[Il papa si sdegna per gli articoli de'
francesi e manda le censure d'essi a Trento]
Non cosí tosto fu il corrier spedito per
Trento con queste lettere, che arrivò Viterbo con la riforma de' francesi e
fece rincrudir la piaga della molestia. Sentí il papa a legger quella riforma
la prima volta con estrema impazienza e proruppe a dire che il fine di quella
era per levar la dataria, la rota, le segnature e finalmente tutta l'autorità
apostolica; poi, raserenato alquanto per l'esposizione del vescovo che gli dava
speranza che Sua Santità averebbe potuto qualche cosa divertire e qualche altre
moderare, concedendone alcune, gl'espose l'instruzzione di Lorena; la qual era
che li prencipi dimandano molte cose per ottener quelle che premono, le quali
non sono le importanti a' rispetti della Sede apostolica, come la communione
del calice, l'uso della lengua volgare, il matrimonio de' preti. Se di quelle
Sua Santità si contentasse sodisfargli, trovarebbe breve et ispedita via d'aver
onor del concilio e venir al fine desiderato. Gli narrò molti di quei articoli
non esser ben sentiti dagl'istessi vescovi francesi, che si preparavano di
mettervi impedimenti. Queste cose udite, ordinò il papa che gl'articoli fossero
discussi in congregazione, nella quale introdusse et il Viterbo et il
Vintimiglia, acciò instruissero a pieno delle occorrenze. Nella congregazione
fu deliberato che si facesse scriver da teologi e canonisti sopra quelle
proposte et ogn'uno mettesse in carta il suo parer, e per far qualche
diversione dalla parte di Francia ordinò il papa al cardinale di Ferrara che
rilasciasse al re li 40000 scudi senza altra condizione; che gl'esponesse esser
le proposte degl'ambasciatori suoi in Trento in molte parti utili per riforma
della Chiesa, le quali desiderava vedere non solo decretate, ma mandate anco in
essecuzione; però non le approvava tutte, essendone alcune con diminuzione
dell'autorità regia, che resterà privata del conferir le abbazie, il che al re
è un grand'aiuto per premiar li buoni servitori; che li re antichi, avendo
vescovi troppo potenti per la grand'autorità, e contumaci alla potestà regia,
ricercarono li pontefici romani di moderarla, et ora per quelle proposizioni
gl'ambasciatori suoi restituivano a' vescovi la licenza che da' precessori di
Sua Maestà prudentissimamente fu procurato di metter sotto maggior regola.
Quanto alla autorità ponteficia, che non si poteva levargli quella che da
Cristo gl'era data, dal qual san Pietro et i successori furono fatti pastori
della Chiesa universale et amministratori di tutti li beni ecclesiastici; che
levando le pensioni, se gli leva la facoltà di far limosine, che è uno de'
carichi principali che il papa ha per tutto 'l mondo; che per grazia era
communicata a' vescovi, come ordinarii, facoltà di conferire alcuni beneficii,
la qual non era giusto estendersi tanto che si pregiudicasse all'universale
ordinaria che il papa ha per tutto; che sí come le decime sono debite alla
Chiesa de iure divino, cosí la decima delle decime si debbe da tutte le
chiese al sommo sacerdote; che per maggior commodità quella è stata commutata
in annate; che se quelle portano incommodo al regno di Francia, non ricusava di
trovarvi temperamento, purché alla Sede apostolica fosse in modo conveniente
servato il suo dritto: ma, come piú volte aveva fatto intendere, questo non si
poteva trattar con altro che con lui, né il concilio poteva mettergli mano.
Commise in fine al cardinale che poste tutte queste cose in considerazione al
re, l'essortasse a dar nuovi ordini agl'ambasciatori suoi.
Mandò anco il papa a Trento le censure
sopra quei capitoli, fatte da diversi cardinali, prelati, teologi e canonisti
di Roma, ordinando che si differisse a parlar di quella materia quanto piú si
poteva; che l'articolo della residenza e gl'abusi spettanti al sacramento
dell'ordine averiano dato trattenimento per molti giorni, e quando vi fosse
stata necessità di proponer quei articoli, incomminciassero da' meno
pregiudiciali, che appartengono a' costumi e dottrina, differendo parlar de'
riti e della materia beneficiale; e pur costretti a parlar sopra di questi
ancora, communicate le obiezzioni co' prelati amorevoli, gli mettessero in
discussione e controversia, e fra questo tempo egli gl'averebbe ordinato quel
di piú che avesse deliberato: tanto scrisse a' legati.
Poi, in fine del mese, in consistoro
espose come li maggior prencipi del cristianesmo dimandavano riforma, che non
poteva esser negata né con vere raggioni, né con pretesti; però era risoluto,
per dar buon essempio e non mancar del suo debito, incomminciar da se medesimo,
provedendo agl'abusi della dataria, levando le coadiutorie, li regressi e le
renoncie a favore, e che dovessero li cardinali non solo con loro voto
acconsentirvi, ma anco farlo noto a tutti. Da molti fu commendata assolutamente
la buona intenzione di Sua Santità, da altri fu considerato che quegl'usi erano
introdotti per levar abusi maggiori di manifeste simonie e patti illeciti, e
che conveniva aver prima buon avvertimento che, levando questi tolerabili,
quali finalmente non sono se non contra leggi umane, non si aprisse la porta al
ritorno di quelli che sono contra le leggi divine. Il cardinale di Trento
particolarmente disse che sarebbe stato di gran pregiudicio levar le
coadiutorie in Germania, perché, essendo congionti quei vescovati con li
principati, quando non avessero potuto ottener coadiutorie di tutti doi
insieme, averebbono introdotto il farlo nel principato solamente, e cosí
s'averebbe diviso il temporale dallo spirituale, con total esterminio della
Chiesa. Il cardinale Navaggiero contradisse al far differente la Germania,
dicendo che i tedeschi, essendo stati li primi a dimandar riforma, dovevano
esservi compresi. Narrò poi il pontefice quanti tentativi erano proposti in
concilio contra li privilegii della Chiesa romana, parlò delle annate, delle
riservazioni e delle prevenzioni; disse che erano sussidii necessarii per
mantenimento del papa e del collegio de' cardinali, de' quali sí come essi
participavano, cosí era giusto che s'adoperassero in mantenergli, e che voleva
mandar un numero di loro a Trento per defendergli.
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