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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro ottavo
    • [Canone della riforma generale]
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[Canone della riforma generale]

Continuò immediate la lettura della riforma generale, della quale, dopo essortati li vescovi alla vita essemplare et alla modestia negl'apparati, mensa e vitto frugale,

1 Viene proibito che delle rendite della chiesa non possino far parte a' parenti e famigliari, eccetto se sono poveri, estendendo quello che de' vescovi è detto a tutti li beneficiati secolari e regolari et ancora a' cardinali.

2 Che li vescovi, nel primo concilio provinciale, ricevino li decreti d'essa sinodo tridentina, promettino obedienza al papa, anatematizino le eresie condannate, e l'istesso faccia ciascun vescovo che per l'avvenire sarà promosso, nella prima sinodo; e tutti li beneficiati che debbono convenir in sinodo diocesana, in quella faccino il medesimo. E quelli che hanno cura dell'università e studii generali, operino che da quelli siano ricevuti li medesimi decreti e li dottori insegnino conforme a quelli la fede catolica; e di ciò ne facciano giuramento solenne in principio di ciascun anno, e quelle che sono soggette immediate al pontefice, Sua Santità averà cura che siano riformate da' suoi delegati in quella maniera o come meglio gli parerà.

3 Che se ben la spada della scommunica è il nervo della disciplina ecclesiastica, molto salutifero per contener gl'uomini in ufficio, s'ha da usar con sobrietà e circonspezzione, avendo imparato per esperienza esser piú sprezzato che temuto, quando si fulmina temerariamente per causa leggiera; però da altri che dal vescovo non possi esser fulminata per cose perse e rubate, il quale non si lasci indur a concederla dall'autorità di qualsivoglia secolare, eziandio magistrato. E nelle cause giudiciali, dove si può far l'essecuzione reale o personale, s'astenga da censure; e nelle civili, spettanti in qualonque modo al foro ecclesiastico, possino usar pene pecuniarie, eziandio contra li laici, o proceder per presa de pegni overo delle persone medesime, con essecutori suoi o altri; e non potendosi esseguir realmente o personalmente, ma essendoci contumacia, si possi proceder alla scommunica; et il medesimo nelle cause criminali. Né il magistrato secolare possi proibir all'ecclesiastico di scommunicare overo rivocar la scommunica sotto pretesto che le cose del decreto non siano state osservate. Il scommunicato, se non si ravederà, non solo non sia ricevuto a partecipar co' fedeli, ma se persevererà nelle censure, si possi proceder contra lui come sospetto d'eresia.

4 facoltà a' vescovi che nella sinodo diocesana, et a' capi degl'ordini ne' suoi capitoli generali possino ordinar nelle loro chiese quello che sia ad onor di Dio et utilità di quelle, quando vi sia obligo di celebrar cosí gran numero di messe per legati testamentarii che non si possino satisfar overo l'elemosina sia tanto tenue che non si trovi chi vogli ricever il carico; con condizione però, che sempre si faccia memoria di quei deffonti che hanno lasciati li legati.

5 Che nella collazione o qualonque altra disposizione de' beneficii non sia derogato alle qualità, condizioni e carichi ricercati, overo imposti nella erezzione o fondazione, o per qualonque altra constituzione; altrimenti la provisione sia stimata sorrettizia.

6 Che quando il vescovo procede fuori di visita contra li canonici, il capitolo nel principio di ciascun anno elegga doi, col conseglio e consenso de' quali abbia da proceder in tutti gl'atti, e sia uno il voto d'ambidoi, e se saranno tutti doi discordi dal vescovo, sia eletto da loro un terzo che determini la controversia; e non accordandosi, sia eletto il terzo dal vescovo piú vicino; ma nelle cause di concubinato o piú atroci possi il solo vescovo ricever l'informazione e proceder alla retenzione, del resto servando quanto è ordinato. Che il vescovo in coro et in capitolo e negl'altri atti publici abbia la prima sede et il luogo che eleggerà. Che il vescovo preseda al capitolo, se non quando si tratta del commodo suo e de' suoi, né questa autorità possi esser communicata al vicario e quelli che non sono di capitolo. Nelle cause ecclesiastiche siano in tutto soggetti al vescovo, e dove li vescovi hanno maggior giurisdizzione della predetta, il decreto non abbia luogo.

