[I legati precipitano le materie in
concilio]
Ma li legati, desiderosi di venir presto
al fine del concilio, non cosí tosto finita la sessione, proposero di facilitar
il rimanente, che, quanto alla materia delle fede, era: le indulgenzie,
l'invocazione de' santi et il purgatorio. Et a questo effetto elessero 10
teologi, doi generali de frati, e doi per ciascun prencipe, cioè del papa, di
Francia, che poco piú rimanevano, Spagna e Portogallo; dandogli carico di
considerare in che modo si potesse brevemente confutare l'opinione de'
protestanti in tal materia; e che, risoluti essi, si proponessero in
congregazione generale li pareri loro, sopra quali si formassero li canoni nel
medesimo tempo che si tratterebbe del matrimonio, per venir presto a capo delle
materie, senza udir le dispute de' teologi, come s'era fatto per il tempo
inanzi.
In materia della riforma trattarono col
cardinale di Lorena, con gl'ambasciatori imperiali e di Spagna, se si
contentavano che si proponesse anco della riforma de' prencipi; da' quali avuto
parola che era cosa giusta levar gl'abusi dovunque fossero, fecero metter
insieme tutti li capi, con pensiero di decider tutto quello che restava in una
sola sessione. Ma all'ambasciatore spagnuolo, per li rispetti del suo re,
quell'accelerazione non piaceva e comminciò ad attraversarvi molte difficoltà.
Primieramente propose che era necessario, inanzi il fine del concilio, far
opera che li protestanti vi intervenissero, allegando che vana sarebbe la
fatica fatta, quando che li decreti non fossero da loro accettati, né essendoci
speranza che, senza intervenir in concilio, gl'accettassero. A che avendo
risposto li legati che il pontefice aveva dal canto suo in ciò fatto tutto
quello che se gli conveniva, avendo scritto lettere e mandato anco noncii
espressi a tutti, che niente di piú si poteva fare per render chiara la loro
contumacia, replicò il conte di non ricchieder che ciò si facesse a nome di Sua
Santità, essendo chiara cosa che averebbe servito non a fargli venir, anzi ad
allontanargli maggiormente; ma che fossero ricercati a nome del concilio, con
quelle promesse che fossero state convenienti, adoperando l'intercessione
dell'imperatore. A che avendo per conclusione detto li legati d'averci sopra
considerazione, ne diedero conto al pontefice, acciò potesse operare in Spagna,
cosí per divertire simili raggionamenti, come per persuader il fine del
concilio. Ricercò anco il conte che li teologi parlassero publicamente, secondo
il solito, sopra li particolari delle indulgenze et altre materie, e fece
ufficio co' prelati che non si mutasse modo di proceder e non si levasse la
riputazione al concilio con tralasciar d'essaminar quelle cose che piú delle
altre ne avevano bisogno.
Delle qual cose tutte il pontefice
avisato, si perturbò assai, avendo avuto parola da don Luigi d'Avila e dal
Vargas, ambasciator del re appresso sé, che quella Maestà si contentava che si
venisse a fine del concilio. E fattigli chiamar a sé, fece gravissima
indoglienza per la proposizione del conte. E prima, per conto d'invitar li
protestanti, disse che nissun piú desiderava di ridurgli alla Chiesa che lui;
esserne indicio quello che da' precessori suoi era stato per quaranta anni
operato, e da lui, con mandar noncii espressamente a tutti loro, non
risguardando le indegnità a che sottoponeva sé e la Sede apostolica; che aveva
operato per l'interposizione dell'imperatore e gl'officii di tutti li prencipi
catolici; esser certificato che l'indurazione loro è volontaria, deliberata et
ostinata, e però doversi pensar non piú come ridurgli, essendo impossibile, ma
come conservar gl'obedienti. Mentre che vi fu scintilla di speranza di
racquistar li perduti, ricercava il tempo che si facesse ogni opera per
raddolcirgli; estinta tutta la speranza, era necessario, per conservar li
buoni, fermar bene la divisione e render le parti irreconciliabili l'una a
l'altra. Che cosí comportavano li rispetti del loro re che si trattasse; il
qual si sarebbe tardi accorto che cosí è necessario fare, quando avesse
temporeggiato nella Fiandra et avesse usato termini di mediocrità. Risguardasse
il re che buoni effetti erano nati dalle severe essecuzioni fatte nel suo
ingresso in Spagna, dove, se avesse lentamente proceduto e pensato ad acquistar
la grazia de' protestanti, per acquistar la loro benevolenza col dolce
proceder, sentirebbe di quei accidenti che si vedono in Francia. Passò a
dolersi che il conte anco volesse prescrivere il modo d'essaminare le materie
di teologia e determinar esso quando fossero ben diggeste. In fine si querelò
che da loro gli fosse stato promesso che il re si contentava che il concilio si
finisse, e pur gl'ufficii del conte tendevano al contrario. Et avendo
gl'ambasciatori scusato il conte e soggiontogli esser verissimo quanto detto
gli avevano della volontà del re circa il fine del concilio, mostrò restar
sodisfatto, quando essi si contentassero che lo dicesse dove giudicasse di
bisogno. Al che consentendo essi, il papa ordinò al noncio suo in Spagna di far
indoglienza col re e dirgli che non sapeva penetrar la causa perché
gl'ambasciatori di Sua Maestà in Roma et a Trento parlassero diversamente; e
quello che piú importa, facendo egli tutto 'l possibile per compiacergli,
dall'altro canto fosse contra operato; perché, essendo il concilio in piedi,
egli veniva impedito di far molti favori e grazie alla Sua Maestà; che se per
le cose sue di Fiandra overo per gl'interressi dell'imperatore in Germania,
desiderava dal concilio alcuna cosa, poteva ben dall'esperienza esser certo
quanta difficoltà vi fosse di ridur alcuna cosa a fine in Trento; che da lui si
potevano prometter ogni cosa e che già ha deliberato, finito che sia il
concilio, di mandar in tutte le provincie per proveder a' bisogni particolari
di ciascuna, dove che in Trento non si possono far se non provisioni generali,
che hanno infinite difficoltà per accommodarsi a ciascun luogo.
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