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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro settimo
    • [Si rimette su la residenza e si travaglia a farne decreto]
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[Si rimette su la residenza e si travaglia a farne decreto]

Data fuori la dottrina tratta da' pareri detti nelle congregazioni inanzi, di nuovo si comminciarono a dir i voti sopra di quella il terzo del mese di novembre; ma inanzi il cardinale Simoneta ammoní li suoi a parlar riservatamente e non scorrere in parole irritative, poiché quel tempo ricercava piú tosto che gl'animi si addolcissero. Ma avendosi per 3 giorni parlato di quella, e per la connessione delle materie ritornandosi spesso nella controversia, pensarono li legati esser necessario proponer anco alcuna cosa di riforma, massime perché, avvicinandosi li francesi, il vescovo di Parigi andava publicamente dicendo che sarebbe tempo di dargli principio, con sodisfazzione della francese e delle altre nazioni, deputando prelati di ciascuna, che avessero a considerar i bisogni di quei paesi, non potendo gl'italiani, né in Trento, né in Roma, sapergli; che sino allora non s'era fatta riformazione alcuna, tenendosi per nullo quello che già era statuito. Ma i legati, dovendo proponer riforma, giudicarono necessario, per non dar occasione molti inconvenienti, incomminciar dalla residenza.

Già è stato narrato quello che il pontefice scrisse in questa materia; dopo il che i legati e gl'aderenti furono in continuato pensiero di formar un decreto che potesse satisfar al pontefice, avendo anco risguardo alla promessa fatta a' prelati dal cardinal di Mantova. Perché il proponer alla prima di rimetter al papa, pareva contrario a quella promissione e vi era gran difficoltà che decreto proporre; al qual se fosse stato posto difficoltà, si potesse voltar al negozio di rimetterlo. Fecero scandaglio di quelli che s'averebbono potuto tirar nella remissione e de' totalmente contrarii, e trovarono il concilio in parti quasi pari diviso: in queste due, et in una terza che averebbe voluto la difinizione in concilio senza offesa di Sua Santità, de' quali vi era speranza far guadagno della maggior parte e superar gl'avversarii. Fecero il ripartimento, e furono gl'ufficii cosí efficaci che oltra gl'altri guadagnarono 7 spagnuoli, tra' quali furono Astorga, Salamanca, Tortosa, Patti et Elna, adoperandosi gagliardamente in questo il vescovo di Macera.