7 Per l'avvenire non sia piú concesso regresso o accesso ad alcun beneficio ecclesiastico, né li già concessi siano estesi o trasferiti, et in questo siano compresi anco li cardinali. Non siano fatti coadiutori con futura successione in qualsivoglia beneficii ecclesiastici; e se nelle catedrali o monasterii sarà necessario o utile il farlo, la causa sia prima conosciuta dal pontefice e vi concorrano le debite qualità.

8 Che tutti li beneficiati essercitino l'ospitalità quanto l'entrata gli concede, e quelli che hanno ospitali in governo sotto qualonque titolo, commanda che l'essercitino secondo che sono tenuti delle entrate a ciò deputate; e se nel luogo non si trovino persone di quella sorte che l'instituzione ricerca, le entrate siano convertite in uso pio piú prossimo a quello come parerà al vescovo con doi del capitolo; e quelli che non satisfaranno al carico dell'ospitalità, se ben fossero laici, possino esser costretti per censure et altri rimedii al loro debito, e siano tenuti alla restituzione de' frutti nel foro della conscienza, e per l'avvenire simil governi non siano dati ad uno per piú che 3 anni. Che il titolo del iuspatronato si mostri autentico per fondazione o donazione o per presentazioni moltiplicate da tempo immemorabile, o in altra maniera legitima. Ma nelle persone e communità che si sogliono presumer averlo usurpato, la prova sia piú essatta e l'immemorabile non basti, se non si mostrino autenticamente presentazioni di 50 anni almeno, che tutte abbiano avuto effetto. Le altre sorti de' patronati s'intendino abrogati, eccetto quelli dell'imperatore, re overo possessori de regni, et altri prencipi soprani e de' studii generali. Possi il vescovo non admetter li presentati da' patroni se non saranno idonei; li patroni non si possino intrometter ne' frutti, né il iuspatronato possi esser trasferito in altri contra le ordinazioni canoniche, e le unioni de' beneficii liberi a quei de iuspatronati, se non hanno sortito effetto, cessino a fatto, e li beneficii siano ridotti a libertà, e le fatte da 40 anni in giú, quantonque siano perfezzionate, si rivedino da' vescovi e, trovatovi qualche defetto, siano annullate; e parimente siano revisti tutti li patronati da 40 anni in giú, per aummento di dote o per nuova construzzione, e se non si troveranno in evidente utilità del beneficio, siano rivocati, restituito a' patroni quello che da loro è dato.

10 Che ne' concilii provinciali, o diocesani siano elette quattro persone almeno con le debite qualità, a quali siano commesse le cause ecclesiastiche, che s'averanno a delegare da' legati, noncii, o dalla Sede apostolica, e le delegazioni ad altri fatte s'intendino sorrettizie.

11 Che li beni ecclesiastici non possino esser affittati con antecipato pagamento in pregiudicio de' successori, né si possino affittar le giurisdizzioni ecclesiastiche, né gli affittuali possino essercitarle; e le locazioni di cose ecclesiastiche, eziandio confermate dalla Sede apostolica, fatte da 30 anni in giú per tempo longo, cioè a 29 o piú anni, si debbino giudicar dalla sinodo provinciale fatte in danno della Chiesa.

12 Che li tenuti a pagar decime, per l'avvenire le paghino a chi sono obligati intieramente, e chi le tiene debbia esser escommunicato, né possi esser assolto se non seguita la restituzione. Et essorta tutti a far parte de' beni donatigli da Dio a' vescovi e parochi che hanno le chiese povere.

13 Dove la quarta de' funerali era solita pagarsi alla chiesa episcopale o parochiale da 40 anni in su, e poi è stata concessa ad altri luoghi pii, sia a quelle ritornata.

