[Ritorno di Lorena a Trento]
Restava la dicchiarazione del
«Proponentibus legatis». Alla quale non trovando temperamento, dissero al conte
che esso dovesse proponer una formula come desiderava che si facesse; da che
scusandosi egli, deputarono tre canonisti a trattar con lui e trovar modo che
gli piacesse, purché non fosse con alterazione del modo dato dal papa. Ma
opportunamente in quella occasione era arrivato il cardinale di Lorena, il
qual, essendo partito da Roma con instruzzione e conclusione di tutte le cose e
passato da Venezia per trattar con gl'ambasciatori che ritornassero inanzi il
fine del concilio, gionto a Trento, con la sua destrezza fece ricever al conte
con sodisfazzione quel modo; con che fu posto fine a questa tanto agitata
difficoltà con satisfazzione di tutti, e fu posto per vigesimoprimo capo della
riforma, il qual fu proposto in congregazione tenuta il dí 9 novembre a questo
effetto et approvato con poca repugnanza, dopo che fu levato il sesto; onde,
stabilito questo, furono reletti tutti li capi e detti brevemente i voti; ne'
quali il cardinale di Lorena, per salvar l'onor suo, disse che, quantonque
desiderasse maggior riforma, nondimeno, sapendo che non si può nel principio
venir agl'estremi rimedii, assentiva a' decreti, non giudicandogli bastanti, ma
sperando che il pontefice, o con rimetter in uso i canoni vecchi, o con
celebrar altri concilii generali, li darebbe compimento.
Et è cosa degna di memoria che in quella
congregazione fece una longa digressione in forma d'encomio della buona volontà
del papa del desiderio di veder la Chiesa riformata et il grado episcopale
restituito alla sua antica degnità et il concilio finito con frutto di tutta la
cristianità. L'arcivescovo di Granata, quando toccò a lui a parlare, esso anco
passò nelle laudi del papa e gl'attribuí altratanta buona volontà quanto il
cardinale aveva fatto, ma soggionse che o veramente il papa giudica di non
poter ordinare come sente, overo non ha autorità di fare che li suoi ministri e
dependenti esseguiscano.
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