[La dieta risponde a' capi della
proposta del noncio]
Fece la dieta risposta al noncio in iscritto,
dicendo d'aver letto con reverenza il breve del pontefice e l'istruzzione
presentata nel negozio della fazzione luterana, e render grazie a Dio della
assonzione di Sua Beatitudine al pontificato, pregandole dalla Maestà divina
ogni felicità. E (dopo aver detto quello che occorreva circa la concordia tra
prencipi cristiani e la guerra contra turchi) quanto alla domanda d'esseguire
la sentenza promulgata contra Lutero e l'editto di Vormes, risposero essere
paratissimi ad impiegar ogni loro potere per estirpare gli errori, ma aver
tralasciato d'esseguir la sentenza e l'editto per grandissime et urgentissime
cause: imperoché la maggior parte del popolo era persuasa da libri di Lutero
che la corte romana avesse inferiti molti gravami alla nazione germanica; onde
se si fosse fatta alcuna cosa per l'essecuzione della sentenza, la moltitudine
sarebbe entrata in sospetto che si facesse per sostentare e mantenere gli abusi
e l'impietà, e ne sarebbono nati tumulti populari con pericolo di guerre
civili. Per tanto esser di bisogno in simili difficoltà di rimedii piú
opportuni, particolarmente confessando esso noncio, per nome del pontefice, che
questi mali venivano per li peccati degli uomini e promettendo la riforma della
corte romana: gli abusi della quale, se non fossero emendati e levati i gravami
e riformati alcuni articoli, che i prencipi secolari darebbono in iscritto, non
era possibile metter pace tra gli ecclesiastici e secolari, né estirpar i
presenti tumulti. E perché la Germania avea consentito al pagamento delle
annate, con condizione che s'impiegassero nella guerra contra i turchi, e
ch'essendo state tanti anni pagate, né mai convertite in quel uso, pregavano il
pontefice che per l'avvenire non avesse la corte romana cura d'essigerle, ma
fossero lasciate al fisco dell'Imperio per le spese di quella guerra. Et a
quello che Sua Santità ricercava conseglio de' mezi con i quali si potesse
ovviar a tanti inconvenienti, risposero che dovendosi trattar non di Lutero
solo, ma tutt'insieme d'estirpar molti errori e vizii radicati per invecchiata
consuetudine con diversi rispetti, da chi per ignoranza, da chi maliziosamente
difesi, nissun altro rimedio giudicavano piú commodo, efficace et opportuno che
se la Santità Sua, con consenso della Maestà Cesarea, convocasse un concilio
pio, libero e cristiano quanto piú presto fosse possibile, in un luogo
conveniente in Germania: cioè in Argentina, in Mogonza, in Colonia, overo in
Metz, non differendo la convocazione piú d'un anno, e che in quel concilio a
ciascheduno, cosí ecclesiastico, come secolare, fosse concesso di poter parlare
e consegliare a gloria di Dio e salute dell'anime, non ostante qualonque
giuramento e obligazione. Il che tenendo dovere esser esseguito da Sua Santità
con prontezza e celerità, né volendo restar di far al presente quelle megliori
provisioni che possibili siano per il tempo intermedio, aveano deliberato di
procurar con l'elettore di Sassonia che i luterani non scrivessero né
stampassero altro, e che per tutta Germania i predicatori, tacciute le cose che
potevano muover tumulto popolare, dovessero predicar sinceramente e puramente
il santo Evangelio secondo la dottrina approvata dalla Chiesa, non movendo
dispute, ma riservando sino alla determinazione del concilio tutte le
controversie. Che i vescovi deputassero uomini pii e letterati per
sopraintender a predicatori, informarli e correggerli, ma in maniera che non si
potesse sospettare che fosse per impedire la verità evangelica: che per
l'avvenire non si stampi cosa nuova, se non veduta e riconosciuta da uomini di
probità e dottrina: sperando con questi mezi d'ovviare a tumulti, se la Santità
Sua farà la debita provisione a gravami et ordinarà un libero e cristiano
concilio, sperando che cosí i tumulti si quietarebbono e la maggior parte si
ridurebbe a tranquillità. Perché gli uomini da bene aspettarebbono senza dubbio
la deliberazione del concilio, quando vedessero che si fosse per celebrare
presto. Quanto ai preti che si maritavano e religiosi che ritornavano al
secolo, perché nelle leggi civili non vi era pena, pensavano che bastasse se
fossero puniti dalli ordinarii con le pene canoniche. Ma se commetteranno
alcuna sceleratezza, il prencipe overo podestà, nel territorio de' quali
falliranno, lor dovrà dare il debito castigo.
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