Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

IntraText CT - Lettura del testo

  • Libro settimo
    • [Lettera del re di Francia, che chiede riforma. Lorena va a Cesare]
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

[Lettera del re di Francia, che chiede riforma. Lorena va a Cesare]

Il 11 febraro in congregazione presentarono li francesi una lettera del re loro de 18 genaro, nella quale diceva che, se ben era certo essere stata data parte alla sinodo dal cardinal di Lorena della felice vittoria contra gl'inimici della religione, all'audacia de' quali egli era sempre fatto e fa alla giornata opposizione, senza rispetto di difficoltà o pericoli, esponendo anco la vita sua propria, come convien ad un figlio primogenito della Chiesa e Cristianissimo, con tutto ciò voleva anco egli medesimo dar loro parte della stessa allegrezza, e sapendo che li rimedii salutari per i mali che affligono le provincie cristiane sono sempre stati ricchiesti da' concilii, gli pregava per amor di Cristo d'una emmendazione e riformazione conveniente all'espettazione che il mondo ha concetto di loro; e come egli e tanti uomini singolari con lui hanno consecrato la vita e sangue a Dio in quelle guerre, cosí essi per il carico loro vogliano con sincerità di conscienza attender al negozio per il quale sono congregati. Le qual lettere lette, l'ambasciatore Ferrier parlò a' padri in questa sostanza: che avendo essi inteso dalle lettere del re e, per l'inanzi, dalle orazione del cardinale di Lorena e vescovo di Metz la desolazione di Francia et alcune vittorie del re, non voleva replicarle, ma gli bastava dir che l'ultima vittoria, attese le forze dell'inimico, fu miracolosa, e di ciò esserne indizio che l'inimico vinto vive e trascorre danneggiando per le viscere di Francia. Ma voleva voltar il parlar a loro, unico rifugio delle miserie, senza quali la Francia non poteva conservar le tavole del naufragio. Diede l'essempio dell'essercito israelitico, che non bastò vincere Amalec, se le mani da Moisè a Dio elevate e sostentate da Aron et Ur, non avessero aiutato li combattenti. Che al re di Francia non mancano forze, un magnanimo capitano, il duca di Ghisa, la regina madre per maneggiar il negozio della guerra e pace; ma non vi è altro Aron et Ur che essi padri per sostentar le mani del re Cristianissimo co' decreti sinodali, senza quali gl'inimici non si reconcilieranno, né li catolici si conserveranno nella fede; non esser l'umore de' cristiani quello che già inanzi 50 anni fu: ora tutti li catolici esser come i samaritani, che non credettero alla donna le cose che di Cristo narrò, se non avendone fatto inquisizione et inteso per propria cognizione; che buona parte del cristianesmo studia le Scritture; che a questo guardando il re Cristianissimo non aveva dato agl'ambasciatori suoi altre instruzzioni se non conformi a quelle, et essi ambasciatori le hanno presentate a' legati, li quali presto le proponeranno ad essi padri, come hanno promesso, a' quali il Cristianissimo principalmente le manda, aspettandone il loro giudicio. Che la Francia non dimanda cosa singolare, ma commune con la Chiesa catolica; che se alcuno si maraviglierà nelle proposte loro esser state tralasciate le cose piú necessarie, tenga per fermo che s'è incomminciato dalle piú leggieri per proponer le piú gravi a suo tempo et alle leggieri dar facile essecuzione; la quale se essi padri non incommincieranno inanzi il partire di Trento, grideranno li catolici, rideranno gl'avversarii, diranno non mancar scienza a' padri tridentini, ma volontà d'operare, aver statuito buone leggi, senza toccarle pur con un dito, ma lasciandone l'osservanza a' posteri. E se alcuno nelle dimande essibite reputa che vi sia cosa conforme a' libri degl'avversarii, gli giudica indegni di risposta; et a quelli che le tengono per immoderate, altro non vuol dire se non quello di Cicerone: esser un'assordità desiderar temperanza di mediocrità in cosa ottima, tanto migliore, quanto maggiore; e che lo Spirito Santo disse a' tepidi moderatori di dovergli reiettar fuori del corpo; considerassero li padri il giovamento ch'ebbe la Chiesa per l'emendazione moderata del concilio di Costanza e nel seguente, che non voleva nominar per non offender le orecchie d'alcuno, e parimente ne' concilii di Ferrara, Fiorenza, laterano e tridentino primo, e quanti generi d'uomini, quante provincie, regni e nazioni dopo quelli si sono partiti dalla Chiesa. Voltò il parlar a' padri italiani e spagnuoli, dicendo che una seria emenda della disciplina ecclesiastica era di loro maggior interresse che del vescovo di Roma, pontefice massimo, sommo vicario di Cristo, successor di Pietro, che ha suprema potestà nella Chiesa di Dio. Trattarsi ora della vita e dell'onor loro; perilché non voleva estendersi piú longamente.

