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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Disputa del poter della Chiesa in annullare i matrimonii]
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[Disputa del poter della Chiesa in annullare i matrimonii]

E perché la proposta de' figli di famiglia introduceva il quesito in generale se la Chiesa poteva irritar li matrimoni, si voltarono tutti li voti a parlar di questo novamente, quantonque se n'avesse parlato et i voti fossero stati raccolti, e fu letto il decreto formato di quelli, come di sopra s'è detto. Il cardinale Madruccio nel voto suo tenne che non si potessero irritar. Portò molte raggioni et argomenti per difender il parer suo, lasciandosi intender che si sarebbe opposto anco nella sessione, il che era anco detto dal varmiense e Simoneta, e maggior confusione generò che il Lainez, general de' giesuiti, mandò attorno una scrittura, reprobando l'irritazione, la qual diede occasione a molti di fermarsi piú animosamente in quell'opinione, e nelle congregazioni s'incomminciò a risponder alle raggioni l'uno dell'altro con tanta longhezza, che li legati furono quasi de opinione di tralasciar quel capo per non impedir la sessione, massime perché il vescovo di Sulmona, primo di tutti, introdusse a trattar in publica congregazione se quella materia dell'irritazione era spettante a dogma o a riforma. Et il vescovo di Segovia, dopo lui, fece longhissimo discorso in mostrar che non si poteva ridur a dogma e però, avendo la maggior parte approvato l'irritazione, si poteva aver per stabilito il decreto. Il vescovo di Modena seguí il medesimo parer, aggiongendo che il trattar quella materia per via di dogma non sarebbe altro se non chiuder la via al far qualsivoglia riforma, percioché in tutti gli articoli s'averia potuto suscitare la medesima difficoltà, se la Chiesa ha o non ha auttorità sopra quel particolare di che si trattasse; il che sarebbe un por le armi in mano agl'eretici e levar alla Chiesa l'autorità tutta, non essendo giusto metter mano in quello che è dubio se la potestà propria si vi estenda. Si dolse che fosse messa in campo quella questione da chi doveva averla per chiara e decisa. Piacque questo parer a molti, che dicevano non doversi mai metter in disputa se la Chiesa può o non può alcuna cosa; ma aver per deciso che, come a Cristo è data ogni potestà in cielo et in terra, cosí altratanta ne ha il pontefice romano, suo vicario; la qual auttorità essendo communicata da lui al concilio generale, convien tener per fermo che non manchi potestà di far tutto quello che è utile, senza metter in disputa se presupponga dogma o no. Piacque ancora a quelli che desideravano l'espedizione del concilio, vedendo che la difficoltà promossa portava grand'impedimento al fine di quello e causava scandalo: onde da' legati e da' principali italiani fu fatto ufficio a parte che non se ne parlasse, non occorrendo trattarne, né con francesi, né con spagnuoli, per esser tutti essi in opinione che li matrimoni clandestini si dovessero irritare; e furono fatte molte adunanze de prelati, e tra loro e co' legati a quest'effetto, e deliberato che non solo non fosse posto il decreto insieme con la dottrina, accioché non paresse dogma, ma ancora che non fosse separatamente posto in un capo proprio, che potesse venir mai in difficoltà, se per tale fosse stato tenuto, ma si mettesse inserto co' li capi di riforma; e per rimover maggiormente ogni difficoltà, fu anco deliberato di formar il decreto in maniera che non paresse trattarsi professatamente di quell'irritazione, ma meschiandolo insieme col primo capo degl'abusi, il qual era una provisione di restituire le denonciazioni ordinate da Innocenzo III, che erano intermesse; e nel decretare cosí queste, come tutte le altre condizioni appropriate per dar al matrimonio publica forma, s'aggiongesse con due sole parole, quasi incidentemente, che s'annullavano li contratti fatti altramente, e passarla senza maggior longhezza. Et a questo senso fu il capo formato e riformato piú volte, e sempre molto intricatamente e con maggior difficoltà posteriormente che per l'inanzi.

In queste riforme, tra le altre alterazioni, fu mutato il punto particolare già stabilito, come s'è detto, che la presenza di tre testimonii fosse sufficiente per intiera validità, et invece d'un testimonio, fu sustituito che, senza la presenza del prete, ogni matrimonio fosse nullo, cosa di somma essaltazione dell'ordine ecclesiastico, poiché un'azzione tanto principale nell'amministrazione politica et economica, che sino a quel tempo era stata in sola mano di chi toccava, veniva tutta sottoposta al clero, non rimanendo via né modo come far matrimonio, se doi preti, cioè il paroco et il vescovo, per qualche rispetti interessati, ricuseranno di prestar la presenza. Non ho trovato nelle memorie chi fosse autore di tanto avvantaggio, come anco molti altri importanti particolari mi sono restati nascosti, che ne farei menzione. come non debbo fraudare del debito onore Francesco Beaupere, vescovo di Metz, al qual parendo impossibile ridur in forma che sodisfacesse pensieri tanto varii e rapresentargli con le riserve e risguardi cosí sottili, diede la forma che si vede; la quale, come pare soggetta a diverse interpretazioni, cosí s'accommoda a diverse opinioni. E proposta in congregazione ebbe voti in favore 133 e 56 che la contradissero espressamente. Di tutto questo li legati diedero conto al pontefice, dimandando ordine di quello che si doveva fare e se con contradizzione cosí numerosa, quando non s'avesse potuto con gl'ufficii vincerla, dovessero o non dovessero stabilir il decreto.

 

 




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