[Il papa sollecita il fine del concilio]
Il pontefice, vedute le risposte
dagl'ambasciatori date a' capitoli da' legati proposti, tanto piú si confermò
che bisognava metter fine al concilio, altrimente qualche gran scandalo sarebbe
seguito, et aveva per leggieri gl'inconvenienti preveduti e dubitava di qualche
maggior impreveduto; ma vedendo la difficoltà di metter fine senza terminar le
cose perché il concilio era congregato, se i prencipi non se ne contentavano,
deliberò di far ufficio di questo con tutti. Scrisse di ciò a' noncii suoi in
Germania, Francia e Spagna, ne parlò con tutti gl'ambasciatori residenti
appresso di sé et anco con quei de' prencipi d'Italia; et usava questo
concetto: che a chi l'avesse aiutato a finir il concilio, sarebbe piú obligato
che se avessero fatto assistenza con le armi in qualche gran bisogno. Alli
legati rispose che voltassero la mira principale a finir il concilio et a
questo fine concedessero tutto quello che non si poteva negare per ottener
questa intenzione; s'admettessero manco cose pregiudiciali che possibile fosse;
che alla prudenza e forza loro, che erano nel fatto, rimetteva il tutto, purché
al concilio fosse posto quanto piú presto fine.
Ma li legati, dopo aver considerato
insieme con alquanti prelati, le proposte degl'ambasciatori sopra la riforma et
a loro instanza tralasciati 6 de' capi proposti e ridottigli a 32, il dí 21
agosto gli diedero a' prelati per parlarne sopra. Il cardinal di Lorena fece
congregazioni particolari de' francesi per essaminargli, il che era con
sodisfazzione de' legati, non solo perché erano certi che egli caminava con la
medesima intenzione di loro, ma anco essendo desiderosi d'accomodargli a commun
satisfazzione prima che se ne parlasse in congregazione generale, e diedero
cura agl'arcivescovi d'Otranto e di Taranto e vescovo di Parma che ciascuno di
essi separatamente, nelle proprie case congregati li loro aderenti,
gl'essaminassero et intendessero quello che sarebbe di sodisfazzione commune; e
continuandosi in questo piú giorni, tra i spagnuoli et altri italiani non
chiamati fu mormorato assai e fatto ammutinamento per opporsi.
Successe anco che, andato l'arcivescovo
d'Otranto in casa dell'ambasciatore catolico, fu da lui di questo ammonito, con
dirgli che non averebbe voluto aver occasione di far ufficii appresso il re che
non gli piacessero; che quelle particolar congregazioni erano tanto mal intese
da' buoni prelati, che non poteva restar di darne conto a Sua Maestà. Egli si
scusò che tutto era per buon fine per facilitar la materia e per proveder alle
difficoltà inanzi la congregazione generale; et essendo sopragionto a ponto
allora il vescovo d'Ischia per parlar al conte a nome del cardinal Morone, egli
nel medesimo proposito gli mostrò che gli dispiacevano le private congregazioni
e che teneva openione che non si facessero ad altro fine, se non per metter
difficoltà e tralasciar parte de' capi, a fine di far piú presto la sessione.
Con tutto ciò li legati, piú mirando a sodisfar li prelati che l'ambasciatore,
vedute le cose avvertite in quelle congregazioni, le ricevettero per buoni
avvertimenti et accommodarono li decreti, mutando diversi luoghi et in altri
inferendo secondo quelli.
Ma mentre che erano per dargli fuori cosí
emmendati, arrivò un corriero dall'imperatore, per instruzzione portata dal
quale l'arcivescovo di Praga ricercò instantemente li legati a non proporre la
riforma de' prencipi secolari, sin che essi avessero risposta da Sua Maestà
cesarea; la qual instanza fece anco dopo loro il conte di Luna. Per questo li
legati erano molto perplessi, poiché già Francia et ora l'imperatore e Spagna
non si mostravano sodisfatti, e dall'altra parte era commun desiderio di tutti
li padri che la riforma si facesse tutt'insieme; onde congregati in casa di
Navaggiero indisposto, vedendo esser necessario dar sodisfazzione
agl'ambasciatori, proposero se si doveva differir tutta la riforma o il capo
solo de' prencipi. Lorena era di parer che questo solo si differisse e si
proponesse tutto 'l rimanente; il che sarebbe piaciuto, quando non fosse
restato dubio di dar ombra a' prelati che la riforma secolare s'avesse da
ommetter in tutto e da questo pigliassero occasione di reclamare, e
privatamente e nelle publiche congregazioni: onde fu risoluto di dar
sodisfazzione agl'ambasciatori, differendo la riforma de' prencipi, ma acciò
che li prelati non interpretassero male, differire almeno la metà degl'altri
capi e li piú importanti, dando fuori il rimanente come gli avevano corretti,
per far dir li voti e celebrar la sessione, se ben la difficoltà che si vedeva
nel decreto de' clandestini, gli faceva dubitare. Et il dí 6 settembre furono dati
fuora 21 capi di riforma con ordine di comminciar il dí seguente le
congregazioni. Nella formazione di questi adoperò tutta l'arte et ingegno il
cardinal Simonetta con gl'altri suoi per caminar con temperamento, sí che la
corte romana ricevesse poco pregiudicio e fosse data sodisfazzione al mondo,
che dimandava riforma, et agl'ambasciatori che la sollecitavano, e quello che
piú di tutto importava, restassero li vescovi contenti, poiché, volendo finir
il concilio, era necessario che essi vi concorressero con buona volontà.
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