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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Il papa vuol rallentare il decreto del proporre i legati, ma il Morone resiste. Nuovo secretario del concilio]
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[Il papa vuol rallentare il decreto del proporre i legati, ma il Morone resiste. Nuovo secretario del concilio]

Ma ritornando a' tempi de' quali scrivo, restava al papa proveder alle frequenti instanze fatte dagl'ambasciatori appresso di sé e dal conte di Luna in Trento, che si levasse il decreto di «Proponentibus legatis», onde saziato di tanta molestia, scrisse a' legati che si proponesse in congregazione di sospenderlo. Ma il cardinal Morone agl'ambasciatori che dell'ordine venuto dal pontefice gliene fecero instanza, rispose che non era per assentirvi mai, e piú tosto che condescender a tal decchiarazione, desiderava che Sua Santità lo levasse. Questa risposta, data senza partecipar con gl'altri legati, aggionta ad altre cose che quel cardinale aveva risoluto solo, gli posero in gelosia, come che s'inalzasse troppo sopra gl'altri, parendo loro che se ben aveva instruzzione a parte, non dovesse però esseguirla senza avisargli prima e communicargli intieramente tutte le cose, almeno nell'essecuzione.

Nella congregazione de' 21 giugno fu letta la risposta da far al presidente Birago formata da' legati e dal cardinal di Lorena, la qual passò senza nissuna discrepanza; e poiché non era presente, che potesse essergli intimata in voce, se gli mandò dietro in scrittura. E fu deputato Adamo Fumano per secretario, aggionto al tilesio, il qual continuava nella sua indisposizione. Ma durando tuttavia, anzi piú tosto accrescendosi le differenze sopra li capitoli dell'instituzione de' vescovi e dell'autorità del papa, e vedendosi che il parlarne in congregazione non era altro che un accrescer le difficoltà, quasi d'una commune concordia si posero li prelati a trattarne particolarmente et a propor partiti per trovar qualche temperamento alle differenze. Alcuni, desiderosi di sopir le controversie e di far qualche progresso, vedendo che non vi era modo alcuno di concordia, consegliavano che l'una e l'altra materia si dovesse totalmente omettere, e se ben questo parere in fine fu ricevuto, nondimeno nel principio ebbe diverse contradizzioni. S'opponevano li spagnuoli, li quali onninamente volevano definire che la giurisdizzione episcopale venisse da Cristo, et il cardinale di Lorena passava ancora piú inanzi, volendo definir che la loro vocazione e l'attribuzione del luogo fosse immediate da Dio, e li francesi, che volevano decchiarata l'autorità del pontefice in maniera che non potesse né controvenire, né dispensare li decreti del concilio generale. Altri dicevano che questo partito non serviva se non a differire, senza certezza che la dilazione potesse esser di giovamento, perché, volendosi poi venir al fine del concilio, saria necessario trattar di definire tutte le materie essaminate, onde tornerebbono le difficoltà; e caso, che li francesi partissero prima, come s'intendeva che erano risoluti di fare, era cosa pericolosa di scisma, dopo la loro partita, trattar alcuna cosa controversa; oltre che per l'intelligenza di Lorena coll'imperatore, da chi non sapeva li novi pensieri dell'un e dell'altro, si teneva che, partendo essi, quella Maestà dovesse ricchiamare gl'ambasciatori suoi; nel qual caso il continuar il concilio sarebbe stato con poca riputazione, et il determinar cosa alcuna sarebbe riputata da molti cosa fatta senza autorità.

 

 




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