[Il papa è dissuaso dal cardinal
Gaetano]
Ma frate Tomaso da Gaeta, cardinale di San
Sisto, teologo consumato, lo dissuadeva, dicendogli che ciò era un publicare
quella verità, la quale per salute delle anime era meglio ritenere secreta
appresso gli uomini dotti e ch'era piú tosto disputabile che decisa. Perilché
anco esso, qual vivamente in conscienza la sentiva, nello scrivere però l'aveva
in tal maniera portata che solo gli uomini consumatissimi potevano dalle sue
parole cavarla. La qual dottrina quando fosse divulgata et autorizata, vi
sarebbe pericolo che gl'uomini eziandio letterati non concludessero da quella
che la concessione del papa non giova niente, ma tutto dev'essere attribuito
alla qualità dell'opera, cosa che diminuirebbe affatto il fervore in acquistare
l'indulgenze e la stima dell'autorità pontificia. Aggionse il cardinale che
doppo l'avere, per commandamento di Leone, fatto essatto studio in questo
soggetto l'anno medesimo che nacquero le contenzioni in Germania, e scrittone
un pieno trattato, l'anno seguente, essendo legato in Augusta, ebbe occasione
di ventilarlo e trattarne piú diligentemente, parlando con molti et essaminando
le difficoltà e motivi che turbavano quelle provincie, et in due colloqui
ch'ebbe con Lutero in quella città, discusse pienamente la materia, la quale
avendo ben digerita, non dubitava di poter dire asseverantemente e senza
pericolo di prender errore ch'altra maniera non vi era di rimediare ai scandali
passati, presenti e futuri che ritornando le cose al suo principio. Essere cosa
chiara che, quantunque il papa possi liberare col mezo delle indulgenze i
fedeli da qualsivoglia sorte di pena, legendo però le decretali, chiaramente
apparisce l'indulgenza essere un'assoluzione e liberazione dalle pene imposte
nella confessione solamente. Perilché, ritornando in osservanzia i canoni
penitenziali andati in desuetudine, et imponendo, secondo quelli, le condecenti
penitenze, ognuno chiaramente vedrebbe la necessità et utilità delle indulgenze
e le cercherebbe studiosamente per liberarsi dal gran peso delle penitenze, e
ritornerebbe l'aureo secolo della Chiesa primitiva, nel quale i prelati avevano
assoluto governo sopra i fedeli, non per altro, se non perché erano tenuti in
continuo essercizio con le penitenze; dove ne' tempi che corrono, fatti oziosi,
vogliono scuotersi dalla obedienza. Il popolo di Germania che, sepolto
nell'ozio, presta orecchie a Martino che predica la libertà cristiana, se fosse
con penitenze tenuto in freno, non pensarebbe a questa novità, e la Sede
apostolica potrebbe farne grazia a chi le riconoscesse da lei.
|