[Gionta del Morone e del conte di Luna
in Trento]
Ma in Trento l'assenza di Lorena e
l'espettazione della venuta de' nuovi legati, con opinione che si dovesse mutar
forma di proceder in concilio, e li giorni della passione e della Pasca
instanti, diedero un poco di quiete dalle negoziazioni. Il venerdí santo
ritornò il cardinale Madruccio per onorar il legato Morone che s'aspettava, il
quale il sabato santo, sul tardi, fece l'entrata ponteficalmente sotto il
baldachino, incontrato da' legati, ambasciatori e padri del concilio, e dal
clero della città, e condotto alla chiesa catedrale, dove si fecero le solite
ceremonie nel ricever li legati. Et il giorno seguente, che fu la Pasca, cantò
messa solenne nella capella; nel qual giorno arrivò il conte di Luna,
incontrato da molti prelati e dagl'ambasciatori. Entrò nella città in mezzo di
quelli dell'imperatore e del francese, con molte dimostrazioni di amicizia. Da'
francesi ancora fu visitato, e dettogli d'aver commissione dal re e regina di
communicar con lui tutti gli affari et offertisi ad adoperarsi con lui in tutti
i servizii del re Catolico suo patrone. A che egli rispose d'aver il medesimo
ordine di communicar con loro et userrebbe ogni buona corrispondenza. Egli
visitò li legati e con loro usò parole molto amorevoli et offerte generali.
Il dí 13 aprile fu congregazione per
ricever il cardinal Morone, dove egli, letto che fu il breve della sua
legazione, fece un orazione accommodata, nella quale disse che le guerre,
sedizioni et altre calamità presenti et imminenti per li nostri peccati,
cesserebbono, quando si trovasse rimedio di placar Dio e restituir l'antica
purità: perilché il papa con ottimo conseglio aveva congregato il concilio, nel
quale sono 2 cardinali prencipi insigni per nobiltà e virtú, oratori di Cesare
e di tanti gran re, città libere, prencipi e nazioni e prelati d'eccellente
dottrina e bontà, e teologhi peritissimi: ma nel corso, essendo morto Mantova e
Seripando, il papa aveva sostituito lui, aggiontogli Navaggiero, il che egli
aveva ricusato, conoscendo la gravezza del peso e debolezza delle sue forze. Ma
la necessità dell'obedienza aveva vinto il timore; era gionto cosí commandato
per andar alla Maestà cesarea e tornar in breve per trattar in compagnia
degl'altri legati co' padri quello che tocca la salute de' popoli, lo splendore
della Chiesa e la gloria di Cristo; che portava seco due cose: un'ottima
volontà del pontefice per render sicura la dottrina della fede, emmendar li
costumi, proveder a bisogni delle provincie e stabilir la pace et unione,
eziandio con gl'avversarii, in quanto si può, salva la pietà e degnità della
Sede apostolica; l'altra, la prontezza sua propria a far quello che Sua Santità
gli ha commandato. Pregava li padri che, lasciate le contenzioni e le
discordie, che grandemente offendono il cristianesmo, e le questioni inutili,
trattassero seriamente delle cose necessarie.
Il conte di Luna andò facendo ufficii con
tutti li prelati vassalli del suo re, spagnuoli et italiani, o beneficiati ne'
stati suoi, con essortargli in nome di Sua Maestà ad esser uniti nel servizio
di Dio e riverenti verso la Sede apostolica, et a non ingiuriarsi; dicendogli
che tien commissione d'avisar particolarmente il proceder di ciascuno e che Sua
Maestà tenerà particolar conto di quelli che si porteranno secondo il suo
desiderio; il qual non è però che dichino cosa alcuna contra la loro
conscienza. E parlava in tal maniera, che intendeva ogni uno queste ultime
parole esser dette seriamente, ma le prime per ceremonia.
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