14 Proibisce a tutti li chierici di tener in casa o fuori concubine o altre donne sospette, dal che, se ammoniti non s'asteneranno, siano privati della terza parte dell'entrate ecclesiastiche, e dopo la seconda ammonizione privati di tutti e sospesi dall'amministrazione, e, perseverando, siano privati d'ogni beneficio et inabili ad averne sino che non saranno dispensati; e se, dopo averle lasciate, ritorneranno, siano anco scommunicati e la cognizione di queste cause appartenga a' soli vescovi sommariamente. Ma li chierici non beneficiati siano da loro puniti di carcere, sospensione o inabilità. E li vescovi medesimi, se caderanno in simil errore, non emendandosi dopo esser amoniti dalla sinodo provinciale, siano sospesi e, perseverando, siano denonciati al papa.

15 Che li figli di chierici non nati di legitimo matrimonio non possino aver beneficio, né ministerio nelle chiese dove li loro padri hanno o hanno avuto beneficio alcuno, né possino aver pensioni sopra li beneficii che il padre ha o ha avuto; e se in qualche tempo padre e figliuolo hanno beneficio nella medesima chiesa, il figliuolo sia tenuto resignarlo fra tre mesi, proibendo anco le resignazioni che il padre farà ad un altro, acciò quello resigni il suo al figliuolo.

16 Che li beneficii curati non possino esser convertiti in semplici e ne' già convertiti, se il vicario perpetuo non ha entrata conveniente, gli sia assignata ad arbitrio del vescovo.

17 Contra li vescovi che si portano bassamente co' ministri de' re, co' titolati e baroni, cosí nella chiesa come fuori, e con troppo indegnità non solo gli danno luogo, ma ancora gli servono in persona, la sinodo, detestando questo e rinovando li canoni spettanti al decoro della degnità episcopale, commanda a' vescovi che se n'astengano et abbiano risguardo al proprio grado, cosí in chiesa come fuori, raccordandosi d'esser pastori, e commanda anco a prencipi et a tutti gl'altri che gli portino onor e riverenza debita a padri.

18 Che li canoni siano osservati da tutti indistintamente e non siano dispensati se non per causa conosciuta con maturità e senza spesa.

19 Che l'imperatore, re et ogni altro prencipe, che concederanno luogo per duello tra cristiani, siano escommunicati e privati del dominio del luogo dove il duello sarà commesso, se lo riconoscono dalla Chiesa; e li combattenti e padrini siano escommunicati, confiscati li beni e perpetuamente infami, e morendo nel duello, non siano sepolti in sacro; e quelli che lo conseglieranno o in iure o in fatto, o persuaderanno al duello, e li spettatori siano scommunicati.

20 In fine fu letto il tanto essaminato capitolo della libertà ecclesiastica overo riforma de' prencipi. In quello la sinodo ammonisce li prencipi secolari, confidando che concederanno la restituzione delle raggioni sue alla Chiesa e redurranno li sudditi alla riverenza verso il clero e non permetteranno che gl'ufficiali et inferiori magistrati violino l'immunità della Chiesa e persone ecclesiastiche, ma insieme con essi prencipi saranno obedienti alle constituzioni del sommo pontefice e concilii, determinando che tutte le constituzioni de' concilii generali et apostoliche a favor delle persone ecclesiastiche e dell'ecclesiastica libertà siano osservate da tutti; ammonendo l'imperatore, re, republiche e prencipi e tutti a venerar le cose che sono di raggione ecclesiastica e non permetter che da' signori inferiori o da' magistrati o ministri suoi siano violate, acciò li chierici possino star alla sua residenza et essercitarsi negl'officii senza impedimento, con edificazione del popolo.

Dopo questo fu letto un decreto, del quale in nissuna congregazione s'era prima parlato, per il quale la sinodo decchiarava che in tutti i decreti di riforma fatti sotto Paolo, Giulio e Pio in quel concilio, con qualsivoglia parole e clausule, s'intendi sempre salva l'autorità della Sede apostolica.

 

 




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