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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Rimostranze o correzzioni degli articoli di riforma]
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[Rimostranze o correzzioni degli articoli di riforma]

In quella e nelle seguenti congregazioni furono dati i voti sopra li 20 capi di riforma proposti, ne' quali se ben non vi fu cosa di gran momento, nondimeno, per serie dell'istoria e dicchiarazione di molte cose che occorsero dopo, è ben far menzione delle principali.

Nel primo capo, che era dell'elezzione de' vescovi, dicendosi che vi fosse obligo di proveder del piú degno, tornò la difficoltà un'altra volta trattata, che era un legar le mani molto strettamente cosí al pontefice nelle collazioni, come a' re e prencipi nelle nominazioni, se dovessero esser ristretti a nominar una sola persona; e la maggior parte voleva che, levato quel comparativo, si dicesse solamente esser tenuti a proveder di persona degna. Ma dall'altro canto consideravano altri che da' padri era stato sempre usato il modo di dire che il piú degno fosse preferito, et adducevano la raggione, perché non può esser senza colpa chi antepone il manco degno, se ben idoneo, al piú meritevole. Vi fu assai che disputare, ma si trovò modo d'accommodarla, lasciando in apparenza la voce «piú degno», e parlando prima co' termini positivi, e poi passando a' comparativi, in maniera che s'intendesse la provisione libera, e cosí fu usata la forma di dire che si vede stampata, cioè che vi è obligo di proveder di buoni et idonei pastori e che mortalmente pecca chi non antepone li piú degni e piú utili alla Chiesa, restando a queste parole la natural esposizione, che molti sono li piú degni e piú utili rispetto a molti altri, che sono meno; nella qual amplitudine ha gran campo l'arbitrio di chi ha da proveder.

Nel capo terzo fu qualche difficoltà intorno la visitazione degl'arcivescovi. Questi, allegando li canoni e consuetudini antiche che li soffraganei giuravano obedienza a' metropolitani et erano pienamente soggetti alla visitazione, correzzione e governo di quelli, non acconsentivano che fosse fatto pregiudicio a quell'autorità, e tra questi grandemente si riscaldava il patriarca di Venezia. I vescovi, particolarmente quelli del regno di Napoli, per il contrario s'affaticavano a conservar la consuetudine introdotta, per quale non sono differenti d'autorità, ma di solo nome: ma l'esser il numero de' vescovi grande e degl'arcivescovi picciolo, et il favore che li legati e ponteficii facevano a quelli, acciò gl'arcivescovi con la soggezzione de' soffraganei non acquistassero autorità e riputazione, de' quali potessero valersi per non star tanto soggetti alla corte quanto sono, fu causa che non potero ottener se non una sola parola di sodisfazzione, che gli fu data, non proibendogli di visitare, quando fosse con causa approvata dal concilio provinciale; di che si dolevano con dire che era afatto un niente, perché essendo nel concilio provinciale un arcivescovo con molti vescovi, si poteva aver per chiaro che l'occasione non sarebbe mai nata.

Il sesto capo era sopra le essenzioni de' capitoli delle catedrali dall'autorità episcopale, nel quale, avendo grand'interesse li vescovi spagnuoli et a loro contemplazione il conte di Luna, furono fatte molte restrizzioni et ampliazioni, ma non però tali che quei prelati restassero contenti, se ben piú volte fu mutato et in fine anco tralasciato e portato all'altra sessione, come si dirà.

Il decimoterzo capo, in quello che tocca le pensioni, parlava generalmente che nissun beneficio potesse esser gravato di maggior pensioni che della terza parte de' frutti o loro valore, conforme a quello che fu di costume quando le pensioni s'introdussero; il che al cardinale di Lorena non pareva conveniente, poiché vi sono beneficii molto ricchi che, quando anco pagassero due terzi, non si potrebbono intender gravati, et altri cosí poveri, che non possino sostentar pensione; però che non era giusta distribuzione questa, ma meglio era proibire che li vescovati di 1000 scudi e le parochiali di 100 non potessero esser gravate, e quanto al rimanente, fermarsi: la qual opinione prevalse con grandissimo piacere de' legati e de' ponteficii, per la libertà assoluta che si lasciava al pontefice ne' buoni benefici. Furono molti e longhi li discorsi di quelli che dimandavano moderazione sopra le pensioni, e riservazioni de frutti già imposte, e sopra gl'accessi e regressi; ma la difficoltà constrinse ogni uno a metter il tutto in silenzio per la confusione e disordini che si prevedevano poter seguire, perché tutti s'averebbono doluto, con iscusa che non averebbono risegnato li beneficii senza quelle condizioni, e maggiormente quelli che, per ottener tal grazie, avevano pagato composizione con la camera, averebbono occasione di dolersi che si levassero le grazie senza restituir li danari, li quali restituire trattava dell'impossibile. Finalmente ad ognuno parve molto che si provedesse all'avvenire senza pensar al passato.

Il decimoquarto capo, che detestava e proibiva ogni pagamento de parte de' frutti per la collazione, provisione o possesso, piaceva molto a' francesi: dicevano che per quelle parole era levato il pagamento delle annate; e veramente chi le considera et essamina, non potrà dargli altra intelligenza; con tutto ciò l'evento ha mostrato che in Roma non è stato inteso cosí.

Nel decimosettimo, dove è proibita la pluralità de' beneficii e concessa la dualità in caso che uno non basti, fu ricercato da alcuni aggionta, che quei doi beneficii non fossero distanti piú che per il viaggio d'un giorno, accioché potesse il provisto far parte di residenza in ciascuno di loro. Ma non potero ottenerlo, né gl'autori s'affaticarono molto, prevedendo che quel decreto, come anco tutto 'l capitolo, non averebbe avuto essecuzione se non contra qualche poveri.

Il decimottavo, se ben piacque, in quanto restituiva infatti la provisione de' beneficii curati a' vescovi, li francesi però contradissero alla forma dell'essamine, perché pareva loro che legasse troppo strette le mani al vescovo in apparenza. Usavano per raggione il dire che quel concorso era un dar luogo troppo aperto e publico all'ambizione; che l'antichità aveva professato di dar le chiese a chi le ricusava, e che con quella nuova maniera s'introduceva non solo il procurarle apertamente, ma il professarsene degno e procacciarle.

Sopra il decimonono capo il vescovo di Coimbria s'estese a parlar contra le espettative, come quelle che facevano desiderar e forse procurar la morte altrui; e delle riservazioni mentali passò a dire che erano fraudi e puri latrocinii, e che in fine meglio era lasciar al pontefice l'intiera collazione di tutti li beneficii, che usar arteficii cosí indegni, come era il voler dar virtú ad un pensiero non conferito, non publicato e lasciando suspizzione che potesse esser non capito nell'animo, ma inventato dopo il fatto. Ma il cardinale Simoneta gl'attraversò il raggionamento con dire che il riprender gli abusi, quando la provisione non è ancora deliberata, è cosa raggionevole, a fine di procurarla, ma vedendosi commune disposizione al rimedio e già formato il decreto, bastava stabilirlo con assentirvi e non moltiplicar per ambizione in parole di riprensione dove non fa bisogno.

 

 




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