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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Giudicii sopra questa sessione]
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[Giudicii sopra questa sessione]

Non fu aspettato l'essito di questa sessione con l'avidità che quello della precedente, perché allora fu empita la curiosità universale, come perché la materia del matrimonio non pareva che potesse portar seco cose di grand'osservazione; piú stava il mondo attento a veder che essito dovesse aver la protesta degl'ambasciatori francesi, la qual fu letta con varii affetti: da' poco benevoli alla corte romana fu commendata come vera e necessaria; ma dagl'interressati in quella, stimata d'aborrire altretanto, quanto le protestazioni per li tempi passati da Lutero fatte.

Nel sesto anatematismo del matrimonio restarono admirativi molti che fosse posto per articolo di fede la dissoluzione del matrimonio non consummato per la professione solenne, poiché, essendo la congionzione matrimoniale, se ben non consummata col congiongimento carnale, vincolo per legge divina instituito, poiché la Scrittura divina afferma esser stato vero matrimonio tra Maria e Giosefo, e la solennità della professione essendo de iure positivo, come Bonifacio VIII ha decretato, pareva cosa maravigliosa non tanto che un legame umano sciogliesse un divino, quanto che si debbia tener per eretico chi non sentirà che un'invenzione umana, nata molti centinara d'anni dopo gl'apostoli, prevaglia alla divina, instituita sino dalla creazione del mondo.

Ma nel settimo fu giudicato un parlar capzioso il condannar per eretico chi dirà la Chiesa aver fallato insegnando che per l'adulterio non si sciolga il matrimonio: perché dall'un canto, se alcun dicesse assolutamente che il matrimonio per quella causa si dissolvesse, senza direpensare che alcun abbia o non abbia errato insegnando il contrario, parerebbe che questo non fosse compreso, ma dall'altro canto non appare come alcun possa cosí sentire, senza aver il contrario, per errore; era creduto che bisognasse parlar chiaro e dir assolutamente che per l'adulterio non si dissolve, overo che ambedue le opinioni sono probabili e non far un articolo con verbo de verbo; ma questi forse non averebbono promosso la difficoltà, quando avessero saputo le cause narrate di sopra, perché si parlò in quella maniera.

Il nono canone diede da dire con quell'affermativa che Dio non nega il dono della castità a chi drittamente lo dimanda, parendo contrario all'Evangelio, che l'afferma non dato a tutti, et a san Paolo, che non essortò a dimandarlo, il che era piú facile che maritarsi.

Li politici restarono molto sospetti per il dodicesimo anatematismo, che sia eresia tenere che le cause matrimoniali non appartengono a giudici ecclesiastici, essendo certo che le leggi de' matrimonii tutte furono fatte dagl'imperatori e li giudicii in quelle cause amministrati da' magistrati secolari, sin tanto che le leggi romane ebbero vigore, il che la sola lettura de' codici teodosiano e giustiniano e delle Novelle lo dimostra evidentemente, e nelle formule di Cassiodoro restano memorie de' termini usati da' re goti nelle dispense de' gradi proibiti, che allora erano riputate appartener al governo civile e non cosí de religione, et a chi ha cognizione dell'istoria è cosa notissima che gl'ecclesiastici sono entrati a giudicar cause di quella natura, parte per commissione, e parte per negligenza de' prencipi e magistrati.

Ma nel primo ingresso del decreto della riforma del matrimonio molti restarono sospesi, intendendo a definire, come articolo di fede, che li matrimoni clandestini erano veri sacramenti e che la Chiesa gl'ha sempre detestati, essendo cosa molto contradittoria aver sacramenti detestabili. E l'aver commandato che il paroco interroghi li congiugati et inteso il loro consenso, dica: «Io vi congiongo in matrimonio in nome del Padre, Figlio, Spirito Santo», era deriso da' critici, con dire: «O senza queste parole sono congionti, o no; se no, adonque non è vero quello che il concilio fiorentino ha determinato: il matrimonio ricever la perfezzione dal consenso; se , che congionzione è quella che il paroco fa di persone già congionte? E se il "congiongo" fosse interpretato: decchiaro congionti, venirebbe ad aprir una porta per concluder che anco le parole dell'assoluzione siano declaratorie». Comonque questo fosse - dicevano - il decreto non esser fatto per altro se non per far fra poco tempo un articolo di fede che quelle parole dal paroco prononciate siano la forma del sacramento.

Della irritazione de' clandestini non fu meno che dire di quello che era stato nel medesimo concilio, lodando altri il decreto sino in cielo, e dicendo altri che, se quella sorte de matrimoni erano sacramenti, e per consequenza instituiti da Cristo, e la Chiesa in ogni tempo gl'ha detestati e finalmente gl'ha annullati, non si sapeva veder come questo fosse senza notar o d'inconvenienza, o almeno di negligenza quelli che da principio non vi providdero. E quando uscí fama della distinzione sopra quale fu il decreto fondato, che si annullava il contratto, che è la materia del sacramento, fu cosa difficile per molto tempo far capire che il contratto matrimoniale abbia nissuna distinzione dal matrimonio et il matrimonio dal sacramento, e massime che il matrimonio prima fu indissolubile che sacramento, poiché Cristo nostro Signore non lo prononciò insolubile come instituito da lui, ma come instituito da Dio nel terrestre paradiso, e pur admettendosi che il contratto matrimoniale sia una cosa umana e civile separata dal sacramento, la qual sia annullata, dicevano altri che l'annullazione non toccherebbe all'ecclesiastico, ma al secolare, a cui tocca l'ordinazione e cognizione di tutti li civili contratti.

