[Il papa crea improviso due altri
legati. Il duca di Ghisa è ucciso in Francia]
Ma il pontefice, ricevuto l'aviso della
morte di Mantova, avendo fra se stesso e con pochi de' piú intimi pensato che
fosse necessario mandar altri legati, li quali nuovi e non interessati in
promesse et in trattazioni, potessero seguir piú facilmente la sua instruzzione,
la mattina de' 7 marzo, domenica seconda di quadragesima, senza intimar
congregazione, come è sempre solito di fare, ma congregati li cardinali nella
camera de' paramenti per andar alla capella secondo il solito, si fermò, et
esclusi li corteggiani e fatte serrar le porte, creò legati li cardinali
Giovanni Morone e Bernardo Navaggiero, accioché per ufficii de' prencipi o
cardinali non fosse costretto nominar persone di non intiero suo gusto. Credeva
il pontefice far quell'azzione secretamente da tutti, ma nondimeno non poteva
tanto far che non pervenisse alle orecchie de' francesi, et il cardinale della
Bordissiera tanto s'affaticò che volle parlar al pontefice inanzi che
descendesse dalla camera, e gli considerò con molte raggioni che volendo crear
nuovi legati, non poteva dar quel carico a persona piú degna che al cardinale
di Lorena. Ma il papa, risoluto e che sentí con dispiacere non aver potuto
ottener la secretezza che desiderava, gli rispose liberamente che il cardinale
di Lorena era andato al concilio come capo d'una delle parti pretendenti e che
egli voleva diputar persone neutrali e senza interessi. A che opponendosi per
risponder il cardinale, il pontefice affrettò il passo e descese cosí presto
che non vi fu tempo da dar risposta. Finita la congregazione il papa lasciò
andar li cardinali alla capella et esso ritornò alla sua camera, per non restar
in ceremonia in tempo quando era alterato gravemente per le parole di quel
cardinale.
Ma in Trento il 9 di marzo arrivò aviso
che il duca di Ghisa, fratello del cardinale di Lorena, nel ritornar dalla
trincea sotto Orliens fu ferito d'un'archibuggiata da Giovanni Politroto,
gentiluomo privato della religione riformata, della qual archibuggiata 6 giorni
dopo era morto, con dispiacere di tutta la corte, e che dopo la ferita aveva
essortato la regina a far la pace e detto apertamente esser inimico del regno
quello che non la voleva. L'omicida, interrogato de' complici, nominò
l'armiraglio Coligní e Teodoro Beza, e dopo scolpò Beza, perseverando
nell'incolpar l'altro. Variò poi ancora in maniera che lasciò incerto quello
che si dovesse credere. Ma il cardinale, ricevuta la nuova, si providde di
maggiore guardia attorno di quella che soleva tenere, e composto l'animo dal
dolore della morte d'un fratello cosí congionto con lui, prima d'ogni altra
cosa scrisse una lettera consolatoria alla madre commune, che era Antonietta di
Borbon, piena d'isquisiti concetti, da comparare e, come li suoi dicevano, da
antepore a quei di Seneca; in fine della quale aggionse esser deliberato
andarsene alla sua chiesa a Rems et il rimanente di vita che gli restava
consummarlo in predicar la parola di Dio, instruir il suo popolo et educar li
figliuoli del fratello in pietà cristiana, né da questi ufficii cessar mai, se
non quando il regno per le cose publiche avesse bisogno dell'opera sua. E la
lettera non fu cosí presto da Trento partita, che quella città non fu piena di
copie di quella, che erano piú tosto importunamente offerte da' famigliari del
cardinale a ciascuna persona che ricchieste: tanto è difficile che l'affetto
della filautia stia quieto, se ben in occasione di gran dolori. Dopo questo, il
cardinale, postosi a pensar allo stato delle cose per quella variazione
successa, mutò tutti i dissegni suoi. Che fu anco causa di far mutar il filo,
dove parevano inviate le cose del concilio: perché, essendo egli il mezo per il
quale l'imperatore e la regina di Francia avevano sin allora operato, furono
costretti questi ancora, mancando d'un ministro cosí atto, ad andar piú rimessi
ne' dissegni loro et a proceder piú ralentatamente. Ma ne' negozii umani
avviene quello che nelle fortune del mare, dove, cessati li venti, le onde
ancora tumultuano per qualche ore. Cosí la gran mole de' negozii del concilio
non poté facilmente ridursi a tranquillità per l'impeto preso. Ma della quiete
che successe qualche mese dopo certa cosa è che la morte di quel duca ne fu un
gran principio, massime dopo che s'aggionse la morte dell'altro fratello, che
era il gran priore di Francia, e pochi giorni dopo la nuova della pace fatta
con gl'ugonotti, e finalmente le instanze della regina al cardinale che dovesse
rendersi benevolo il papa e ritornar in Francia, delle quali a suo luogo si
dirà. Per le qual cose il cardinale vidde che li negozii inviati non sarebbono
stati utili né per sé, né per gli amici suoi.
Tanto in Trento, quanto in Roma fu sentita
con dispiacere la morte di Ghisa, riputando ogni uno che egli fosse l'unico
sostentamento della parte catolica nel regno di Francia, né vedendosi qual
altra persona potesse succedergli in sopportar quel peso, massime essendo
ognuno spaventato per l'essempio della sua morte. E li prelati francesi in
concilio si trovavano in ansietà, intendendo che si trattava l'accordo con
ugonotti, quali tra le altre cose pretendevano che la terza parte delle rendite
ecclesiastiche fosse per mantenimento de' ministri riformati.
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