[Esamine de' canoni del matrimonio]
Il dí 22 luglio furono dati fuori
gl'anatematismi, poco differenti dal modo col quale in fine restarono poi
stabiliti; la maggior varietà fu che sino allora non si era pensato a quello
che è quinto in numero e danna li divorzii concessi nel codice giustiniano; il
qual anatematismo fu aggionto ad instanza del cardinale di Lorena, per opponer
a' calvinisti e dannar la loro opinione: fu però facilmente ricevuto per esser
conforme alla dottrina scolastica e decreti ponteficii. Ma in quello dove si
tratta del divorzio per causa d'adulterio, s'avevano astenuti li formatori de'
canoni d'usar la voce d'anatema, avendo rispetto di dannar quell'opinione, la
qual fu di sant'Ambrosio e di molti padri della Chiesa greca; con tutto ciò,
avendo altri opinione che quello fosse articolo di fede, et a questo
contendendo quasi tutti i voti de' padri, fu riformato il canone coll'aggionta
dell'anatema, dannando chi dicesse che per l'adulterio si dissolva il vincolo e
che l'un congiugato, vivendo l'altro, possi contraer un altro matrimonio: il
qual canone ricevette poi un'altra mutazione come a suo luogo si dirà.
Nelle congregazioni seguenti si spedirono
facilmente quanto alle cose proposte, ma quasi tutti li prelati trapassavano da
quelle a parlar de' clandestini, se ben non era ancora né il luogo, né il
tempo, e già incomminciava a scoprirsi la differenza d'opinioni in quella
materia. Nella congregazione de' 24, la mattina fu ricevuto il vescovo di
Cortona, ambasciator del duca di Fiorenza. Egli fece un breve raggionamento
della devozione del suo prencipe verso la Sede apostolica et offerí obedienza e
favore alla sinodo, e gli fu risposto con rendimento di grazie. Nella congregazione
della sera gl'ambasciatori francesi fecero legger una ricchiesta a nome del
loro re che da' figli di famiglia senza consenso de' genitori non possi esser
contratto matrimonio o sponsali; la qual cosa se da' figli fosse tentata,
restasse in potestà de' maggiori irritar overo convalidar il contratto, secondo
che a loro fosse piacciuto; e quell'istesso giorno furono avisati li padri di
dar in nota a' deputati gl'abusi osservati da loro in quella materia del
matrimonio.
Finiti li voti sopra gl'anatematismi,
furono proposti doi articoli: uno, se era ispediente promover persone maritate
agl'ordini sacri; l'altro, la irritazione de' matrimonii clandestini. Fu dato
il voto brevemente da tutti li padri sopra il primo articolo concordemente alla
negativa, senza metterci alcuna difficoltà, e l'arcivescovo di Praga et il
vescovo di Cinquechiese, che procuravano il parlarne piú pensatamente, a pena
furono uditi. Non cosí passò la materia de' clandestini, ma furono 136 che
approvarono l'annullazione, 57 che contradissero e 10 che non volsero
dicchiararsi. Secondo l'opinione della maggior parte fu formato il decreto che,
se ben li matrimoni clandestini sono stati veri matrimoni mentre la Chiesa non
gl'ha irritati, e però la sinodo condanna di anatema chi sente in contrario,
nondimeno la Chiesa gl'ha sempre detestati. Ora, vedendo gl'inconvenienti,
determina che tutte le persone che per l'avvenire contraerranno matrimonio o
sponsali senza la presenza di tre testimonii almeno, siano inabili a
contraergli, e però l'azzione fatta da loro sia irrita e nulla. E dopo quello
seguiva un altro decreto, dove erano commandate le denoncie, con conclusione
che essendo necessità di tralasciarle, il matrimonio si potesse fare, ma in
presenza del paroco e di cinque testimoni almeno, publicando le denoncie dopoi,
con pena di scommunica a chi contraesse altrimenti. Ma quel gran numero che
voleva annullar li clandestini era diviso in 2 parti, seguendo l'una l'opinione
di quei teologi che concedono alla Chiesa potestà d'inabilitar le persone, e
l'altra quelli dell'irritar il contratto. Ne' medesimi legati vi era differenza
d'opinione: Morone si contentava d'ogni deliberazione, purché si espedisse,
varmiense era d'opinione che la Chiesa non avesse potestà alcuna sopra di
questo e che si dovessero aver tutti li matrimoni, col consenso de' contraenti
in qualonque modo celebrati, per validi; Simoneta diceva che quel distinguer il
contratto del matrimonio e dar potestà alla Chiesa sopra di quello, non sopra
di questo, gli pareva distinzion sofistica e fabrica chimerica, et inclinava
assai al non far novità.