La raggione allegata per moderar gl'impedimenti matrimoniali era molto lodata per raggionevole, ma insieme osservato che concludeva necessariamente molto maggiori restrizzioni delle decretate, non seguendo minor inconvenienti per gl'impedimenti confermati che per gl'aboliti. Il fine del capo delle dispense matrimoniali mosse ne' curiosi una vana questione: se il pontefice romano, coll'aversi assonto di concederle egli solo, aveva ricevuto maggior frutto o danno nell'autorità sua. A favor del frutto s'allegava la quantità grande d'oro che per questo canale era collato in corte e le obligazioni de tanti prencipi acquistate con quel mezo, cosí per restar essi sodisfatti ne' loro appetiti o interressi, come anco per esser tenuti a defender l'autorità ponteficia, sopra quale sola resta fondata la legitimità de' figli. Ma dall'altro canto, per il danno, si metteva la perdita delle entrate d'Inghilterra et obedienza di quella corona, che contrapesava ogni guadagno et ogni amicizia per le dispense guadagnate.

Li francesi riprendevano il decreto che chi robba donna sia tenuto dotarla ad arbitrio del giudice, dicendo che la legge sopra le doti non può essere fatta per autorità ecclesiastica e che era artificioso modo di levar la cognizione di quel delitto al secolare; perché se tocca all'ecclesiastico far la legge, tocca anco il giudicar la causa, e se ben si diceva assolutamente ad arbitrio del giudice, non esser da dubitare che, decchiarando, averebbono inteso del solo giudice ecclesiastico, e riputavano usurpazione dell'autorità temporale il punir li secolari d'infamia e d'incapacità alle degnità. Parimente non approvarono l'ordinazione contra li concubinarii perseveranti in scommunica un anno, che siano puniti dall'ecclesiastico, perché l'estrema, ultima e massima delle pene ecclesiastiche è la scommunica, secondo la dottrina di tutti li padri; onde il voler passar oltre quella, esser entrar nella potestà temporale, e tanto piú, quanto se gli facoltà di scacciar le concubine dalle terre deridendo la potestà secolare con implorar il braccio, se farà bisogno, che è un affermar che per ordinario si possi venir ad essecuzione di questa essulazione dal medesimo ecclesiastico.

Il decreto della riforma nel primo capo era notato o di mancamento o di presonzione, atteso che, se l'autorità della sinodo s'estende in dar legge al papa, massime in cose tanto debite, non era giusto farlo in forma di narrativa e con obliquità di parole. Se anco la sinodo ha da ricever le leggi dal pontefice, non si poteva scusare di non aver passato li suoi termini, poiché, se ben obliquamente, tuttavia però acremente riprende le passate azzioni di quel e d'altri pontefici. Dicevano li periti dell'istoria ecclesiastica il tirar a Roma tutte le cause de' vescovi esser una nuova polizia per aggrandir sempre piú la corte, poiché tutti gl'essempii dell'antichità e li canoni de' concilii di quei tempi mostrano che le cause de' vescovi, eziandio de deposizioni, si trattavano nelle regioni di ciascuno. Quelli che aspettavano qualche provisione sopra l'introdotto abuso delle pensioni, veduto quello che ne fu decretato nel decimoterzo capo, giudicarono che la materia dovesse passar a maggior correzzione, come l'evento anco ha dimostrato. Il decimoquarto capo era da ogni uno lodato, parendo che avesse levato le annate et il pagamento delle bolle che si spediscono a Roma per la collazione de' beneficii; ma in progresso di tempo, essendosi veduto che quelli restarono in piedi, né mai si pensò né a levargli, né moderargli, s'accorsero che si levavano solo li piccioli abusi delle altre chiese, restando verificato che dagl'occhi si levano le sole festuche, non mai li travi. Del statuto dell'unità o al piú della dualità de' beneficii, da ogni persona savia fu giudicato che questo secolo non era degno, e che non sarebbe servato se non in qualche miseri. Similmente l'essame in concorso nella collazione delle parochiali, ogni uno prognosticava che dovesse con qualche sinistra interpretazione esser deluso, e la profezia si verificò ben molto presto, perché non si stette troppo in Roma a decchiarare che non s'aveva da osservare concorso in caso di resignazione, ma essaminar il solo resignatorio, che fu un abolir il decreto per la maggior parte, poiché con la risegna i migliori sono esclusi e prescritto quello che piú piace al resignante, e non vacano li beneficii per altra causa se non casualmente. Il decreto della cognizione delle cause in prima instanza, con l'eccezzione soggionta, cioè «eccetto quelle che il papa vorrà commetter o avocare», esser afatto destrutto; perché non furono mai levate le cause a' legitimi tribunali, se non per commissioni et avocazioni ponteficie, et ora, conservando la causa del male, si medicava il sintoma solamente; e se ben quell'aggionzione «per causa urgente e raggionevole» pareva che regolasse, però gl'intendenti sapevano molto ben che tanto quelle parole significano, quanto se dicessero «per qualonque arbitraria causa».

Ma dell'ultimo capo, che già tanti mesi era stato sotto l'espettazione, toccando nell'essenziale la libertà del concilio, vedendosi decchiarato non esser stata la mente della sinodo di mutar il modo di trattar, né aggionger o sminuir cosa alcuna di nuovo alle vecchie ordinazioni, fu dalle persone savie detto che, per quanto a questo concilio tocca, era una decchiarazione contraria al fatto, e publicata quando piú non giovava, né piú si poteva servirsene, come medicina applicata al corpo morto. Et altri ridendo aggiongevano che era un consolare il buon uomo, la cui moglie avesse fatto figli con altri, dicendo non fu per fargli torto. Ma per l'essempio dato a' posteri, insegnava come ne' concilii si potesse da principio a fine usar ogni violenza et essorbitanza, e con una tal decchiarazione iscusare, anzi giustificare ogni inconvenienza fatta, e sostenerla per legitima.

 

 




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