[Il moto de' svizzeri continua. Il
senato di Zurigo vi provede per via di conferenza]
Subito che fu per tutto publicato il bando
dell'imperatore, l'istesso mese Ugo, vescovo di Costanza, sotto la diocese del
quale è posta la città di Zurich, scrisse al collegio de' canonici di quel
luogo, nel numero de quali era Zuinglio, et un'altra lettera al senato della
medesima città. In quelle considerò il danno che le chiese e le republiche
ancora pativano per le novità delle dottrine, con molto detrimento della salute
spirituale, confusione della quiete e tranquillità publica. Gli essortò a
guardarsi dalli nuovi dottori, mostrando che non sono mossi se non dalla
propria ambizione et instigazione diabolica. Manda insieme il decreto di Leone
et il bando di Cesare, essortando che il decreto del papa fosse ricevuto et
obedito, e quello del imperatore immitato, e notò particolarmente la persona e
la dottrina di Zuinglio e de suoi aderenti, sí che constrinse Zuinglio a dar
conto di tutto quello che insegnava alli colleghi e sodisfar il senato. E
scrisse ancora al vescovo, insistendo principalmente sopra questo, che non
erano da tolerar piú longamente i sacerdoti concubinarii, di dove veniva
l'infamia dell'ordine ecclesiastico et il cattivo essempio alli popoli e la
corruzzione della vita generalmente in tutti: cosa che non si poteva levare, se
non introducendo, secondo la dottrina apostolica, il matrimonio. Scrisse ancora
in propria difesa a tutti i cantoni de svizzeri, facendo in particolare
menzione d'un editto fatto dalli loro magistrati maggiori, che ogni prete fosse
tenuto ad aver la concubina propria, acciò non insidiasse la pudicizia delle
donne oneste, soggiongendo che se ben pareva decreto ridiculoso, era nondimeno
fatto per necessità e non doveva esser mutato se non che quanto era constituito
al favor del concubinato, al presente doveva esser tramutato in matrimonio
legitimo.
Il moto del vescovo indusse i dominicani a
predicar contra la dottrina di Zuinglio e lui a difendersi. Perilché anch'egli
scrisse e publicò 67 conclusioni, le quali contenevano la sua dottrina e
toccavano li abusi del clero e delli prelati. Onde nascendo molta confusione e
dissensione, il senato di Zurich entrò in deliberazione di sedare i tumulti, e
convocò tutti i predicatori e dottori della sua giurisdizzione. Invitò anco il
vescovo di Costanza a mandar qualche persona di prudenza e dottrina per
assister a quel colloquio, a fine di quietare i tumulti e di statuire quello
che fosse alla gloria di Dio. Fu mandato dal vescovo Giacomo Fabro, suo
vicario, che fu poi vescovo di Vienna, e venuto il giorno statuito del
congresso, raccolta gran moltitudine di persone, Zuinglio riprodusse le sue
conclusioni, si offerí difenderle e rispondere a qualunque avesse voluto
contradirle. Il Fabro, doppo molte cose dette da diversi frati dominicani et
altri dottori contra Zuinglio, e da lui risposto, disse che quel tempo e luogo
non erano da trattare simile materia, che la cognizione di simili propositi
toccava al concilio, il qual presto si doveva celebrare, perché cosí diceva
esser convenuto il pontefice con i prencipi e maggiori magistrati e prelati
della cristianità. Il che tanto piú diede materia a Zuinglio di fortificarsi,
dicendo che queste erano promesse per nudrir il popolo con vane speranze e tra
tanto tenerlo sopito nell'ignoranza; che ben si poteva, aspettando anco una piú
intiera dicchiarazione dal concilio delle cose dubie, trattar allora le certe e
chiare nella Scrittura divina e nell'uso dell'antica Chiesa. E tuttavia
instando che dicesse quello che si poteva opponere alle conclusioni sue, si
ridusse il Fabro a dire che non voleva trattare con lui in parole, ma che
averebbe risposto alle sue conclusioni in scritto. Finalmente si finí il
consesso, avendo il senato decretato che l'Evangelio fosse predicato secondo la
dottrina del Vecchio e Nuovo Testamento, non secondo alcun decreto o
constituzione umana.
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