[Morte del legato Seripando. Lettere
del re di Spagna]
In quel medesimo giorno, con universal
dispiacere di tutti li prelati, e di tutto Trento, morí il cardinal Seripando,
avendo la mattina pigliato il santissimo sacramento dell'eucaristia, qual volse
pigliar fuori del letto inginocchiato, e dopo, tornato in letto, alla presenzia
di 5 prelati, de' secretarii di Venezia e Fiorenza e di tutta la sua famiglia,
fece un'orazione latina tanto longa, quanto gli durò lo spirito, confessò la
sua fede conforme in tutto alla catolica della Chiesa romana, parlò dell'opere
del cristiano, della risurrezzione de' morti, delle cose del concilio,
raccommandò a' legati e cardinale di Lorena il progresso d'esso e volendo anco
raccordar il modo, non avendo piú spirito, disse che il signor Iddio gl'aveva
proibito l'andar piú oltre, ma che la Sua divina Maestà parleria ella a tempo e
luogo, e cosí passò senza dir piú parola.
Il conte di Luna dalla corte cesarea
scrisse al secretario Martino Gasdellun, e mandò copia d'una lettera scrittagli
dal re, dove Sua Maestà avisava ch'il pontefice s'era doluto seco de' prelati
spagnuoli, e se ben ella pensava ciò esser avvenuto per non esser Sua Santità
ben informata, tenendo esso che li suddetti prelati si mostrino devoti verso la
Sede apostolica, nondimeno ordinava al conte che, gionto a Trento, volesse
tenergli la mano sopra, acciò favorissero le cose del papa, salva però la loro
conscienza, e far in modo che Sua Santità non avesse da dolersi di lui. Et in
questa sostanza il medesimo conte scrisse a Granata, Segovia e Leon.
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