[Decreto di riforma intorno all'ordine
e la residenza]
Fu poi letto il decreto della riforma, il qual
conteneva 18 capi.
Il primo, spettante alla tanto debattuta
materia della residenza, dove si diceva che, per precetto divino, ogni uno, a
cui è data cura d'anime, debbe conoscer le sue pecorelle, offerir per loro
sacrificio, pascerle con la predicazione, sacramenti e buon essempio, aver cura
de' poveri et attender ad altri officii pastorali; le qual cose non potendo
esser adempite da chi non invigila et assiste al suo gregge, la sinodo
gl'ammonisce a pascere e reggere con giudicio e verità. Ma acciò che male
interpretando le cose statuite sotto Paolo III in questa materia, nissun
intenda essergli lecita un'assenza di 5 mesi, dicchiara che chiunque ha
vescovati, sotto qual si voglia titolo, eziandio li cardinali, sono obligati a
reseder personalmente, non potendo restar assenti se non quando lo ricerchi la
carità cristiana, l'urgente necessità, la debita obedienza e l'utilità della
Chiesa o della republica; vuole che tali cause dell'assenza siano approvate per
legitime dal pontefice o dal metropolitano, eccetto quando saranno notorie o
repentine, dovendo nondimeno il concilio provinciale conoscere e giudicare le
licenze concesse, acciò non vi intervenga abuso; provedendo tuttavia li prelati
assenti che il popolo per l'assenza non patisca danno alcuno. E perché una
breve assenza non è degna di questo nome, eziandio senza alcuna delle sudette
cause, dicchiara che questa tale non possi ecceder il spacio di 2 mesi o di 3
al piú, o sia continuo, o in diversi tempi, purché vi sia qualche raggione
d'equità e senza danno del gregge; il che sia rimesso alle conscienze de'
prelati; ammonendo ciascuno a non restar assente le dominiche dell'advento e
quaresima, le feste della Natività, Risorrezzione, Pentecoste o Corpo di
Cristo. Al qual decreto chi contravenirà, oltra le pene imposte contra li non
residenti sotto Paolo III et il peccato mortale, non possi con buona conscienza
goder li frutti per la rata del tempo, decretando le medesime cose di tutti
gl'altri che hanno cura d'anime, li quali, quando con licenza del vescovo
s'assenterranno, debbino sostituir un vicario idoneo, approvato dal vescovo,
con la debita mercede e che quel decreto, insieme con l'altro sotto Paolo III
siano publicati ne' concilii provinciali e diocesani.
Degl'altri capi spettanti agl'ordini che
il decreto conteneva, il secondo era che, qualonque tiene vescovato, sotto qual
si voglia titolo, eziandio cardinali, non ricevendo la consecrazione fra 3
mesi, perdino li frutti, e differendo oltre 3 altri, siano privati del
beneficio, e che la consecrazione, quando si farà fuori della corte romana, si
celebri nella propria chiesa, o veramente nella provincia, quando vi sia il
commodo.
III Che li vescovi celebrino le
ordinazioni in propria persona, e quando siano impediti d'infermità, non
mandino li sudditi per esser ordinati da altri vescovi, se non essaminati et
approvati da loro.
IV Che la prima tonsura non si dia se non
a chi è confermato et abbia imparato i principii della fede, sappia leggere e
scrivere et elegga la vita clericale per servizio di Dio, non per fuggir il
giudicio secolare.
V Agl'ordini minori chi doverà esser
promosso, abbia testimonio dal paroco e dal maestro di scola, e dal vescovo sia
commesso che li loro nomi siano proposti publicamente in chiesa, e sia fatta
inquisizione del nascimento, età, costumi e vita loro.
VI Che nissun possi aver beneficio
ecclesiastico inanzi il quattordicesimo anno, né goder l'essenzione del foro,
se non abbia beneficio ecclesiastico o, portando l'abito e tonsura, non servi a
qualche chiesa per commissione del vescovo, o abiti nel seminario o in scola
overo università con licenza del vescovo. Et intorno a' chierici maritati
s'osservi la constituzione di Bonifacio VIII, con condizione che quelli
parimente servino alla chiesa in abito e tonsura, per deputazione del vescovo.
VII Che quando si tenerà ordinazione,
tutti siano chiamati il mercordí inanzi alla città e sia fatta diligente
inquisizione et essamine di loro dal vescovo, con assistenza di chi gli parerà.
VIII Le ordinazioni non siano tenute se
non ne' tempi statuiti dalla legge, nella chiesa catedrale, presenti li
canonici, e quando si tenerà in altro luogo della diocesi, si faccia nella
chiesa piú degna e presente il clero; ognuno sia ordinato dal proprio vescovo
et a nissuno sia concesso ordinarsi da altro, se non con lettere testimoniali
del proprio.
IX Che il vescovo non possa ordinar un suo
famigliare non suddito, se non averà abitato con lui 3 anni, e conferendogli
immediate beneficio.
