[Comendone ritorna da Cesare senza
effetto. Disegni di Cesare intorno al concilio]
Ritornò in questo tempo Comendon
dall'imperatore, la negoziazione del quale non ebbe il fine che li legati desideravano;
imperoché Cesare, udite le proposizioni sue, rispose che vi era bisogno di
tempo per pensar sopra le cose proposte per la loro importanza, e ci averrebbe
avuto considerazione e dato la risposta al concilio per un suo ambasciatore; di
che egli ne diede conto per lettere immediate, aggiongendo che aveva trovato
l'imperatore addolorato e mal impresso delle azzioni conciliari. Ma allora,
ritornato, aggionse di piú che, dalle parole di quella Maestà e da quello che
aveva inteso de' suoi conseglieri et osservato da' loro andamenti, gl'era parso
conoscer che Sua Maestà era cosí ferma in quella sinistra impressione, che
dubitava non segua qualche disordine. Che da quanto poteva comprendere, li
pensieri di Sua Maestà erano indrizzati a fine d'ottener che si facesse una
gran riforma, con tal provisione che si avesse da osservare, e che poteva
affermare certo non esser di piacer dell'imperatore che si finisca il concilio.
Aver inteso che, essendo trascorso il noncio Delfino residente a nominar
sospensione o traslazione, l'imperatore mostrò dispiacere. Riferí appresso
esser opinione della corte cesarea che il Catolico s'intendesse con
l'imperatore in quello che tocca al concilio. Il che da lui era creduto, per
essersi certificato che da' prelati spagnuoli erano state scritte lettere
all'imperatore con querele del proceder degl'italiani e con molti capi di
riforma: non essendo verisimile che essi avessero ardito di trattar
coll'imperatore, se non sapessero la mente del loro re. Disse ancora che il
conte di Luna, quando da' ministri del pontefice gl'è stato detto della troppo
licenza presa da' prelati spagnuoli in parlar liberamente, egli rispondesse,
interrogando che cosa s'averebbe potuto far se quei prelati avessero detto che
cosí sentivano in loro conscienza. Disse di piú il Comendone che,
nell'abboccamento che farà col cardinale di Lorena, era d'opinione che fossero
per concludere di far proponer dagl'ambasciatori le loro petizioni. Raccontò
ancora che quella Maestà faceva consultar da teologi le sue petizioni et altre
cose spettanti al concilio; che se ben egli et il noncio Delfino avevano usata
molta diligenza, non avevano però potuto penetrar li particolari.
Non passò però molto tempo che quelle
ancora vennero a notizia. Imperoché scrisse il giesuita Canisio al general
Lainez che l'imperatore era mal animato verso le cose del concilio e che faceva
consultar molti ponti, per esser risoluto come procedere, quando il papa
perseveri in non voler che si proponga riforma overo in dar parole sole,
contrarie a' fatti. Fra' quali un era: qual sia l'autorità imperiale nel
concilio; che della consulta era principale Federico Staffilo, confessor della
regina di Boemia. Ricercò Canisio che gli fosse mandato uno della società, che
l'averebbe introdotto in quella consulta e con quel mezo s'averebbe scoperto
ogni trattazione; onde, discorso col cardinale Simoneta, risolverono di mandar
il padre [Gieronimo] Natale, dal quale furono le cose intieramente scoperte.
Et erano gl'articoli posti in consulta 17,
e furono questi:
1 Se il concilio generale, legitimamente
congregato col favor de' prencipi, nel progresso possi mutar l'ordine che il
papa ha determinato che si osservi nel trattar le materie, overo introdurne
altro modo.
2 Se sia utile alla Chiesa che il concilio
debbia trattar e determinar le cose, sí come è indrizzato dal papa o dalla
corte di Roma, sí che non possi né debbia far altrimenti.
3 Se morendo il papa in tempo che il
concilio sia aperto, l'elezzione s'aspetti a' padri del concilio.
4 Qual sia la potestà di Cesare, vacante
la Sede romana et aperto il concilio.
5 Se trattandosi delle cose spettanti alla
pace e tranquillità della republica cristiana, dovessero gli ambasciatori de'
prencipi aver voto decisivo, se ben non l'hanno trattandosi de' dogmi della
fede.
6 Se li prencipi possono rivocare li suoi
oratori e prelati dal concilio senza participazione de' legati.
7 Se il papa possi disciogliere o
sospendere il concilio senza la participazione de' prencipi cristiani, e
massime della Maestà cesarea.
8 Se sia opportuno che li prencipi
s'intromettessero per operare che nel concilio siano trattate le cose piú
necessarie et ispedienti.
9 Se gl'oratori de' prencipi possino per
loro medesimi esponer a' padri quelle cose che li loro prencipi commettono che
siano esposte.
10 Se si può trovar modo che li padri,
cosí mandati dal papa, come da' prencipi, siano liberi nel dire li loro voti in
concilio.
11 Che cosa si possi far acciò il papa e
la corte romana non s'intromettino, ordinando quello che s'ha da trattare in
concilio, acciò la libertà de' padri non sia impedita.
12 Se si può trovar modo che non sia fatta
fraude o violenza o estorsione nel prononciar le sentenze de' padri.
13 Se si può trattar cosa alcuna, sia dogma
o cosa spettante alla riforma della Chiesa, che non sia prima discussa da'
periti.
14 Che rimedio si potrebbe trovar, quando
li prelati italiani continuassero nell'ostinazione di non lasciar risolvere le
cose.
15 Che rimedio si potrà trovar, acciò li
prelati italiani non facciano conspirazione insieme, occorrendo parlar
dell'autorità del papa.
16 Come si possino rimover le prattiche
per venir ad una determinazione dell'articolo della residenza.
17 Se è cosa condecente che la Maestà
cesarea intervenga personalmente in concilio.
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