[Capitolo della residenza pubblicato.
Articoli di riforma proposti]
Ma nel concilio, finito di dirsi i voti
sopra la materia dell'instituzione tanto ventilata, non si fece alcuna
risoluzione, aspettando li legati che da Roma venisse. Ma diedero fuora il capo
della residenza, participato prima col cardinale di Lorena, il qual era, come
s'è di sopra detto, senza la dicchiarazione se fosse de iure divino o
no, ma con premii e pene. E Lorena, dicendo prima di tutti il voto, vi aggionse
che era necessario conceder a' vescovi il poter assolvere da' casi riservati In
coena Domini: il che protestava di non dire per diminuire l'autorità di Sua
Santità, ma perché, avendo visto in Francia che nissun trangressor di quella si
curava andar o mandar a Roma per l'assoluzione, gli pareva peggio, e per le
anime de' popoli e per la dignità della Sede apostolica, il lasciargli in
quelle censure. Aggionse anco che non gli pareva ben astringer li vescovi alla
residenza, in maniera che non potessero assentarsi per giuste caggioni, le
quali s'avevano da rimetter al giudicio di Sua Santità. Disse di piú che erano
da eccettuare gl'occupati ne' publici negozii de' regni e republiche, perché
quelli ancora s'hanno da riputare non alieni dal carico episcopale, massime ne'
regni dove l'ordine ecclesiastico è un membro dello Stato, come è in Francia e
ne' regni di Spagna ancora. Fu il cardinale molto prolisso, e se ben replicava
spesso che la residenza era necessaria e conveniva proveder che si servasse,
nondimeno andava interponendo tante eccezioni et iscusazioni, che in fine
nissun seppe giudicare s'egli approvasse o non approvasse che decreto alcuno
della residenza fosse statuito.
Communicarono anco li legati
agl'ambasciatori, secondo la promessa, i capitoli della riforma per la futura
sessione, prima che si proponessero in congregazione; li quali tutti erano per
rimedii degl'abusi spettanti al sacramento dell'ordine. E perciò si radunarono
gl'ambasciatori e vescovi francesi in casa di Lorena per parlar sopra di
quelli, e deputarono 4 vescovi tra loro che gli considerassero, pensando se vi
era cosa pregiudiciale a' privilegii della Chiesa gallicana e se se gli poteva
aggionger alcuna cosa per servizio del paese loro; et insieme diedero carico
all'ambasciator Ferrier che in congregazione de' medesimi vescovi si
raccogliessero tutte le riforme proposte già in Trento sotto Paolo e Giulio e
nel presente ancora, e nella congregazione di Poissí, per farne un estratto; et
aggiontovi il contenuto nelle instruzzioni regie e quel di piú che loro
paresse, ne formassero articoli per tutta la cristianità e principalmente per
la Francia.
Ma li cesarei, veduto che non si proponeva
alcuna delle riforme da loro raccordate, congregarono tutti gl'ambasciatori.
Praga parlò a loro, raccordando il longo tempo consummato in concilio in far
niente, le promesse, tante volte fatte da' legati, che s'averebbe trattato
della riforma, e con tutto ciò erano trattenuti con speculazioni o con
provisioni d'abusi leggieri. Che era tempo di far instanza efficace che
s'attendesse alle cose importanti et urgenti; che se tutti fossero comparsi
uniti a ricchieder l'essecuzione di tante promesse fatte dal papa e da' legati,
si poteva sperare d'ottenere. Tutti consentirono, ma quando si venne a
particolari, si trovarono tanto differenti che non potero convenir, se non nel
generale d'adimandar riforma: onde si risolvé che Praga, nel dir il suo voto,
la ricchiedesse per nome di tutti, e cosí fece.
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