questo gli gionse aviso che in Spagna s'erano tenute molte congregazioni sopra la riforma universale, per dar commissione all'ambasciatore che si manderebbe a Trento, a fine che li prelati spagnuoli fossero uniti et operassero tutti ad un scopo. Non gli fu grata la nuova e meno piacque a' legati che il re mandasse altro ambasciatore, perché il marchese di Pescara operava molto conforme alla mente del papa, e li ministri che egli adoperava in Trento erano milanesi, affezzionati alla persona di Sua Santità e de' suoi parenti et al cardinale Simoneta, che di loro s'era valuto a servizio del pontefice in ogni occorrenza. Ma il conte di Luna, che si dissegnava mandare, stato con l'imperatore e re de Romani e molto grato a loro, era impresso de' concetti di quei prencipi, e tanto piú, quanto era fama (et è vero che cosí fu deliberato, quantonque non s'effettuasse) che doveva venir in nome ambasciatore dell'imperatore, per evitar la differenza di precedenza con Francia, ma in fatti ambasciator del re; et al pontefice era sospetta la congionzione di quei prencipi per molti rispetti, e massime per il re di Boemia, che in molte cose s'era mostrato alieno da lui; né meno sospetta gli era la destinazione del conte di Luna, il qual non poteva ritrovarvisi, se non finita la dieta di Francfort; la qual perché al meno sarebbe durata sino in fine dell'anno, porgeva congettura che il re avesse animo di mandar il concilio molto in longo. Ma ricevuto l'ultimo aviso da' legati, restò piú perplesso, vedendo anco li prelati, eziandio li suoi medesimi, come congiurati a prolongarlo per gl'intempestivi officii, quantonque i loro interessi ricercassero l'ispedizione. Propose le lettere in congregazione de' cardinali, ordinando che si pensasse al modo piú d'ovviare ad una infinità d'imminenti difficoltà, che come levarsi la noia presente, poiché quanto il concilio piú procedeva inanzi, tanto era piú difficile da maneggiare, né si poteva da Roma, per la lontananza, dar ordine che, gionto , non fosse intempestivo; cosa che andando alla longa, averebbe causato qualche gran male. Si dolse che tra gl'oltramontani fossero uniti a prolongarlo per proprii interessi: l'imperatore per gratificar li tedeschi, a fine di far elegger il figlio re de' Romani; Francia per poter valersene in caso d'accordo con ugonotti; Spagna per li suoi rispetti di tener in speranza i Paesi Bassi. Raccontò tutte le difficoltà che nascevano da li varii interessi de' prelati in concilio, li fini che si scoprivano ne' spagnuoli, e quello che s'intendeva de' dissegni de francesi che s'aspettavano.

 

 




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