Quattro partiti furono proposti per venir all'essecuzione: l'uno, un decreto con soli premii e pene; l'altro, che molti prelati facessero instanza a' legati che il negozio fosse rimesso al papa e questa ricchiesta fosse letta in congregazione, sperando che, per le prattiche, tanti vi si dovessero accostare che il numero passasse la metà; il terzo, che li legati proponessero la remissione in congregazione; il quarto, che senza altro dire il pontefice facesse una gagliarda provisione, la qual immediate si stampasse e publicasse per ogni parte inanzi la sessione; che cosí i contrarii, prevenuti, sarebbono costretti contentarsi. Al primo s'opponeva che sarebbono stati contrarii tutti quelli che hanno dimandato la decchiarazione de iure divino e stimeranno li premii e pene non poter far effetto tanto efficace quanto la decchiarazione, massime essendovi già decreti de' concilii e de' pontefici non mai stati stimati. Vi sarebbe anco differenza nel statuir le pene e nel statuir de' premii: i prelati faranno dimande impertinenti; vorranno la collazione di beneficii, almeno curati, dimanderanno l'abolizione de' privilegii de regolari et altre cose essorbitanti, e si starà sempre in pericolo di mutazione dopo la proposta, sin che sia passata in sessione, e massime venendo li francesi, che potriano dimandar di ritrattarlo. Al secondo era opposto che non s'averebbe potuto esseguir senza strepito nel ridur li prelati insieme a far instanza; che quelli che non fossero chiamati si sdegnerebbono e piegherebbono alla parte contraria; che li contrarii farebbono anco essi unioni e strepito e si lamenterebbono delle prattiche. Al terzo s'opponeva che gl'avversarii direbbono non esser stato assentito volontariamente, ma per non mostrarsi diffidenti di Sua Beatitudine e per non esserci libertà di parlare, e se non fosse consentito, sarebbe un aver posto in dubio l'autorità ponteficia; senza che anco si direbbe che questa remissione fosse stata bramata da Sua Santità. Al quarto s'opponeva che, non leggendo in concilio la bolla del pontifice, si dava occasione a' padri di dimandar tuttavia la definizione, e leggendola, anco si poteva temere che alcuni potessero dimandar provisione maggiore et il tutto riuscirebbe con poca degnità. Ma vedendo tante difficoltà, andavano portando il negozio inanzi, se ben con poca sodisfazzione universale, essendosi già publicato che se ne doveva parlare: finalmente, costretti di risolversi, il giorno de' 6 novembre, abbraciato il partito di proponer un decreto con premio e pene, dopo aver parlato alquanti padri sopra la materia corrente, il cardinale di Mantova con destre et accommodate parole lo propose, dicendo in sostanza che era cosa necessaria, ricercata da tutti li prencipi, e l'imperatore ne aveva molte volte fatto instanza e dolutosi che non fosse espedito questo capo immediate, e che coll'aversi occupato in vane questioni che non importano al caso, s'abbia differita la conclusione principale; che questa non è materia che abbia bisogno di disputa, ma solo di trovar modo come esseguir quello che ciascun giudica necessario; che il re Catolico et il Cristianissimo avevano fatto instanza del medesmo, e che tutto 'l popolo cristiano desiderava veder la provisione; che in tempo di Paolo III si parlò in questa materia, e poco pertinentemente da alcuni fu passato in superflue questioni, le quali prudentemente furono messe in silenzio allora; per le medesime raggioni si vede non esser bisogno di trattar adesso altro che quello che nel decreto è proposto. E tra le altre cose disse che si erano confermati col parlar dell'ambasciatore Lansac, il qual con buone raggioni molte volte aveva dimostrato non doversi altro ricercare se non che la residenza si faccia, non importando di saper di onde l'obligo venga.

Nel decreto, tra le altre particole, vi era che li vescovi residenti non fossero tenuti a pagar decime, sussidii o qualonque altro gravame imposto con qual si voglia autorità, eziandio ad instanza de' re e prencipi. Questo particolare mosse grandemente tutti gl'ambasciatori; ma Lansac, dissimulandolo, si dolse col cardinale di Mantova che l'avesse nominato senza avergliene fatto motto prima, concedendo d'aver parlato con esso lui in quel tenore, ma come amico particolare e non come ambasciatore; e per far la sua querela piú grave, vi aggionse dolersi anco che avesse nominato il Catolico inanzi il Cristianissimo; delle decime non disse altro, sperando col moto da lui fatto e con qualche opposizione che averebbono fatto li fautori del ius divino, poter impedir quella forma di decreto. Il Cinquechiese ancora non passò piú inanzi, se non che disse non creder che la mente dell'imperatore fosse come il cardinale propose. Ma il secretario del marchese di Pescara ricercò apertamente che le parole s'accommodassero in modo che non pregiudicassero alla grazia fatta dal pontefice a Sua Maestà Catolica per il sussidio delle gallere. Credettero li legati con questo aver guadagnato l'animo de' prelati, ma quelli, dopo intesa l'eccezzione per Spagna, incomminciarono tra loro dire che se gli voleva far grazia di quello che non se gli poteva concedere, perché in Spagna et in Francia e sotto qualonque altro prencipe sarebbono stati costretti pagar, et anco nello Stato della Chiesa, con un «non obstantibus», la grazia gli sarebbe resa vana.

 

 




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