[Varii pareri sopra la residenza]
Et in materia della residenza, con poche
parole disse che bastava levar a' prelati li trattenimenti che godono in corte
di Roma et in quelle degl'altri prencipi, et ogni decreto sarà bastante. Il
parere dell'arcivescovo d'Ottranto fu che bastasse il decreto dell'istesso
concilio fatto sotto Paolo III, aggiongendovi solo la bolla del pontefice, data
del 1560, a' 4 settembre. Altri, appresso a quella bolla, ricercarono anco che
fosse fatta espressione delle cause dell'assenzia che la sinodo ha per
legitime, essendo questo il punto sopra il qual può nascer maggior difficoltà.
La sostanza della bolla nominata da Ottranto conteneva un precetto della
residenza personale sotto le medesime pene dal concilio dicchiarate, e quattro
grazie a' residenti: cioè, che non possino esser citati alla corte, se non per
commissione segnata dal papa; che siano essenti da ogni imposizione ordinaria
et estraordinaria, eziandio a petizione de' prencipi imposta; che possino
essercitar giurisdizzione contra ogni chierico secolare essente e regolare,
abitante fuori del claustro; che non si possi appellar dalle loro sentenze, se
non dalla definitiva. Altri si contentavano del decreto proposto da' legati, ma
con qualche alterazioni, tutte accommodate a' proprii rispetti, che erano tanti
quante le persone. Altri ancora fecero instanza che fusse dicchiarata de
iure divino, et una quarta opinione fu anco che, quantonque sia de iure
divino, non è ispediente farne dicchiarazione.
Congregò il cardinale di Lorena li teologi
francesi per disputare sopra questo punto; li quali tutti uniformi conclusero
che fosse de iure divino. Et il vescovo d'Angiò fu il primo tra li
francesi a dir il parer suo in quella sentenza, e cosí fu seguito dagl'altri.
Ma nelle congregazioni generali della sinodo usavano li prelati indicibile
longhezza di che si doleva il cardinale di Lorena co' legati, mostrando
desiderar che quelle materie se spedissero per venir alla riforma, replicando
le tante volte usate parole, che se non averanno sodisfazzione in Trento, la
faranno in casa loro.
Fra Alberto Duimio, vescovo di Veglia,
allegando che la materia della residenza fu discussa nel concilio sotto Paolo
III e rimessa ad altro tempo la decisione, aggionse che però sarebbe necessario
veder le raggioni allora dette da' prelati. Al presente avevano detto il suo
parer senza allegar raggioni, ma egli non giudicava dover far l'istesso, come
pretendendo per autorità e numero d'opinioni, e non per raggione. E poi si
diede a recitar tutte le raggioni per prova che sia de iure divino, et a
risolver le contrarie. Fece gran riflesso sopra il detto di Cristo, che il buon
pastore va inanzi il gregge, chiama ogni pecorella per nome, scorre per il
deserto a cercarne una perduta e mette la vita per loro. Mostrò che questo
intendeva di tutti quelli che Cristo ha instituito pastori, che sono tutti
quelli che hanno cura d'anime, li vescovi massime, come san Paolo disse e
scrisse agl'efesi. Che chiunque non si riputava per decreto di Cristo obligato
a questi ufficii, o era piú utile per li negozii de' regni e republiche,
lasciasse il carico di pastore et attendesse a quei negozii soli: che è ben
molto far bene un carico, ma doi contrarii è impossibile. Non piacque a'
cardinali per la longhezza, per esser stato il primo a disputare quella materia
con raggione, e però parlò con veemenza dalmatina, con assai de' modi di san
Gieronimo e parole tolte da quello di peso. Simoneta l'averebbe volontieri
interrotto, ma restò per l'occorrenza del vescovo di Guadice: nondimeno lo
chiamò in presenza di molti prelati e lo riprese acremente che aveva parlato
contra il papa. Il vescovo si difese umilmente e con raggioni, e pochi dí dopo,
allegando indisposizione, chiese licenzia e l'ebbe, e si partí il 21 del mese.
La controversia della residenza dopo
questo tempo mutò stato, e quelli che l'aborrivano non s'affaticavano piú a
mostrar con raggioni overo con autorità, come sin allora s'era fatto, che fosse
di legge umana, ma si diedero a spaventar quelli della contraria opinione con
dire che l'attribuirla alla divina era un diminuire l'autorità del papa: perché
ne seguirebbe che non potesse piú accrescere o diminuire, dividere overo unire,
mutar o trasferir le sedi episcopali, né lasciarle vacanti o darle in
amministrazione o commenda; che non potrebbe restringere, né meno levare
l'autorità d'assolvere; che con quella determinazione si veniva a dannar in un
tratto tutte le dispense concesse da' pontefici e levar la facoltà di concedere
all'avvenire. L'altra parte, che ben vedeva seguir per necessità quelle
consequenze, non però esser inconveniente quello che ne seguiva, anzi esser
l'istessa verità et uso legitimo della Chiesa vecchia, e che non per altro si
proponeva la decchiarazione, se non per levar quelli inconvenienti, essi
ancora, tralasciato d'usar raggioni et autorità per provarla de iure divino,
si diedero a mostrar che restituendo con quella decchiarazione la residenza,
tornerebbe in aummento della potestà ponteficia, s'accrescerebbe la riverenza
verso il clero e maggiormente verso il sommo pontefice, il quale ha perso in
tante provincie l'autorità, perché li vescovi non residendo e governando per
vicarii inetti, hanno lasciato aperta la strada alla disseminazione delle nuove
dottrine, che con tanto detrimento alla autorità ponteficia hanno preso piedi:
se li vescovi resederanno, per tutto sarà predicata l'autorità del papa, e
confermata dove ancora è riconosciuta, e restituita dove ha ricevuto qualche
crollo. Non potevano però né l'una né l'altra parte parlar in questi termini,
che la contraria non si accorgesse della dissimulazione e che l'interno
occoltato non restasse purtroppo aperto: erano tutti in maschera e tutti però
conosciuti. Ma ridotti al giorno 16 di decembre, né essendo per ancora detti li
voti dalla metà de' prelati, propose il cardinale Setipando la prorogazione
della sessione; né potendo proveder quando fossero per espedirsi, fu deliberato
che fra quindici giorni s'averebbe prefisso il termine; et ammoní il cardinale
li prelati della soverchia longhezza nel dir li voti, la qual non mirava se non
ad ostentazione, levava la reputazione del concilio et era per mandarla in
longo con grand'incommodo di tutti loro.
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