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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Rissa tra Lorena et Ottranto]
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[Rissa tra Lorena et Ottranto]

Il 11 giugno si tenne una consulta de' legati, cardinali e 20 prelati per trovar modo di stabilir la dottrina dell'instituzione de' vescovi. Il cardinale di Lorena, dicendo il suo parer, passò a toccar l'opinione de' francesi, che il concilio sia sopra il papa, allegando anco che cosí fosse definito dal concilio di Costanza e di Basilea. Concluse che non ricercava un'altra dicchiarazione da quel concilio, ma ben diceva che, volendo esser d'accordo con francesi, esser bisogno che ne' decreti che si fossero fatti non vi fossero parole che potessero pregiudicar a quella loro opinione. Venendo il luogo di dire all'arcivescovo d'Ottranto, s'estese con molte parole a redarguir quel cardinale, ripigliando e rifutando tutto quello che aveva detto a favore della superiorità del concilio; poi soggionse esser alcuni che tenevano quell'opinione della superiorità del concilio per cosí vera come «Verbum caro factum est»; soggiongendo che non sapeva come potessero assicurarsele in loro conscienza; nel che accennò Lorena, del quale era sparso per tutto che avesse usato tal comparazione; e descendendo poi a raggionare della instituzione de vescovi, accennò che non sarebbe stata controversia alcuna in quella materia, se la formula proposta dal cardinale di Lorena non avesse dato occasione. Il cardinale rispose che, quando gionse a Trento, trovò già mosse quelle dificoltà; che fabricò quella formula essendo stato ricchiesto, con intenzione di metter pace e concordia e rimediar alle differenze; il che non essendogli successo come desiderava, si sarebbe rallegrato con l'arcivescovo, quando egli avesse ottenuto in questo l'onore che esso non aveva potuto riportare; ringraziandolo inoltre che come maestro gli raccordasse quando mancava in alcuna cosa. E quanto alla questione dalla superiorità del concilio, disse che per esser egli nato in Francia, dove era commune quell'opinione, non poteva, né esso, né gl'altri francesi, lasciarla, e che, per tenerla, non credeva dovessero esser costretti a far un'abiurazione canonica. Replicò l'arcivescovo che reprendeva la formula per esser imperfetta, dal che le difficoltà erano nate; ma del rimanente, che quello non era luogo da rispondergli e che stimava poco l'ingiurie fatte a sé; ma ben si doleva d'alcuni che professavano d'accusar le azzioni de' legati, nel che non mostravano buona mente. Tacque il cardinale senza mostrar in apparenza di restar offeso. Di questo fatto il conte di Luna, o per proprio moto o ad instanza de' francesi, riprese l'arcivescovo, dicendogli che andando alle orecchie di Sua Maestà catolica non saria se non per dispiacergli. Et un prelato francese, o per ordine datogli da Lorena o pur spontaneamente, avvertí il cardinale Morone che quell'arcivescovo passava molto li termini, che usò anco cattive maniere contra il cardinale già trattandosi della residenza; e che il cardinale era avisato come in casa di quello continuamente era lacerato et il piú onorato titolo datogli era chiamandolo uomo pieno di veneno; onde essendo anco successo quell'ultimo accidente, sarebbe stato ben non chiamargli ambidoi insieme a consulta, perché il cardinale non sarebbe restato sodisfatto. A che rispose precisamente il cardinale Morone che teneva ordine da Roma di chiamar quell'arcivescovo in tutte le consulte e che conveniva far stima di lui, perché aveva da 40 voti che lo seguivano. Questo, referto a Lorena, lo alterò gravemente contra il cardinale Morone, aggionto che pochi inanzi, consultandosi tra loro legati e cardinali la risposta da dar a Birago, rimessagli dalla congregazione, Morone lo rimproverò che si fosse contentato della risposta prima formata e poi in congregazione generale avesse detto il contrario, e pensò assai Lorena come risentirsi della poca stima che vedeva farsi di lui, massime essendo anco avisato che da Roma il papa l'accusava per scandaloso e che dimostrasse desiderare di unire li catolici con protestanti; nondimeno, considerando gl'interessi proprii che lo movevano a non si separar maggiormente, anzi cercar di riunirsi con Roma, la raggion di utile prevalse allo sdegno e perseverò nella risoluzione di continuare in aiutar il fine del concilio e dar sodisfazzione al pontefice.

 

 




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