[Esamine e condanna del quinto e sesto
articolo del celibato, che rimette su le dispense]
Il giorno 4 di marzo si diede principio di
parlar sopra la terza classe, e quanto al quinto articolo tutti furono conformi
che fosse eretico e dannabile; del sesto parimente non vi fu differenza: tutti
convennero che fosse eresia. Vi fu disparere, perché una parte diceva che,
quantonque tra la Chiesa orientale et occidentale vi fosse differenza, perché
questa non ammetteva al sacerdozio, né agl'ordini sacri, se non persone
continenti, e quella anco ammetteva li maritati, nondimeno nissuna Chiesa mai
concesse che i sacerdoti si potessero maritare, e che questo s'ha per
tradizione apostolica e non per raggion del voto, né per alcuna constituzione
ecclesiastica, e però che conveniva dannar per eretici assolutamente tutti
quelli che dicevano esser lecito a' sacerdoti maritarsi, senza restringersi
agl'occidentali e senza far menzione né di voto, né di legge nella Chiesa, e
questi non concedevano che si potesse per causa alcuna dispensare li sacerdoti
al matrimonio; altri dicendo che il matrimonio era vietato a due sorti di
persone e per due diverse cause: a' chierici secolari per l'ordine sacro, per
legge ecclesiastica; et a' regolari per il voto solenne; che la proibizione del
matrimonio per constituzion della Chiesa può esser dal pontefice levata, e
restando ancora quella in piedi, il pontefice può dispensarlo. Allegavano gl'essempii
de' dispensati e l'uso dell'antichità che, se un sacerdote si maritava, non
separavano il matrimonio, ma solo lo rimovevano dal ministerio; il che fu
continuamente osservato sino al tempo d'Innocenzo II, quale, primo di tutti li
pontefici, ordinò che quel matrimonio s'avesse per nullo. Ma per quel che tocca
gl'obligati alla continenza per voto solenne, essendo questo de iure divino,
dicevano non poter il pontefice dispensarvi. Allegavano in ciò il luogo
d'Innocenzo III, il quale affermò che l'osservazione della castità e
l'abdicazione della proprietà sono cosí aderenti agl'ossi de' monachi, che
manco il sommo pontefice può dispensarci; soggiongendo appresso l'opinione di
san Tomaso e d'altri dottori, li quali asseriscono che il voto solenne è una consecrazione
dell'uomo a Dio, e non potendo alcun fare che la cosa consecrata possi ritornar
agl'usi umani, non può parimente fare che il monaco possi ritornar all'uso del
matrimonio, e che tutti li scrittori catolici condannano d'eresia Lutero e li
seguaci, per aver detto che il monacato è invenzione umana, et asseriscono che
sia di tradizione apostolica, a che diametralmente ripugna il dire che il
pontefice possi dispensare.
Altri defendevano che anco con questi
poteva il pontefice dispensare, e si maravegliavano di quelli che, concedendo
la dispensa de' voti semplici, negavano quella de' solenni, quasi che non fosse
chiarissimo per la determinazione di Bonifacio VIII che ogni solennità è de
iure positivo, valendosi a punto del medesimo essempio delle cose
consecrate per provar la loro sentenza; perché, sí come non si può far che una
cosa consecrata, rimanendo consecrata, sia adoperata ad usi umani, ma ben si
può levar la consecrazione e farla profana, onde lecitamente torni ad ogni uso
promiscuo, cosí l'uomo consecrato a Dio per il monacato, restando consecrato,
non può applicarsi al matrimonio, ma levatogli il monacato e la consecrazione
che nasce dalla solennità del voto, la qual è de iure positivo, niente
osta che non possi usar la vita commune degl'uomini. Adducevano luoghi di
sant'Agostino, da' quali manifestamente appare che nel suo tempo qualche monaco
si maritava. E se ben era stimato che facendolo peccasse, nondimeno il
matrimonio era legitimo, e sant'Agostino riprende quelli che lo separavano.
