[Lettere del re di Francia a' suoi
ministri in Trento per opporsi alla riforma de' prencipi]
Il dí 11 settembre ricevettero
gl'ambasciatori francesi lettere del re de' 28 agosto, nelle quali significava
aver ricevuto gl'articoli communicati a loro da' legati e veder le cose molto
lontane dalla speranza concepita, poiché lo stabilir quelli era un tagliar le
unge a' re e crescer le ecclesiastiche; il che non volendo egli sopportare, gli
commandava di rappresentar a' padri con prudenza, desterità e vivacità che, sí
come ogni prencipe, caminando il concilio come doverebbe, è in obligo di
favorirlo con ogni zelo e fervore, cosí l'occoltar la piaga che causa li mali
presenti e farne una piú grande con pregiudicio de' re, è molto lontano da
quello che s'aspettava. Che egli veduto aveva come leggiermente passano nel
riformar le persone ecclesiastiche, che hanno causato li scandali a quelli che
si sono separati dalla Chiesa romana, e come s'assummano autorità di levar le
raggioni e prerogative a' re, cassar le ordinazioni reali, le consuetudini
prescritte et immemorabili, anatematizar et escommunicar il re e prencipi,
tutte cose che tendono a seminar disubedienza, sedizione o ribellione de'
sudditi verso li prencipi loro, essendo chiaro a tutto 'l mondo che la potestà
de' padri e del concilio non s'esende se non alla riformazione dell'ordine
clericale, senza toccar cose di Stato, potestà o giurisdizzione secolare, che è
in tutto distinta dall'ecclesiastica, e che sempre, quando li padri e concilii
s'hanno assonto di trattar tal cose, li re e prencipi hanno fatto resistenza;
da che sono procedute molte sedizioni e guerre dannosissime alla cristianità;
gli confortassero, attendendo a quello che era di loro carico e necessario a' bisogni
presenti, tralasciar quei tentativi che, non avendo mai fatto buon effetto,
erano per partorirlo molto piú cattivo in quei tempi. Soggionse il re che, se
li padri con queste persuasioni non si retireranno, essi ambasciatori debbino
opponersi virilmente e, fatta l'opposizione, senza aspettar il loro giudicio o
rimettersi alla loro discrezione, dovessero partirsi e retirarsi a Venezia,
facendo intender a' prelati francesi che debbino continuare nel concilio,
adoperandosi al servizio di Dio, essendo certo che, dove vederanno esser posto
in deliberazione alcuna cosa contra le raggioni, prerogative e privilegii del
re e della Chiesa gallicana, non mancheranno d'assentarsi come Sua Maestà vuol
et intende che facciano. Scrisse anco al cardinale di Lorena nel medesimo
tenore, come ordinava si parlasse agl'altri prelati, cioè che con la sua
presenza non dovesse approvar alcuna cosa trattata in concilio contra le
raggioni regie, ma assentarsi, se vederà che li padri escano fuori delle cose
appartenenti al loro carico, rimettendosi nel soprapiú all'instruzzione che
mandava agli ambasciatori.
Li francesi, ricevute queste lettere e
communicato il tutto col cardinale di Lorena, col conseglio suo, ne diedero
anco parte a legati, e fecero passarne voce per il concilio, acciò che, inteso
questo, desistessero li vescovi dal dimandar riforma de' prencipi et essi non
avessero occasione di far l'opposizione e venir a protesti. Ma la cosa partorí
contrario effetto, perché li vescovi, i quali stavano alquanto quieti con l'espettazione
che, fatta sessione, si sarebbe proposta la riforma de' prencipi, intendendo
questo di nuovo e vedendo che si mirava a metterla in silenzio, si diedero a
trattar tra loro di non voler passar piú inanzi negl'atti conciliari, se non
era dato fuori e messo in deliberazione insieme con gl'altri anco quel capo che
de' prencipi trattava. E le prattiche caminarono cosí inanzi che 100 di loro si
diedero la parola insieme di star costanti in queste deliberazioni e, formatane
una scrittura sottoscritta di mano di tutti, andarono a' legati, ricchiedendo
che gl'articoli della riforma de' prencipi fossero proposti e dati a' padri,
decchiarando quasi in forma di protesta che non continuarrebbono in parlare, né
concluderebbono niente sopra gli altri, se non insieme con quelli. Usarono li
legati buone parole con dissegno e speranza di divertir l'umore. In questo moto
il conte Luna comparve di nuovo con la solita instanza che il decreto
«Proponentibus legatis» fosse rivocato, acciò ogni prelato potesse propor le
cose che giudicasse meritevoli di riforma, e dimandò che fosse accommodato a
gusto de' prelati spagnuoli il sesto capo, levando a fatto le essenzioni a'
capitoli de' canonici delle chiese catedrali e sottoponendogli al vescovo; et
essendo comparso in Trento un procurator per nome di quei capitoli, che faceva
ufficio in contrario, gli commandò che non dovesse parlarne.
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