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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Difficoltà sopra l'elezzione de' vescovi e su la riforma de' cardinali]
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[Difficoltà sopra l'elezzione de' vescovi e su la riforma de' cardinali]

Un'altra difficoltà non minore era nel capo dell'elezzione de' vescovi, perché gran parte de' padri volevano che si dicesse esservi obligo d'elegger li piú degni, et in confermazione di questo portavano numero grande di canoni e d'autorità de' santi dottori. Al qual parere s'opponevano li ponteficii, allegando che era un restringere l'autorità del papa, in maniera che non potesse mai gratificar alcuno; e che l'uso pratticato nella corte da tempo immemorabile era che bastasse elegger persona degna. Gl'ambasciatori ancora francesi e spagnuolo non acconsentivano: che era un restringer troppo la potestà de' re nelle nominazioni, quando fossero stati in obligo d'andar cercando il piú degno. Parecchi prelati andavano facendo prattiche acciò quel capo non fosse ricevuto, eziandio senza l'aggionta dell'elegger li piú degni, e specialmente 'l vescovo di Bertinoro et il general Lainez giesuita, distribuendo alcune annotazioni et avvertimenti fatti da loro, andavano mostrando che sarebbono seguiti grand'inconvenienti da quel decreto; imperoché in quello si conteneva che, vacante una catedrale, il metropolitano scrivesse al capitolo il nome del promovendo, il qual poi fosse publicato in pulpito in tutte le parochiali della città in giorno di dominica et affisso anco alle porte della chiesa, e poi il metropolitano, andato alla città vacante, dovesse essaminar testimonii sopra le qualità della persona, e lette in presenza del capitolo tutte le sue patenti e testificazioni, fosse anco ascoltato ogni uno che volesse opponer cosa alcuna alla persona di quello, e di tutto ciò fosse fatto istromento e mandato al papa per esser letto in consistoro. Questa constituzione andavano discorrendo che sarebbe stata causa di sedizioni e di calunnie, e che con questo si dava certa autorità al popolo, con la quale averebbe usurpata l'elezzione de' vescovi, come altre volte la soleva aver; dal che altri eccitati, facevano le medesime opposizioni al capo dove si tratta di quelli che s'hanno a promover agl'ordini maggiori; nel quale si diceva che li nomi loro dovessero esser publicati al popolo per 3 dominiche et affissi alle porte della chiesa, e le lettere testimoniali dovessero esser sottoscritte da 4 preti e da 4 laici della parochia, allegando che non era da dar alcuna autorità a' laici in questi affari, che sono puri ecclesiastici. In queste perplessità li legati altro non sapevano che fare se non goder il beneficio del tempo et aspettar che si facesse qualche apertura per venir al fine, al quale non si vedeva come poter giongere.

Un'altra nova trattazione fu incomminciata intorno la riforma de' cardinali, imperoché il pontefice, intendendo che per tutte le corti di questo si parlava e che in Trento gl'ambasciatori di Francia, Spagna e Portogallo erano concertati di dimandarlo al concilio, scrisse a' legati dimandando conseglio se era ben trattarla a Roma o in Trento; e questo medesimo lo propose in consistoro, ordinando anco una congregazione sopra di questo, e particolarmente per trovar modo come ovviare che i prencipi non s'intromettessero nel conclavi nell'elezzione del papa. E per proceder con ogni avvertimento in negozio di tanto momento, mandò a Trento molti capi di riforma cavati da' concilii, con ordine a' legati di communicargli co' prelati principali e scriver il parer loro. I cardinali di Lorena e Madruccio risposero di non voler dire il proprio parer senza saper prima la mente del pontefice, dopo il che sarebbe anco stato bisogno pensarvi molto bene; et in particolare quel di Lorena disse esservi molte cose stimate degne di correzione, che egli però non riputava potersi riprender, et altre che in parte si potevano biasmare, ma non assolutamente. Discese al particolar d'aver vescovati, dicendo non esser alcun inconveniente che un cardinale prete tenesse un vescovato, ma che non gli pareva bene che fosse vescovo un cardinale diacono, e per questa causa egli aveva consegliato il cardinale suo fratello a lasciar l'arcivescovato di Sans. Ma questa materia di riforma de' cardinali presto si mise in silenzio, perché inchinando tutti quelli che erano in Trento piú tosto che fosse trattata dal papa e dal collegio, e quelli che pretendevano il capello dubitando che non nascessero molti impedimenti a' loro desiderii, fu causa che con facilità si cessasse di parlarne. Ebbe ancora il pontefice pensiero di far una constituzione che vescovi non potessero aver in Roma e nello Stato ecclesiastico ufficii di maneggio temporale. Ma dal legato Simoneta e da altri suoi prelati fu avvertito che sarebbe con gran pregiudicio degl'ecclesiastici in Francia, Polonia et altri regni, dove sono conseglieri de' re et hanno altri ufficii principali, potendo avvenire facilmente che ne fossero privati, valendosi li prencipi dell'essempio di Sua Santità et eccitandosi la nobiltà secolare per li proprii interressi a procurarlo. Perilché, se pur voleva dar essecuzione alla deliberazione sua, lo facesse con effetti e senza scrittura, per non portar tanto danno all'ordine ecclesiastico negl'altri regni.

 

 




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