[Lettere di Cesare a' legati et arrenga
del suo ambasciatore richiedendo riforma]
In questi giorni che le congregazioni si
tenevano, presentò il Cinquechiese lettere dell'imperatore a' legati, dove scriveva
che avendo essi sodisfatto l'animo loro in publicar i canoni del sacrificio
della messa, si trattenessero di caminar inanzi intorno i sacramenti
dell'ordine e del matrimonio, et in tanto trattassero della riforma, rimettendo
alla prudenza loro intorno le cose proposte per suo nome, di trattar quella
parte che piú loro piacesse; et in conformità della lettera parlò il
Cinquechiese, facendo la medesima ricchiesta, instando che essendo la materia
dell'ordine tanto oltre, si dovesse al meno trattener quella del matrimonio,
acciò che tra tanto nella dieta l'imperatore potesse disporre li germani ad
andare e sottomettersi al concilio; imperoché quando tedeschi e francesi
restino nella risoluzione loro di non voler andarvi, né riconoscerlo, vanamente
li padri si trattengono con tanta spesa e con tanti incommodi; e quando Sua
Maestà vederà di non potergli persuadere, procurerà che il concilio si
sospendi, giudicando dover esser piú servizio di Dio e beneficio della Chiesa
il lasciar le cose indecise e nello stato che sono, aspettando tempo piú
opportuno per la conversione di quelli che si sono separati, che col
precipitare, come sino a quell'ora s'era fatto, la decisione delle cose
controverse in assenza di chi le ha messe in disputa e, senza alcun beneficio de'
catolici, renderli protestanti irreconciliabili; ma in questo mezo si trattasse
della riforma. Che li beni ecclesiastici siano distribuiti a persone meritevoli
e fatta la parte sua a tutti, e le entrate siano ben dispensate, e la parte de'
poveri non sia usurpata da alcuno, et altre tal cose. In fine ricercò se
andando il conte di Luna con titolo d'ambasciator dell'imperatore, cesserà la
differenza di precedenza tra Spagna e Francia. I legati a quest'ultimo
risposero che non credevano che resterebbe alcun pretesto a' francesi di
contendere; e quanto alle altre parti, dissero che non si può lasciar di
trattar de' dogmi, ma che ben insieme si tratterà della riforma gagliardamente,
seguitando l'instituto del concilio. Lodarono l'intenzione dell'imperatore di
ricercar che li protestanti si sottomettino, non restando però d'aggiongere che
con questa speranza non si debbe mandar il concilio in lungo, perché anco Carlo
imperatore, nel ponteficato di Giulio III, procurò il medesimo e l'ottenne
anco, ma fu da' tedeschi caminato fintamente, con danno e della Chiesa e
dell'imperatore medesimo. Però non era giusto che il concilio si movesse di
passo, se prima l'imperatore non fosse ben certificato dell'animo de' prencipi
e popoli, cosí catolici, come protestanti, e della qualità dell'obedienza che
fossero per prestare a' decreti stabiliti e da stabilirsi in questo concilio e
ne' passati, ricercando l'osservanza del concilio con mandati autentici delle
terre e de' prencipi, e ricevendo obligazione da loro dell'essecuzione de'
decreti, acciò le spese e le fatiche non fossero vane e derise: et in
conformità di questo risposero anco alla Maestà Cesarea.
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