Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

IntraText CT - Lettura del testo

  • Libro settimo
    • [Il papa definisce due capi dell'instituzione della residenza]
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

[Il papa definisce due capi dell'instituzione della residenza]

Il pontefice, che era restato molto afflitto per la morte, successa in fine del mese inanzi, di Federico Borromeo, suo nipote, al quale pensava di voltar tutta la grandezza della casa, avendolo maritato in una figlia del duca d'Urbino, fattolo governator generale della Chiesa, con trattato di dargli anco il ducato di Camerino, et oppresso dalla gravezza del dolore era incorso in una indisposizione pericolosa alla sua età; recreato alquanto, applicò l'animo alle cose del concilio. Tenne diverse congregazioni per trovar temperamento sopra li doi canoni dell'instituzione e della residenza, giudicati da tutta la corte molto pericolosi all'autorità ponteficia; et a ritrovar modo come proveder alla prolissità de' prelati nel dire le opinioni, come quella che portava il concilio in longo, lasciando una porta aperta a tutti quelli che volessero entrar ad attentare contra la sua degnità. Sopra tutto gli dava molestia quello che da' francesi era dissegnato, massime che non riceveva mai lettere da Trento nelle quali non si dicesse che o il cardinale di Lorena, o alcuno degl'ambasciatori non facevano instanza di riforma, con aggionta che se non avessero potuto riportar le provisioni che ricercavano, le farebbono in casa loro, e che ben spesso facevano menzione di voler provisioni sopra le annate e prevenzioni et altre cose proprie spettanti al pontefice romano. Deliberò di venir all'aperta co' francesi, e disse a quelli che erano in Roma che, avendosi egli tante volte offerto di trattar col re di quello che toccava li suoi proprii dritti e venire ad amicabile composizione, e vedendo che i ministri del re in concilio sempre facevano menzione di volerne trattar nella sinodo, era risoluto di veder se voleva romper con lui a aperta dissensione. Diede ordine per corrier espresso in Francia al suo noncio di parlarne. A Lorena scrisse che non si potevano proponer in concilio quelle materie, senza contravenir alle promesse espresse fatte dal re per mezo di monsignor d'Auxerre. Si querelò in consistoro della impertinenza de' vescovi in Trento nell'allongar le materie per vanità. Essortò li cardinali a scriver agl'amici loro, et a' legati scrisse che adoperassero le minaccie e l'autorità, poiché le persuasioni non giovavano. Sopra gl'articoli dell'instituzione scrisse che il dire assolutamente l'instituzione de' vescovi esser de iure divino, era opinione falsa et erronea; perché la sola potestà dell'ordine era da Cristo, ma la giurisdizzione era dal romano pontefice, et in tanto si può dire da Cristo, perché la autorità ponteficia è dalla Maestà Sua e tutto quello che il papa fa, lo fa Cristo mediante lui. E scrisse per risoluzione che overo si tralasciassero assolutamente le parole de iure divino, overo si proponesse nella forma che egli mandava, nella quale si diceva Cristo aver instituito li vescovi da esser creati dal romano pontefice, con distribuzione di quale e quanta autorità pareva a lui, per beneficio della Chiesa, dargli, e con assoluta potestà di restringere et amplificare la data, secondo che da lui è giudicato. Scrisse appresso che nel particolare della residenza, essendo cosa chiara che il pontefice ha autorità di dispensare, fosse per ogni buona cautela riservata l'autorità sua nel decreto, nel quale non si poteva metter de iure divino, come aveva ben provato il Catarino, dal parer del quale, come catolico, non si dovessero partire. E quanto al tener la sessione, scrisse confusamente che non fosse differita oltre li 15 giorni e che non si celebrasse senza aver le materie in ordine, acciò non fosse presa occasione da' maligni di cavillare.

Per Trento passò una solenne ambasciaria del duca di Baviera, inviata a Roma per ottener dal papa la communione del calice. Ebbe audienza da' legati e trattò in secreto col cardinale di Lorena. Fu causa di rinovar la controversia già sopita in quella materia, essendo li spagnuoli e molti degl'italiani (se ben per voti della maggior parte s'era rimessa la causa al papa) di parere che fosse pregiudicio al concilio, se, durante esso, quell'uso s'introducesse. Si posero anco tutti li padri in moto per esser da Roma gionte lettere a diversi prelati che s'averebbe sospeso il concilio; la qual fama fu anco confermata da don Gioanni Manriques, che per Trento passò da Germania a Roma. Ma li legati, ricevute le lettere del pontefice, giudicarono impossibile esseguir gl'ordini da Roma venuti, e che fosse di bisogno dar al pontefice informazione piú minuta delle cose occorrenti, di quella che si poteva dar per lettere, e far capace il papa che non si può governar il concilio come a Roma si pensa, et aver instruzzione da Sua Santità piú chiara di quanto dovevano operare. Et essendo bisogno di persona di buono giudicio, ben informata et a che doveva il papa aver credito, non trovarono migliore del vescovo di Vintimiglia, il qual deliberarono d'ispedire in diligenza. Le feste del Natale instante furono di opportuna commodità per far prima caminar lentamente, poi per intermetter le congregazioni, e con aggio attender a quell'espedizione, che fu il 26 del mese di decembre.

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License