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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro settimo
    • [Comendone ritorna da Cesare senza effetto. Disegni di Cesare intorno al concilio]
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[Comendone ritorna da Cesare senza effetto. Disegni di Cesare intorno al concilio]

Ritornò in questo tempo Comendon dall'imperatore, la negoziazione del quale non ebbe il fine che li legati desideravano; imperoché Cesare, udite le proposizioni sue, rispose che vi era bisogno di tempo per pensar sopra le cose proposte per la loro importanza, e ci averrebbe avuto considerazione e dato la risposta al concilio per un suo ambasciatore; di che egli ne diede conto per lettere immediate, aggiongendo che aveva trovato l'imperatore addolorato e mal impresso delle azzioni conciliari. Ma allora, ritornato, aggionse di piú che, dalle parole di quella Maestà e da quello che aveva inteso de' suoi conseglieri et osservato da' loro andamenti, gl'era parso conoscer che Sua Maestà era cosí ferma in quella sinistra impressione, che dubitava non segua qualche disordine. Che da quanto poteva comprendere, li pensieri di Sua Maestà erano indrizzati a fine d'ottener che si facesse una gran riforma, con tal provisione che si avesse da osservare, e che poteva affermare certo non esser di piacer dell'imperatore che si finisca il concilio. Aver inteso che, essendo trascorso il noncio Delfino residente a nominar sospensione o traslazione, l'imperatore mostrò dispiacere. Riferí appresso esser opinione della corte cesarea che il Catolico s'intendesse con l'imperatore in quello che tocca al concilio. Il che da lui era creduto, per essersi certificato che da' prelati spagnuoli erano state scritte lettere all'imperatore con querele del proceder degl'italiani e con molti capi di riforma: non essendo verisimile che essi avessero ardito di trattar coll'imperatore, se non sapessero la mente del loro re. Disse ancora che il conte di Luna, quando da' ministri del pontefice gl'è stato detto della troppo licenza presa da' prelati spagnuoli in parlar liberamente, egli rispondesse, interrogando che cosa s'averebbe potuto far se quei prelati avessero detto che cosí sentivano in loro conscienza. Disse di piú il Comendone che, nell'abboccamento che farà col cardinale di Lorena, era d'opinione che fossero per concludere di far proponer dagl'ambasciatori le loro petizioni. Raccontò ancora che quella Maestà faceva consultar da teologi le sue petizioni et altre cose spettanti al concilio; che se ben egli et il noncio Delfino avevano usata molta diligenza, non avevano però potuto penetrar li particolari.

Non passò però molto tempo che quelle ancora vennero a notizia. Imperoché scrisse il giesuita Canisio al general Lainez che l'imperatore era mal animato verso le cose del concilio e che faceva consultar molti ponti, per esser risoluto come procedere, quando il papa perseveri in non voler che si proponga riforma overo in dar parole sole, contrarie a' fatti. Fra' quali un era: qual sia l'autorità imperiale nel concilio; che della consulta era principale Federico Staffilo, confessor della regina di Boemia. Ricercò Canisio che gli fosse mandato uno della società, che l'averebbe introdotto in quella consulta e con quel mezo s'averebbe scoperto ogni trattazione; onde, discorso col cardinale Simoneta, risolverono di mandar il padre [Gieronimo] Natale, dal quale furono le cose intieramente scoperte.

Et erano gl'articoli posti in consulta 17, e furono questi:

1 Se il concilio generale, legitimamente congregato col favor de' prencipi, nel progresso possi mutar l'ordine che il papa ha determinato che si osservi nel trattar le materie, overo introdurne altro modo.

2 Se sia utile alla Chiesa che il concilio debbia trattar e determinar le cose, come è indrizzato dal papa o dalla corte di Roma, che non possidebbia far altrimenti.

3 Se morendo il papa in tempo che il concilio sia aperto, l'elezzione s'aspetti a' padri del concilio.

4 Qual sia la potestà di Cesare, vacante la Sede romana et aperto il concilio.

5 Se trattandosi delle cose spettanti alla pace e tranquillità della republica cristiana, dovessero gli ambasciatori de' prencipi aver voto decisivo, se ben non l'hanno trattandosi de' dogmi della fede.

6 Se li prencipi possono rivocare li suoi oratori e prelati dal concilio senza participazione de' legati.

7 Se il papa possi disciogliere o sospendere il concilio senza la participazione de' prencipi cristiani, e massime della Maestà cesarea.

8 Se sia opportuno che li prencipi s'intromettessero per operare che nel concilio siano trattate le cose piú necessarie et ispedienti.

9 Se gl'oratori de' prencipi possino per loro medesimi esponer a' padri quelle cose che li loro prencipi commettono che siano esposte.

10 Se si può trovar modo che li padri, cosí mandati dal papa, come da' prencipi, siano liberi nel dire li loro voti in concilio.

11 Che cosa si possi far acciò il papa e la corte romana non s'intromettino, ordinando quello che s'ha da trattare in concilio, acciò la libertà de' padri non sia impedita.

12 Se si può trovar modo che non sia fatta fraude o violenza o estorsione nel prononciar le sentenze de' padri.

13 Se si può trattar cosa alcuna, sia dogma o cosa spettante alla riforma della Chiesa, che non sia prima discussa da' periti.

14 Che rimedio si potrebbe trovar, quando li prelati italiani continuassero nell'ostinazione di non lasciar risolvere le cose.

15 Che rimedio si potrà trovar, acciò li prelati italiani non facciano conspirazione insieme, occorrendo parlar dell'autorità del papa.

16 Come si possino rimover le prattiche per venir ad una determinazione dell'articolo della residenza.

17 Se è cosa condecente che la Maestà cesarea intervenga personalmente in concilio.

 

 




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