Si trascorse a parlar se fosse ben in
questi tempi dispensare overo levar il precetto della continenza a' sacerdoti;
e questo perché il duca di Baviera, avendo mandato a Roma per ricercar dal
pontefice la communione del calice, aveva insieme ricchiesto che fosse concesso
a' maritati di poter predicare; sotto il qual nome s'intendeva tutto il
ministerio ecclesiastico, essercitato da' parochi nella cura d'anime. Furono
dette molte raggioni a persuader che fosse concesso, li quali si risolvevano in
due: nel scandalo che davano li sacerdoti incontenenti e nella penuria di
persone continenti, atte ad essercitar il ministerio; et era in bocca di molti
quel celebre detto di papa Pio II, che il matrimonio per buona raggione fu
levato dalla Chiesa occidentale a' preti, ma per raggione piú potente conveniva
renderglielo. Da quelli di contrario parere si diceva che non è da savio medico
guarir un male con causarne un peggiore. Se li sacerdoti sono incontenenti et
ignoranti, non per questo s'ha da prostituir il sacerdozio ne' maritati: e qui
erano allegati tanti luoghi de' pontefici, li quali però non lo permisero, che
dicevano esser impossibile attender alla carne et allo spirito, essendo il
matrimonio un stato carnale. Che il vero rimedio era con l'educazione, con la
diligenza, co' premii e con le pene proveder continenti e litterati per questo
ministerio; ma tra tanto, per rimedio d'incontinenza, non ordinare se non
persone provate di buona vita e, per la dottrina, far stampar omiliarii e
catechismi in lingua germanica e francese, formati da uomini dotti e religiosi,
li quali s'avessero da legger al popolo cosí de scritto e col libro in mano da'
sacerdoti imperiti; col qual modo li parochi, se ben insufficienti, potrebbero
satisfar al popolo.
Furono biasmati li legati d'aver lasciato
disputar questo articolo come pericoloso, essendo cosa chiara che
coll'introdozzione del matrimonio de' preti si farebbe che tutti voltassero
l'affetto et amor loro alle mogli, a' figli e, per consequenza, alla casa et
alla patria, onde cesserebbe la dependenza stretta che l'ordine clericale ha
con la Sede apostolica, e tanto sarebbe conceder il matrimonio a' preti, quanto
distrugger la ierarchia ecclesiastica e ridur il pontefice che non fosse piú
che vescovo di Roma. Ma li legati si scusavano che, per compiacer il vescovo di
Cinquechiese, il qual aveva ricchiesto questo non solo per nome del duca, ma
dell'imperatore ancora, e per render li cesarei piú facili a non far
grand'insistenza sopra la riforma che piú importava, erano stati constretti compiacerlo.
I francesi, veduto che l'opinione piú
commune era che un prete potesse esser dispensato al matrimonio, si
congregarono insieme per consultare se era opportuno dimandar la dispensa per
il cardinale di Borbone, come Lorena e gl'ambasciatori avevano in commissione;
e Lorena fu di parer di no, con dire che senza dubio nel concilio vi sarebbe
difficoltà nel persuader che la causa fosse raggionevole et urgente, poiché per
aver posterità non era necessario, essendo il re giovane, con doi fratelli et altri
prencipi del sangue catolici, e per aver governo mentre il re pervenisse alla
maggiorità, lo poteva far restando nel clero. Che per le differenze che sono
tra francesi et italiani, cosí per causa della riforma, come per l'autorità del
papa e de' vescovi, quelli che tenevano opinioni contrarie alle loro
studiosamente si sarebbono opposti anco a questa dimanda; che meglio era
voltarsi al papa, overo aspettar meglior occasione et esser assai per quel
tempo l'operare che non sia stabilita dottrina che possi pregiudicare. Fu
stimato da alcuni che Lorena nel suo interno non avesse caro che Borbon si
maritasse, perché potesse ciò succeder con emulazione e diminuzione di casa
sua; ma ad altri non pareva verisimile: prima, perché per questa via si levava
ogni speranza a Condé, del quale egli molto piú si diffidava; anzi, che il
passar Borbon allo stato secolare fosse sommamente desiderato da esso Lorena,
il qual, levato il Borbone dal clero, sarebbe restato il primo prelato di
Francia, et in occasione di patriarca, che egli molto ambiva, sarebbe a lui
indubitatamente toccato, dove che essendo Borbon prete, non era possibile
pensar di farlo posporre.
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