Sopra gl'abusi del matrimonio da molti
prelati fu messo in considerazione, che le cause d'impedir li matrimoni et
avergli per nulli, eziandio contratti, erano tante e cosí spesso occorrenti, che
rari matrimoni erano non soggetti ad alcuno di questi difetti, e quello che piú
importava, le persone ignorantemente, o non sapendo la proibizione, o ignari
del fatto, o per oblivione, contraevano, ne' quali dopo, risaputa la verità,
nascevano innumerabili perturbazioni e scrupoli, et anco liti e contenzioni
sopra la legitimità della prole e le doti ancora. Era allegato particolarmente
l'impedimento della cognazione che nel battesmo si contrae per abuso
grandissimo, poiché in alcuni luoghi erano invitati 20 e 30 uomini per
compadri, et altretante donne per commadri, tra qual tutti, per la
constituzione ecclesiastica, nasce spiritual cognazione, e ben spesso, non
conoscendosi tra loro, occorreva poi che si congiongessero in matrimonio. Molti
erano di parere che questo impedimento onninamente si levasse, non perché da
principio non fosse stato con buone raggioni instituito, ma perché, essendo
cessato in tutto e per tutto la causa dell'instituzione, doveva per ottima
raggione cessar l'effetto. Consideravano che allora, quando quelli che
presentavano i fanciulli al battesmo e gli levavano dal fonte, erano
fideiussori appresso alla Chiesa della loro fede futura e però obligati ad
instruirgli, conveniva che, per catechizargli, secondo devenivano capaci,
conversassero frequentemente e familiarmente con la creatura battezata, co'
genitori di lei e tra loro fideiussori ancora; laonde nasceva tra loro certa
relazione, la qual era giusta causa che fosse avuta in riverenza e proibisse la
congionzione coniugale, come tutte le altre, a' quali si debbe riverenza
portare. Ma ne' seguenti tempi, quando totalmente l'uso aveva abolito tutto
quello che era di reale, et il padrino non vedeva mai la creatura sua, né
teneva minima cura dell'instituzione di quella, cessata la causa della
riverenza, la relazione non doveva aver luogo.
Similmente l'impedimento d'affinità per
causa di fornicazione, annullando li matrimoni sino al quarto grado, essendo
che in secreto nasce, era causa d'illaquear molti, quali, dopo il contratto
avisati da chi era stato in causa, s'empivano di perturbazioni. Alla parentela
ancora, cosí di consanguinità, come d'affinità, era opposto che, non tenendone
le persone conto come altre volte si soleva, al presente a pena nelle persone
grandi si ha memoria del quarto grado, quello si poteva tralasciar. Sopra di
che furono assai dispute, essendo opinione d'alcuni che, sí come per tanti
centenara d'anni quelli impedimenti erano stati osservati sino al settimo
grado, et Innocenzo III ne levò 3 in una volta, restringendo l'impedimento al
quarto, allegando 2 raggioni assai communi, che quattro sono gl'elementi e
quattro gl'umori del corpo umano, cosí adesso, vedendosi che li 4 non si
possono osservare senza molti inconvenienti, per piú giusta raggione si
potevano restringer al terzo; a che contradicevano altri con dire che da questo
si sarebbe facilmente passato a maggior restrizzione e finalmente venuto a
quella del Levitico, che sarebbe stato un fomentar l'opinione de' luterani,
concludendo che l'innovare fosse pericoloso; e questo parer, dopo molto
essamine, prevalse. Erano alcuni di parer che l'impedimento per fornicazione,
essendo secreto, fosse levato totalmente, e questa ancora non poté prevalere,
vedendosi l'inconveniente, perché molte cose prima secrete si palesano dopo.
Molti sentivano che in queste proibizioni
non si facesse novità alcuna, ma ben che fosse concessa a' vescovi la facoltà
di dispensar, e defendevano che quella stava meglio commessa a loro che alla
corte, poiché essi, sopra il fatto avendo piú chiara cognizione de' meriti e
delle cause, potevano essercitar piú giusta distributiva; che la corte di Roma
dà le dispense a persone non conosciute e che spesso anco le impetrano con
inganno, e non vi può metter diligenza per la lontananza de' paesi; senza che, ricevendo
il mondo scandalo per l'opinione che non siano date se non a chi ha danari,
sarebbe levata quell'infamia. I spagnuoli e li francesi s'affaticavano con
grand'efficacia per questo, ma gl'italiani dicevano che da loro era ciò
procurato per volersi far tutti papi e per non voler riconoscer la Sede
apostolica, e che era utile la difficoltà di mandar a Roma e negoziar
l'espedizione con qualche fatica e spesa, perché a questo modo pochi matrimoni
erano contratti in gradi proibiti. Ma quando col conceder la potestà a' vescovi
si fosse facilitato, in brevissimo tempo le proibizioni sarebbono andate in
niente, e li luterani averebbono guadagnato la loro opinione; anzi per questa
causa fu inclinazione quasi commune di decretare che nissun fosse dispensato dalle
proibizioni, se non per urgentissima causa; nel quale parer entrarono anco
quelli che non avevano ottenuto facoltà per li vescovi, parendogli esser piú
decoro episcopale se quello che a loro era vietato, non fosse ad altri
concesso. In fine di molti discorsi nelle congregazioni fu risoluto di
restringer la parentela spirituale, l'affinità per li sponsali e per la
fornicazione, e regolare anco le dispense tra li termini che si dirà recitando
li decreti.
