[I legati prendono sospetto di Lorena]
I legati restarono con gran pensiero per
le parole dette dal cardinale di non voler impedirsi nelle cose del regno, ma
lasciar la cura agl'ambasciatori, non ritrovandole conformi a quello che
avevano mostrato pochi giorni inanzi Lansac e Ferrier, rallegrandosi della
venuta del cardinale, come se avessero ad esser liberi d'ogni peso e carico,
dovendo riposar il tutto (dicevano essi) sopra Sua Signoria Illustrissima,
dalle quali conclusero che conveniva aver molto l'occhio a quelle
dissimulazioni, massime aggiongendovisi certo aviso, che ebbe il cardinale
Simoneta da Milano, che gl'abbati francesi allogiati in Sant'Ambrosio ebbero a
dire che sarebbono stati uniti con spagnuoli, tedeschi et altri oltramontani e
che andavano per trattar cose che non sarebbono piacciute alla corte; e gionto
appresso che in tutti li raggionamenti de' francesi si sentiva proporre che non
era da perder in questioni il tempo che si doveva dispensar in parlar della
riforma; che si doveva incomminciar dal levar la pluralità de beneficii e che
il cardinale voleva esser il primo a lasciargli; che le dispense s'abbiano a
dar gratuitamente; che si levassero le annate, prevenzioni e date picciole, e
si facesse una sola provisione per beneficio; essaggerando anco che il
pontefice aveva una bellissima occasione d'acquistarsi immortal gloria col fare
le suddette provisioni e sodisfar a' popoli cristiani per unirgli e
pacificargli, provedendo agli abusi et inconvenienti, e che in ricompensa
pagherebbono a Sua Santità meza decima. Che essi erano venuti là risoluti di
non partirsi prima d'aver tentato tutte queste provisioni, quantonque
bisognasse starvi longamente, e che quando vedessero segni che non si fosse per
provedere, essi non sono per far strepito alcuno, ma per ritornarsene in
Francia e far le provisioni essi in casa loro. Avevano anco li legati qualche
certezza di stretta intelligenza del cardinale coll'imperatore e, quello che
piú stimavano, col re di Boemia, manifestamente inclinati a dar qualche
sodisfazzione a' prencipi di Germania, li quali era chiara cosa che odiavano il
concilio et avevano caro che non procedesse inanzi, ma si dissolvesse, in
qualche maniera però avantaggiosa per loro e disonorevole alla Sede apostolica
e per la sinodo. Ebbero anco sospezzione del re Catolico, per un aviso andato
al secretario del conte di Luna, che essendo già fatta in Spagna l'instruzzione
per quel conte, per diversi avisi sopragionti s'era risoluto di mandar Martino
Gazdellone, già secretario dell'imperatore Carlo V, per portargli instruzzione
a bocca, che non avevano voluto commetter alla scrittura; il che confrontando
con certo aviso avuto di Francia, che il cardinale di Lorena, prima che partire,
aveva partecipato con Sua Maestà Catolica le petizioni che dissegnava trattar
in concilio, e sapendo certo che era stata ricercata anco di Germania a far
instanza per la riforma, dubitavano che la venuta di quel cardinale non fosse
per partorir gran nuovità, e non gli piaceva ponto il motto, che gl'aveva dato
nell'audienza, del venir tedeschi al concilio, massime considerando il
colloquio che aveva avuto già col duca di Vittemberg. Et insomma, non potendo
se non presupporre che una persona di tanta autorità e prudenza non sarebbe
andata senza fondamento sicuro per fabricare li suoi dissegni, pensarono di
spedire immediate al pontefice con tutte queste considerazioni, et avendo
osservato che sempre, quando giongevano in Trento o partivano estraordinarii, li
prelati ricevevano occasione di parlare, d'investigare la causa e di
bisbigliare e di far strepito e di machinare anco, il che, dopo la venuta del
cardinale, averebbe potuto produr effetti piú pericolosi, spedirono con
secretezza e scrissero che a Roma fosse dato ordine a' corrieri che all'ultima
posta appresso Trento lasciassero la guida et ogni altro impedimento, et
entrassero nella città pian piano col solo dispaccio.
