[Poco gusto d'esso noncio]
Il noncio non restò sodisfatto di questa
risposta e venne in risoluzione di replicare. E prima, quanto alla causa,
perché non si fosse esseguita la sentenza del papa e l'editto dell'imperatore
contra Lutero, disse non sodisfare la ragione allegata che si fosse restato per
fugir i scandali, non convenendo tolerar il male acciò ne venga il bene e
dovendo tenere piú conto della salute dell'anime che della tranquillità
mondana. Aggionse che non si dovevano scusar i seguaci di Lutero colli scandali
e gravami della corte romana, perché, se ben fossero veri, non però si doveano
partire dall'unità catolica, ma piú tosto sopportar pazientissimamente ogni
male. Onde li pregava per l'essecuzione della sentenza e dell'editto inanzi che
la dieta si finisse; e se la Germania era in alcun conto gravata dalla corte
romana, la Sede apostolica sarebbe pronta di sollevarla, e se vi fossero
discordie tra gli ecclesiastici et i prencipi secolari, il pontefice le
componerebbe et estinguerebbe. Quanto alle annate, altro non diceva per allora,
poiché opportunamente Sua Santità avrebbe dato risposta. Ma quanto alla domanda
del concilio, replicò che sperava non dover dispiacer a Sua Santità se
l'avessero domandato con parole piú convenienti e però ricercava che fossero
levate tutte quelle che potessero dar qualche ombra alla Beatitudine Sua: come
quelle parole che il concilio fosse convocato col consenso della Maestà
Cesarea, e quelle altre che il concilio fosse celebrato piú in una città che in
un'altra, perché, se non si levavano, pareva che volessero legar le mani alla
Santità Sua, cosa che non averebbe fatto buon effetto. Quanto a predicatori,
ricercò che si osservasse il decreto del pontefice che per l'avvenire nissuno
potesse predicar, se la dottrina sua non fosse essaminata dal vescovo. Quanto
agli stampatori e divulgatori de' libri, replicò che in nissun modo gli piaceva
la risposta; che dovessero esseguir la sentenza del papa e dell'imperatore, che
i libri si abbrugiassero e fossero puniti i divulgatori d'essi, instando et
avvertendo che in questo stava il tutto. E quanto ai libri da stamparsi, si
dovesse servare il moderno concilio lateranense. Ma quanto ai preti maritati,
la risposta non gli sarebbe dispiaciuta, s'ella non avesse avuto un aculeo alla
coda, mentre si diceva che, se commetteranno qualche sceleratezza, saranno
puniti dai prencipi o potestà. Perché questo sarebbe contra la libertà
ecclesiastica, e si metterebbe la falce nel campo d'altri, e si toccarebbono
quelli che sono riservati a Cristo. Conciosiacosa che non dovevano i prencipi
presumer di creder che per l'apostasia si divolvessero alla loro
giurisdizzione, né potessero esser castigati da loro degli altri delitti;
imperoché restando in loro il carattere e l'ordine, sono sempre sotto la
potestà della Chiesa; né possono far altro i prencipi che denonciarli a loro
vescovi e superiori, che li castighino. Concludendo in fine, ricercarli ad aver
sopra le suddette cose piú matura deliberazione e dar risposta megliore, piú
chiara, piú sana e meglio consultata.
Nella dieta non fu gratamente veduta la
replica del noncio, e communemente tra quei prencipi si diceva il noncio aver
una misura del bene e del male per sola rilazione all'utilità della corte e non
alla necessità della Germania; la conservazione dell'unità catolica dover
maggiormente muovere a far il bene, facile da essequire, che a sopportar il
male, difficile a tolerare. E nondimeno il noncio ricercava che la Germania
sopportasse pazientissimamente le oppressioni inferitegli dalla corte romana,
non volendo essa piegarsi pur un poco al bene, anzi piú tosto a desister dal
male, se non colle sole promesse. Et averebbe mostrato troppo vivo senso quando
fosse restata offesa dalla domanda del concilio tanto modesta e necessaria. E
dopo longa discussione fu risoluto di commun parere di non far altra risposta,
ma aspettar quello che il pontefice risolvesse sopra la già data.
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