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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro primo
    • [Adriano, perplesso, è raffermato dal cardinal Soderini]
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[Adriano, perplesso, è raffermato dal cardinal Soderini]

Penetrarono queste ragioni nell'animo d'Adriano e lo resero incerto di quello che dovesse fare, e tanto piú perplesso, quanto non trovava minor difficoltà nelle altre cose che s'era proposto in animo di riformare. Nella materia delle dispense matrimoniali, il levar molte delle proibizioni di contrattare matrimonio tra certo genere di persone, che parevano superflue e difficili da osservare, a che egli molto inclinava e sarebbe stato gran sollevamento al popolo, era biasimato da molti come cosa che ralentasse il nervo della disciplina; il continuarle prestava materia alli luterani di dire ch'erano per trar danari. Il restringer le dispense ad alcune qualità di persone era un dare nova materia di querimonie alli pretendenti che nelle cose spirituali et in quello che al ministerio di Cristo appartiene non vi sia differenzia alcuna di persone. Il levare le spese pecuniarie per queste cose non si poteva fare senza ricomprare gli ufficii venduti da Leone, li compratori de' quali traevano emolumenti da questo. Il che anco impediva da levare i regressi, accessi, coadiutorie et altri modi usati nelle collazioni de' beneficii, che avevano apparenza (se, piú veramente, non si deve dir essenza) di simonia. Il ricomprare gli ufficii era cosa impossibile, attese le gran spese ch'era convenuto fare e tuttavia continuare. E quel che piú di tutto gli confondeva l'animo era che quando aveva deliberato di levare qualche abuso, non mancava chi con qualche colorata apparenza pigliava a sostenere che fosse cosa buona o necessaria. In queste ambiguità afflisse il pontefice l'animo suo sino al novembre, desideroso pure di fare qualche notabile provisione che potesse dar al mondo saggio dell'animo suo, risoluto a porgere rimedio a tutti gli abusi prima che incomminciare a trattar in Germania.

In fine lo fermò e fece venir a risoluzione Francesco Soderino, cardinale prenestino, chiamato di Volterra, allora suo confidentissimo, se bene doppo entrò cosí inanzi nella disgrazia sua che lo fece anco impriggionare. Questo cardinale, versatissimo nelli maneggi civili et adoperato nelli pontificati d'Alessandro, Giulio e Leone, pieni di varii et importanti accidenti, in ogni ragionamento col pontefice andava gettando parole che potessero instruirlo: li commendava la bontà et ingenuità sua e l'animo inclinato alla riforma della Chiesa et all'estirpazione dell'eresie; aggiongendo però che non poteva avere laude della sola buona intenzione, insufficiente da se stessa per far il bene, se non vi s'aggiongesse un'essatta elezzione de' mezzi opportuni et un'essecuzione maneggiata con somma circonspezzione. Ma quando lo vidde costretto dall'angustia del tempo a risolversi, li disse non esservi speranza di confondere et estirpare i luterani con la correzzione de' costumi della corte; anzi questo esser un mezo d'aummentare a loro molto piú il credito. Imperoché la plebe, che sempre giudica dalli eventi, quando per l'emenda seguita restarà certificata che con ragione il governo pontificio era ripreso in qualche parte, si persuaderà similmente ch'anco l'altre novità proposte abbiano buoni fondamenti, e gli eresiarchi, vedendo d'averla vinta in una parte, non cesseranno di riprendere l'altre. In tutte le cose umane avvenire che il ricevere sodisfazzione in alcune ricchieste pretensione di procacciarne altre e di stimare che siano dovute; che leggendo le passate istorie, dai tempi che sono state eresie contra l'autorità della Chiesa romana, si vedrà tutte aver preso pretesto dalli costumi corrotti della corte. Con tutto ciò mai nissuno pontefice riputò utile mezo il riformarli, ma bene, doppo usate le ammonizioni et instruzzioni, indurre i prencipi a proteggere la Chiesa. Quello che per il passato è riuscito, doversi tenere et osservar sempre: nissuna cosa far perire un governo maggiormente che il mutar i modi di reggerlo; l'aprire vie nuove e non usate esser un esporsi a gravi pericoli e sicurissima cosa essere caminare per i vestigii de' santi pontefici che sempre hanno avuto essito felice delle loro imprese. Nissuno aver mai estinto l'eresie con le riforme, ma con le crucciate e con eccitare i prencipi e popoli all'estirpazione di quelle. Si ricordasse ch'Innocenzo III con tale mezo oppresse felicemente gli albigesi di Linguadoca et i pontefici seguenti non con altri modi estinsero in altri luoghi i valdesi, piccardi, poveri di Lione, arnaldisti, speronisti e patarini, che al presente resta il solo nome. Non essere per mancare prencipi in Germania, i quali (concedendo loro la Sede apostolica d'occupare lo Stato de' fautori de' luterani) debbano avidamente ricevere la condizione, e facendo loro seguito de popoli con le indulgenze e remissioni a chi anderà a quel soccorso. Li considerò anco il cardinale che non era da pensare alli moti di religione in Germania come se non vi fosse altro pericolo imminente alla Sede apostolica, perché soprastava la guerra d'Italia, cosa di maggior pericolo, alla quale era necessario applicare principalmente l'animo: nel maneggio della quale, se si ritrovasse senza nervo, che è il danaro, potrebbe ricevere qualche notabil incontro, e nissuna riforma potersi fare la quale non diminuisca notabilmente l'entrate ecclesiastiche, le quali avendo 4 fonti, uno temporale, le rendite dello Stato ecclesiastico, gli altri spirituali, l'indulgenze, le dispense e la collazione de' beneficii, non si può otturar alcuno di questi, che le entrate non restino troncate in un quarto.

Il papa, conferendo questi discorsi con Gulielmo Encourt, che poi creò cardinale, e Teodorico Hezio, suoi familiari e confidentissimi, affermava essere misera la condizione de' pontefici, poiché vedeva chiaro che non potevano far ben neanco volendo e faticandosene, e concluse che non era possibile inanzi l'espedizione che doveva far in Germania mandar ad effetto alcun capo di riforma, e che bisognava che si contentassero di credere alle sue promesse, le quali era risoluto di mantenere, quando anco avesse dovuto ridursi senza alcun dominio temporale et anco alla vita apostolica. Diede però stretta commissione ad ambidue, uno de' quali era datario e l'altro secretario, che nella concessione delle indulgenze, nelle dispense, ne' regressi e coadiutorie si usasse parcità, sin tanto che si trovasse come regolarlo con legge e perpetua constituzione. Le quali cose avendo io letto diffusamente narrate in un diario del vescovo di Fabriano, dove tenne memoria delle cose notabili da lui vedute et udite, ho voluto riportarle qui sommariamente, dovendo servir molto all'intelligenza delle cose che si diranno.

 

 




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