Non andò il cardinale in congregazione
secondo l'ordine dato, perché il giorno seguente sopragiontagli la febre, se
ben leggiera, lo fece differire: mostrò nondimeno desiderare che si andasse
lentamente per poter intervenir esso ancora inanzi la risoluzione. I legati
risolsero di compiacerlo, facendo ridur la congregazione molto piú tardi del
solito: nella quale essendo intervenuti li vescovi et abbati francesi, si fece
prima una general resegna, consegnando a ciascuno il suo luogo, et il numero
de' prelati in quella si trovò 218, et il seguente giorno, per esser nata
qualche difficoltà di precedenza, fu di nuovo la risegna fatta, facendo entrar
li prelati ad uno ad uno in congregazione e conducendo ciascuno al suo luogo;
in quelle congregazioni, però, nissun de' francesi parlò, o perché volessero
aspettar l'intervento del cardinale, o per veder prima bene il modo che
tenevano gl'altri. L'arcivescovo d'Ottranto ordinò per la sera de' 19 novembre
un banchetto a molti prelati, e quello che ebbe il carico gl'invitò, dicendo
che non dovessero per servizio della Sede apostolica mancare; perilché immediate
si publicò per Trento che i ponteficii si radunavano per concertar unione
contra li francesi. La qual cosa fu a loro di molto disgusto, tanto piú quanto,
dopo il convito, furono certificati che a quella mensa s'erano tenuti tali
raggionamenti, e vedendo anco che, dopo la loro venuta, quasi ogni giorno
arrivava qualche prelato di nuovo: pareva loro d'esser stimati diffidenti e
contrarii. I legati, però, a fine di mostrar ogni confidenza e rispetto d'onore
al cardinale, nelle visite che ciascuno di loro fece durante il tempo
dell'indisposizione, lo persuasero a pigliar cosí bella occasione in sopire con
l'autorità sua le controversie per le questioni introdotte, cosa che a lui
sarebbe agevole e di gran riputazione, non avendo potuto gl'altri effettuarlo;
a che il cardinale si dispose assai ben e s'offerí di adoperarsi.
Il pontefice, che in quei giorni era stato
in qualche pericolo per un grave et improviso accidente, ricuperata la sanità,
ebbe gl'avisi da' legati e da molti luoghi per dove li francesi erano passati,
che tutti in conformità erano pieni de' dissegni loro; et a questo s'aggionse
che, mentre fu indisposto, monsignor dell'Isle andò facendo prattiche che il
papa si facesse a Trento per nazioni se fosse morto, e si tenesse la Sede
vacante sin che la riforma fosse fatta; che cosí il concilio sarebbe stato
libero et il papa creato non averebbe sentito gravezza d'accettar la riforma
stabilita prima; il che piú d'ogni altra cosa lo commosse, cosí per l'affetto
del dispiacere che ogn'uomo et i prencipi massime sentono, quando si dissegna
dopo la vita loro, come anco perché nissuna cosa lo rendeva piú certo
dell'animo de' francesi, risoluto alla riforma della corte e del pontificato;
et a queste cose aggiongendo anco le differenze che erano in Trento per
l'instituzione de' vescovi e per la residenza, fece ridur quotidiane
congregazioni, e non si teneva che non dicesse ad ogni sorte di persona che non
aveva negozio piú importante e piú pericoloso a sé che il concilio. E nel dar
conto in consistoro delle differenze per causa dell'instituzione e della nuova
proposta della residenza, uscí ad esclamare che tutti li vescovi beneficiati da
lui gli erano contrarii e che nodriva in Trento un essercito de nemici. Era
anco openione che in suo secreto avesse caro qualche progresso degl'ugonotti in
Francia o qualche avantaggio de' protestanti nella dieta di Germania, a fine
che il concilio si dissolvesse senza sua opera: nondimeno, tutto intento a'
rimedii, ordinò che i vescovi non ancora partiti da Roma, si partissero
immediate, e volle che anco Marco Antonio Boba, vescovo di Austa, ambasciatore
del duca di Savoia appresso di sé, vi andasse. Dall'altra parte proibí
l'andarvi all'arcivescovo turritano et al vescovo di Cesena: a quello perché
nel concilio sotto Paolo, nella materia della residenza, con piú costanza che
non comportava il tempo, diffese che fosse de iure divino; il vescovo di
Cesena perché era molto intrinseco del cardinale di Napoli, del quale dubitava
assai per la carnificina de' 2 zii di quello e per le essecuzioni fatte contra
la sua persona; e temeva, perché in mano del conte di Montebello, padre del
cardinale, si diceva esser una poliza di mano d'esso papa, essendo cardinale in
conclavi, per quale prometteva certa somma de danari al Napoli per il suo favore.
Ma con tutto che la maggior diffidenza fosse sopra francesi, nondimeno giudicò
meglio dissimularla. Mandò in Francia 40000 scudi per resto de' 100000
promessi, et a Trento mandò Sebastiano Gualtero, vescovo di Viterbo, insieme
con Ludovico Antinori, li quali, essendo stati in Francia, avevano qualche
conversazione con alcuni di quei prelati e servitú col cardinale, sotto colore
d'onorarlo; e scrisse a lui et a Lansac lettere piene di compimenti e
confidenza. Da loro però fu stimato che fossero mandati per scoprir
l'intenzione del cardinale et osservare li suoi andamenti, e massime essendo
stati da Roma avisati che quel vescovo aveva confortato il pontefice a non
temer tanto, perché il cardinale averebbe trovato delle difficoltà et
impedimenti piú che non credeva, e s'era anco offerto esso di farne nascer
d'avvantaggio.
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