Al contenuto delle lettere del re et all'orazione dell'ambasciator fu risposto con lode di quella Maestà per le cose pienamente e generosamente operate, e con un'essortazione come se fosse presente ad imitare i suoi maggiori, voltando tutti li suoi pensieri alla difesa della Sede apostolica e conservazione della fede antica, e prestar orecchie [a quelli] che predicano la fermezza del regno di Dio, e non a chi mette inanzi l'utilità presente et un'imaginaria tranquillità e pace, che non sarà vera pace; aggiongendo che il re cosí farà con l'aiuto divino, e per la bontà della sua natura e per i consegli della regina madre e della nobiltà francese. Ma la sinodo metterà ogni studio per definir le cose necessarie alla emendazione della Chiesa universale, et ancora quelle che toccano li commodi et interessi della particolare del regno di Francia. In fine della congregazione propose il cardinale di Mantova che per breve ispedizione le congregazioni de' teologi si tenessero due volte al giorno, e fossero deputati prelati per propor la correzione degl'abusi nella materia dell'ordine: e cosí fu decretato.

Penetrò nell'animo de' ponteficii il parlar dell'ambasciator come pongente, ma in particolare in quello che disse gl'articoli esser inviati principalmente alla sinodo, come parole contrarie al decreto che li soli legati potessero propor: il quale stimavano principal arcano per conservar l'autorità ponteficia. Ma piú si mossero per quello che disse d'aver differito la proposizione delle cose piú importanti in altro tempo: perché da questo si cavavano gran consequenze, e massime quello di che avevano sempre temuto, cioè che ' francesi non avessero ancora scoperto li loro dissegni e machinassero qualche grand'impresa. L'aver anco interpellato li padri italiani e spagnuoli come altrimente interessati che il papa era stimato modo di trattar sedizioso. L'ambasciator Ferrier diede fuori copia dell'orazione da lui fatta e per quelle parole dove, nominando il papa, di lui disse: «il quale ha suprema potestà nella Chiesa di Dio», notarono alcuni prelati ponteficii che nel recitarla avesse detto: «il qual ha piena potestà nella Chiesa universale», tirando a favor della loro opinione quelle parole e disputando tanto esser: aver piena potestà nella Chiesa universale, quanto: regger la Chiesa universale, che li francesi aborrivano tanto nel decreto dell'instituzione: ma esso e li francesi affermavano lui aver prononciato come nella scritta si conteneva.

Partí Lorena il seguente per Ispruc per visitar l'imperatore et il re de' Romani, con 9 prelati e 4 teologi, tenuti li piú dotti. Ebbe prima promessa da' legati che, mentre stava assente, non s'averebbe trattato l'articolo del matrimonio de' preti, il che egli cercò instantemente, acciò non fosse deliberata o preconcepita qualche cosa contraria alla commissione che egli aveva dal re d'ottener dal concilio dispensa che il cardinale di Borbone potesse maritarsi. Partí ancora per Roma il cardinale Altemps ricchiamato dal pontefice per valersi di lui in maneggiar una condotta de soldati, che dissegnava fare per sua sicurezza; perché avendo inteso farsi genti in Germania da' duchi di Sassonia e Vittemberg e dal lantgravio d'Assia, quantonque fosse tenuto da tutti che fosse per soccorrer gl'ugonotti di Francia, nondimeno, considerato che il conte di Luna aveva scritto esser gran desiderio ne' tedeschi d'invader Roma e che si raccordavano del sacco di già trentasei anni, giudicava che non fosse prudenza il lasciarsi sopraprendere sprovistamente; anzi, per questa medesima causa fece rinovar con tutti li prencipi italiani il negozio di collegarsi insieme alla difesa della religione.

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2008. Content in this page is licensed under a Creative Commons License