[Contrarietà nelle dispense papali]
Ma nelle congregazioni, l'ultimo che parlò
nella seconda classe fu fra Adriano dominicano, il quale toccata
leggierissimamente la materia, tutto s'estese in parlar delle dispense e
defender con forme e termini teologici le cose dal dottor Cornisio toccate,
delle quali si parlava con qualche scandalo. Disse che l'autorità di dispensare
nelle leggi umane era nel papa assoluta et illimitata, essendo egli superior a
tutte; e però quando ben senza causa alcuna dispensasse, conveniva tener la
dispensa per valida; ma che nelle leggi divine aveva parimente l'autorità di
dispensare, con causa legitima però. Allegò san Paolo, che disse li ministri di
Cristo esser dispensatori de' misterii di Dio, e che ad esso apostolo era stata
commessa la dispensa dell'Evangelio. Soggionse che, se ben la dispensa del
pontefice sopra la legge divina senza causa è invalida, nondimeno quando il
papa per qual si voglia causa dispensa, ogni uno debbe cattivar la mente sua e
creder che quella causa sia legitima e che il metterlo in dubio è una temerità.
Discorse poi delle cause della dispensa, le quali ridusse alla publica utilità
et alla carità verso li privati. Fu questo raggionamento occasione a' francesi
di parlar della medesima materia con mala sodisfazzione de' ponteficii.
Finita la seconda classe, per servar la
promessa fatta a Lorena di non trattar in sua assenza del matrimonio de' preti,
mutato l'ordine, si parlò sopra la quarta. Gioanni Verdun, trattando l'articolo
7 de' gradi d'affinità e consanguinità, passò esso ancora immediate alle
dispense, e parve che non avesse altra mira che de contradire a fra Adriano;
attese a debilitar la potestà del pontefice. Prima dicchiarò li luoghi di san
Paolo, che li ministri di Cristo sono dispensatori de' misterii di Dio e
dell'Evangelio, dicendo che era glosa contraria al testo l'introdurre in quel
luogo dispensa, cioè disobligazione dell'osservar la legge, ma che altro non
significava se non un'annonciar, publicar o dicchiarar i misterii divini, e la
parola di Dio, che è perpetua e resta inviolabile in eterno. Concesse che nelle
leggi umane cadeva la dispensa per l'imperfezzione del legislatore, il qual non
può preveder tutti li casi, e facendo la legge universale, per le occorrenze
che portano le eccezzioni, ha bisogno di riservare a chi governa la republica
una autorità di proveder a' casi particolari. Ma dove Dio è legislatore, al
quale nissuna cosa è occolta e nissun accidente può avvenire non preveduto, la
legge non può aver eccezzione, però la legge divina naturale non si ha da distinguere
in legge scritta, la qual per il rigore in alcuni casi debbia esser
interpretata et indolcita, ma essa medesima è la equità. Nelle leggi umane,
dove alcuni casi, per li particolari accidenti, se fossero stati preveduti dal
legislatore, non sarebbono compresi nella legge, nasce la dispensa; non che il
dispensatore possi in caso alcuno liberar quello che è obligato, né meno se
alcun merita la dispensa, et egli la neghi, colui però resta sotto l'obligo;
esser un'opinione perversa persuasa al mondo che il dispensare sia far una
grazia; la dispensa è cosí ben giustizia come qualonque altra distributiva; che
pecca il prelato che non la dà a chi si debbe; et in somma disse: quando una
dispensa è ricchiesta, o siamo in caso che, se fosse stato previsto quando la
legge si fece, sarebbe stato eccettuato, e qui vi è obligo di dispensare,
eziandio non volendo, o siamo in caso che, preveduto, sarebbe stato compreso, e
qui non si estende potestà dispensatoria. Soggionse l'adulazione, l'ambizione e
l'avarizia aver persuaso che il dispensare sia far grazia, come farebbe un
patrone a' servi overo uno che doni il suo. Il papa non è un patrone e la
Chiesa serva, ma egli è servo di quello che è sposo della Chiesa e preposto da
lui sopra la famiglia cristiana, per dar, come dice l'Evangelio, a ciascuno la
propria misura, cioè quello che gl'è debito. E replicò finalmente non esser
altro la dispensa ch'una dicchiarazione o interpretazione della legge, et il
pontefice col suo dispensare non poter disobligar alcun obligato, ma dicchiarar
solamente al non obligato che egli è essente dalla legge.
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