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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro settimo
    • [Sospetti del papa contra Cesare, e suoi provedimenti]
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[Sospetti del papa contra Cesare, e suoi provedimenti]

Il pontefice, in quei giorni, pieno di sospetto per l'andata in Ispruc ch'aveva publicato l'imperatore, giudicando che non si movesse senza gran dissegni e senza certezza d'effettuargli, e però credendo che avesse secreta intelligenza con Francia e Spagna, della quale niente penetrando, non poteva far giudicio se non che fosse macchinazione contra lui, andava pensando di trasferirsi esso ancora a Bologna, e di mandar 8 o 10 cardinali a Trento, di ristringersi maggiormente co' prencipi italiani e di confermar bene li prelati suoi amorevoli in concilio, mentre trovava qualche occasione che si dissolvesse o sospendesse; e per impedir la trattazione in Trento di riformar la sua corte, in quei giorni s'adoperò assai in questo. Riformò la rota, publicando un breve dato sotto il 27 decembre, con ordinazione che nissun auditore possi venir alla definitiva, se ben in causa chiara, non fatta la proposizione a tutto 'l collegio, eccetto se intervenisse il consenso delle parti; che le sentenzie pronunziate ut in schedula siano prodotte tra 15 giorni; che le cause degl'auditori o loro consanguinei e parenti sino al secondo grado o famigliari non siano conosciute in ruota; che non constringano le parti a ricever avvocato; che non si faccia decisione contra le stampate, se non con 2 terzi de' voti; che siano tenuti a rimetter qualonque causa dove si scuopra sospezzione di delitto. Fece nella medesima bolla una tassa della moderazione delle sportule. Riformò ancora con altre bolle publicate il primo di genaro seguente la segnatura di giustizia, li tribunali di Roma, l'ufficio dell'avvocato fiscale, ordinando le sportule che dovessero avere. Ma tanto fu lontano che per queste provisioni cessassero le consuete estorsioni, che anzi dalle transgressioni di questi nuovi ordini s'imparò a violar anco li vecchi che erano in qualche uso.

I corteggiani romani, riputando che i catolici in Francia avessero avuto intiera vittoria e che li protestanti fossero afatto annichilati, erano allegri, credendo che essendosi ottenuto con le armi quello che s'aspettava dal concilio, quanto alla Francia, non dovendo aver piú risguardo alla Germania che gl'aveva protestato contra, cessassero totalmente le cause di far concilio e si potesse sospenderlo o differirlo, e liberar loro dal travaglio che ogni settimana sentivano crescer per le novità che da Trento avvenivano. Il pontefice non vi fece gran capitale sopra, perché, ben avisato che le forze de' catolici non erano accresciute, né quelle de' ugonotti diminuite e che quella giornata darebbe occasione ad ambe le parti di trattar di pace, che non poteva esser senza pregiudicio suo e senza dar materia in Trento a maggior novità, restava con maggior timore e molestia che prima. Con questo stato di cose finí l'anno 1562, avendosi in Trento tenuta congregazione il 30 del mese, dove fu deliberato di prolongar e statuir il giorno della sessione per altri 15 giorni.

 

 




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