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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Lettere del re di Francia a' suoi ministri in Trento per opporsi alla riforma de' prencipi]
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[Lettere del re di Francia a' suoi ministri in Trento per opporsi alla riforma de' prencipi]

Il 11 settembre ricevettero gl'ambasciatori francesi lettere del re de' 28 agosto, nelle quali significava aver ricevuto gl'articoli communicati a loro da' legati e veder le cose molto lontane dalla speranza concepita, poiché lo stabilir quelli era un tagliar le unge a' re e crescer le ecclesiastiche; il che non volendo egli sopportare, gli commandava di rappresentar a' padri con prudenza, desterità e vivacità che, come ogni prencipe, caminando il concilio come doverebbe, è in obligo di favorirlo con ogni zelo e fervore, cosí l'occoltar la piaga che causa li mali presenti e farne una piú grande con pregiudicio de' re, è molto lontano da quello che s'aspettava. Che egli veduto aveva come leggiermente passano nel riformar le persone ecclesiastiche, che hanno causato li scandali a quelli che si sono separati dalla Chiesa romana, e come s'assummano autorità di levar le raggioni e prerogative a' re, cassar le ordinazioni reali, le consuetudini prescritte et immemorabili, anatematizar et escommunicar il re e prencipi, tutte cose che tendono a seminar disubedienza, sedizione o ribellione de' sudditi verso li prencipi loro, essendo chiaro a tutto 'l mondo che la potestà de' padri e del concilio non s'esende se non alla riformazione dell'ordine clericale, senza toccar cose di Stato, potestà o giurisdizzione secolare, che è in tutto distinta dall'ecclesiastica, e che sempre, quando li padri e concilii s'hanno assonto di trattar tal cose, li re e prencipi hanno fatto resistenza; da che sono procedute molte sedizioni e guerre dannosissime alla cristianità; gli confortassero, attendendo a quello che era di loro carico e necessario a' bisogni presenti, tralasciar quei tentativi che, non avendo mai fatto buon effetto, erano per partorirlo molto piú cattivo in quei tempi. Soggionse il re che, se li padri con queste persuasioni non si retireranno, essi ambasciatori debbino opponersi virilmente e, fatta l'opposizione, senza aspettar il loro giudicio o rimettersi alla loro discrezione, dovessero partirsi e retirarsi a Venezia, facendo intender a' prelati francesi che debbino continuare nel concilio, adoperandosi al servizio di Dio, essendo certo che, dove vederanno esser posto in deliberazione alcuna cosa contra le raggioni, prerogative e privilegii del re e della Chiesa gallicana, non mancheranno d'assentarsi come Sua Maestà vuol et intende che facciano. Scrisse anco al cardinale di Lorena nel medesimo tenore, come ordinava si parlasse agl'altri prelati, cioè che con la sua presenza non dovesse approvar alcuna cosa trattata in concilio contra le raggioni regie, ma assentarsi, se vederà che li padri escano fuori delle cose appartenenti al loro carico, rimettendosi nel soprapiú all'instruzzione che mandava agli ambasciatori.

Li francesi, ricevute queste lettere e communicato il tutto col cardinale di Lorena, col conseglio suo, ne diedero anco parte a legati, e fecero passarne voce per il concilio, acciò che, inteso questo, desistessero li vescovi dal dimandar riforma de' prencipi et essi non avessero occasione di far l'opposizione e venir a protesti. Ma la cosa partorí contrario effetto, perché li vescovi, i quali stavano alquanto quieti con l'espettazione che, fatta sessione, si sarebbe proposta la riforma de' prencipi, intendendo questo di nuovo e vedendo che si mirava a metterla in silenzio, si diedero a trattar tra loro di non voler passar piú inanzi negl'atti conciliari, se non era dato fuori e messo in deliberazione insieme con gl'altri anco quel capo che de' prencipi trattava. E le prattiche caminarono cosí inanzi che 100 di loro si diedero la parola insieme di star costanti in queste deliberazioni e, formatane una scrittura sottoscritta di mano di tutti, andarono a' legati, ricchiedendo che gl'articoli della riforma de' prencipi fossero proposti e dati a' padri, decchiarando quasi in forma di protesta che non continuarrebbono in parlare, né concluderebbono niente sopra gli altri, se non insieme con quelli. Usarono li legati buone parole con dissegno e speranza di divertir l'umore. In questo moto il conte Luna comparve di nuovo con la solita instanza che il decreto «Proponentibus legatis» fosse rivocato, acciò ogni prelato potesse propor le cose che giudicasse meritevoli di riforma, e dimandò che fosse accommodato a gusto de' prelati spagnuoli il sesto capo, levando a fatto le essenzioni a' capitoli de' canonici delle chiese catedrali e sottoponendogli al vescovo; et essendo comparso in Trento un procurator per nome di quei capitoli, che faceva ufficio in contrario, gli commandò che non dovesse parlarne.

 

 




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