X Nissun abbate o altro prelato possi
conferir la prima tonsura o gl'ordini minori, se non a sudditi loro regolari,
né questi o altri prelati, collegii overo capitoli possino conceder lettere
dimissorie a chierici secolari per ricever gl'ordini.
XI Che gl'ordini minori siano conferiti a
chi intende la lingua latina, e con interposizione di tempi tra l'uno e
l'altro; et essendo questi gradi agl'altri, nissun sia ordinato, se non vi sia
speranza che possi diventar degno degl'ordini sacri, e dall'ultimo d'essi
minori s'interponga un anno al subdiaconato, se dal vescovo, per utilità della
chiesa, non sarà giudicato altrimenti.
XII Nissun sia ordinato al subdiaconato
inanzi il vigesimosecondo, al diaconato inanzi il vigesimoterzo, al
presbiterato inanzi il vigesimosesto, né da questi siano essenti gli regolari.
XIII Che i subdiaconi e diaconi siano
prima esperimentati negl'ordini minori e sperino di poter viver in continenza,
servino alla chiesa alla quale sono applicati, e riputino molto conveniente il
ricever la communione la dominica e giorni solenni, quando ministrano all'altare.
I subdiaconi non passino a grado piú alto, se non essercitati per un anno nel
proprio, ma per virtú di qual si voglia privilegio non siano dati doi ordini
sacri in un giorno.
XIV Al presbiterato non sia ordinato se
non sarà diacono essercitato nel ministerio almeno per un anno e trovato idoneo
ad insegnar il popolo et amministrar li sacramenti, et abbia cura il vescovo
che questi tali celebrino almeno la dominica e feste solenni, et avendo cura
d'anime, che satisfacciano al loro carico, e se alcuno sarà ordinato agl'ordini
superiori inanzi gl'inferiori, il vescovo possi dispensare se vi sarà causa
legitima.
XV Che se ben li preti nell'ordinazione
ricevono potestà d'assolver da' peccati, però nissuno può udir le confessioni
se non ha beneficio parochiale o sia dal vescovo approvato.
XVI Che nissun sia ordinato senza esser
ascritto a qualche chiesa o luogo pio per essercitar il ministerio di
quell'ordine; e se abandonerà il luogo senza conseglio del vescovo, gli sia
proibito il ministerio; e nissun chierico forestiero, senza lettere del suo
ordinario, sia ammesso all'essercizio del ministerio.
XVII Per ritornar in uso le fonzioni
degl'ordini, dal diaconato sino all'ostiariato, che, usate dal tempo
degl'apostoli, in molti luoghi sono intermesse, acciò non siano derise come
oziose dagl'eretici, quei ministerii non siano essercitati se non da chi averà
ricevuto quegl'ordini e li prelati restituiscano quelle fonzioni, e se per
gl'essercizii degl'ordini minori non averanno chierici continenti, ne ricevino
de maritati, purché non siano bigami, e nel rimanente siano atti a
quell'essercizio.
L'ultimo capo fu per l'instituzione de'
seminarii: in quello è statuito che ogni chiesa episcopale abbia un certo
numero di putti, che siano educati in un collegio appresso la chiesa o in un
altro luogo conveniente, siano almeno d'anni 12 e di legitimo matrimonio, siano
dal vescovo distribuiti in classi, secondo il numero, età e progresso nella
disciplina ecclesiastica; portino l'abito e la tonsura; attendino alla
grammatica, canto, computo ecclesiastico, alla Sacra Scrittura, a legger le
omilie de' padri, imparar li riti e ceremonie de' sacramenti, e sopra tutto
quello che appartiene ad udir le confessioni. E per far queste spese, dove vi è
entrata deputata per educar putti, sia applicata a questo seminario, e per
quello di piú che faccia di bisogno, il vescovo con 4 del clero debbino detraer
una porzione da tutti li beneficii della diocesi et applicarci beneficii
semplici, e costringer quelli che hanno scolasterie o altro carico, di legger
od insegnar nelle scole del seminario, o per se medesimi, o per sustituti
idonei; e per l'avvenire le scolasterie non siano date se non a dottori o
maestri in teologia o in canonica. E se in qualche provincia le chiese fossero
tanto povere che non si potesse eriger in quelle seminario, se ne statuisca uno
o piú nella provincia, e nelle chiese di gran diocesi possi il vescovo,
giudicando opportuno, oltre il seminario della città, erigerne uno o piú di
essa, che dependa però da quello della città.
In fine fu letto il decreto, intimando la
futura sessione per il 16 di settembre, con espressione di dover allora trattar
del sacramento del matrimonio e delle altre cose pertinenti alla dottrina della
fede, delle provisioni de' vescovati, degnità et altri beneficii, e diversi
altri articoli di riforma. Durò la sessione dalle 9 sino alle 16 ore con gran
piacere de' legati e de' prelati ponteficii che le cose fossero passate
quietamente e con universal consenso, e lodavano sopra tutti il cardinale di
Lorena, confessando che di questo bene egli era stato principalissima causa.
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