Ebbe un poco di contrasto il nono capo,
dove è proibito a' superiori di costringer li sudditi con minaccie e pene a
contraer matrimoni, il qual comprendeva specificatamente l'imperatore e li re.
Fu opposto da Gulielmo Cassador, vescovo di Barcellona, che non era da
presupporre ne' prencipi grandi che s'intromettessero in matrimoni se non per
gravissime cause e per ben publico. Che le minaccie e pene allora sono cattive,
quando s'adoperano contra l'ordine della legge, ma li precetti penali alla
legge conformi esser giusti e non potersi riprender. Se caso alcuno vi è -
diceva egli - nel quale il superior possi commandar un matrimonio giustamente,
può anco constringer con mandato penale a celebrarlo: esser cosa decisa anco
da' teologi che il timor giusto non causa azzione involontaria. Voleva egli che
le cause legitime fossero eccettuate e che il decreto fosse formato sí che
comprendesse solamente quelli che constringono contra il giusto e contra
l'ordine della legge: poter occorrer molti casi in quali la necessità del ben
publico ricerchi che un matrimonio sia contratto, in quali sarebbe contra le
leggi divine et umane dire che il prencipe non potesse e commandarlo e
constringer a contraerlo. A questa raggion aggionse per essempio che del 1556,
a' 2 genaro, Paolo IV fece intimar un monitorio a donna Gioanna d'Arragona,
moglie d'Ascanio Colonna, che non maritasse alcune delle figlie senza licenza
sua, e se altrimenti facesse, il matrimonio fosse nullo, se ben fosse anco dopo
consummato. Che da quel papa intelligentissimo e di provata bontà non sarebbe
stato fatto, quando i prencipi non avessero facoltà, per rispetto di ben
publico, di maritar li sudditi.
Nel ponto del non far menzione de'
prencipi fu seguito da molti, e si levò il nome d'imperatore, re e prencipe; ma
del rimanente ebbe grandissima repugnanza, con questa sola raggione, che il
matrimonio è cosa sacra e che la potestà secolare non può avervi sopra
autorità, e che quando pur vi sia causa legitima per quale alcuno possi esser
constretto a matrimonio, questo non può esser fatto se non con la potestà
ecclesiastica. Ma la narrazione del monitorio di Paolo eccitò gran susurro
nella congregazione e dopo diede materia a discorsi varii. Altri dicevano che
ciò fu fatto dal papa non come prencipe, ma come papa e che aveva raggione di
farlo, essendo Ascanio Colonna suo ribelle e non volendo che co' matrimonii
delle figlie acquistasse nuove aderenze, col favor de' quali si confermasse
nella contumacia. Altri dicevano che il papa, come vicario di Cristo, non ha
ribelli per cause temporali, e che non sarebbe ben fondata opinione di chi
pensasse che il papa, per autorità apostolica, possi annullar matrimonii
altrimenti che per via di leggi o canoni universali, ma non sopra persone
particolari, che di ciò non si addurrà mai raggione, né se ne troverrebbe altro
essempio. Erano anco di quelli che negavano potersi far fondamento sopra simil
azzioni de' papi, le qual piú tosto mostrano sin dove si può giongere con
l'abuso della potestà, che dove s'estenda l'uso legitimo di quella.
Non minor difficoltà fu perché quel
decreto s'estendeva ancora a' padri, madri et altri superiori domestici, che
constringessero li figli et altri loro creati, e femine massime, a contraer
matrimonio; et era considerato che il venir a scommunica in casi di questa
sorte era cosa molto ardua; e tuttavia non mancavano d'insister in contrario
quelli che per l'inanzi avevano difesi li figliuoli esser obligati a seguir il
voler de' padri in questo particolare. Fu proposto temperamento che, dopo
l'aver commandato sotto scommunica a' superiori politici, s'aggiongesse che i
domestici fossero ammoniti a non constringer li figli e figlie contra il loro
volere; ma ripugnando tuttavia li medesimi che dicevano non esser giusto levar
a' padri la potestà che Dio gl'ha dato, in fine si deliberò di levar questa
parte afatto, non restando il vescovo di Barcellona et alcuni pochi della
medesima opinione di dire che, sí come s'aveva per chiaro o almeno non si
metteva in dubio l'autorità paterna e de superiori domestici sopra li
matrimoni, perilché erano venuti in parere di non parlarne, si dovesse aver la
medesima considerazione alla autorità de' superiori politici.
Finite le congregazioni sopra ciò, che
l'ultima fu il 31 luglio, incomminciò a parlar privatamente del clandestino; e
perseverando nella propria opinione l'una [e] l'altra parte, uscirono alcuni
con un nuovo parer, dicendo che quella difficoltà presuppone dogma di fede, e
però non si poteva determinare, essendo contradetto da numero notabile, la qual
opinione partoriva gran travaglio in quelli che desideravano l'irritazione,
parendo che fosse serrata totalmente la porta a poterla ottenere.
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